Ricerca della Verità e meditazione 11 – La sfiga del terrore di morire 1

E’ il principale terrore dell’uomo occidentale, anche se non da sempre. Nell’orientale estremo e medio infatti la concezione del rapporto con la morte è molto diversa.
Credo si tratti di questione legata a due aspetti fondamentali; da un lato l’istinto di sopravvivenza, e dall’altro dalla penetrazione della religione all’interno della vita dell’individuo.

Tutti i maggiori “credo” religiosi infatti prevedono in qualche modo un proseguire della vita dopo la morte del corpo, in un’altra dimensione o in questa stessa. Chi è davvero molto religioso normalmente ha un rapporto con la morte diverso da chi lo è solo in parte, o anche per nulla. Sto ovviamente parlando in senso generale: ho conosciuto preti terrorizzati dalla morte, e atei cui non gliene fregava proprio nulla.

L’istinto alla sopravvivenza invece è una costante di tutti gli esseri animali, dalla formica all’uomo, e gioca un ruolo fondamentale nella nostra vita, in quanto ci permette di reagire a situazioni di pericolo con la massima energia, ed a volte quindi anche di scamparle.

Nell’uomo occidentale questi due elementi, invece di coesistere armoniosamente in una struttura psicoemotiva volta alla crescita interiore, sembrano potenziarsi a vicenda, creando una sorta di sinergia che porta all’assoluto terrore di quell’ultimo istante.

Io credo che la causa di questo circolo vizioso sia da ricercarsi da un lato nell’eccessivo materialismo della vita occidentale, e dall’altro nell’altrettanto eccessivo materialismo della religione più diffusa, ovvero il cattolicesimo.

Se le nostre abitudini sono tanto volte al benessere materiale, alla sicurezza fisica, a partire dalla salute per passare dagli incidenti, le malattie e quant’altro da cui continuamente tentiamo in qualche modo di affrancarci, è anche vero che nella religione cattolica la risurrezione è proprio quella del corpo.

Vediamo per un attimo come funziona la cosa nel cattolicesimo:
in teoria c’è un tizio, con la barba bianca davanti a una lavagna con dieci comandamenti, sulla base dei quali giudica la vita di ognuno di noi. Non in senso lato. Proprio ogni atto di ogni vita, di ogni singolo uomo, donna, vecchio, bambino, gay che calchi questo pianeta.

Sempre secondo questa religione, basta che fai un passo falso di cui non ti penti, e zac! Sei fottuto. Ad un certo punto della storia del pianeta ci sarà la notte degli zombie, il giorno del giudizio, in cui il vecchietto barbuto arriverà qui con squilli di tromba e tripudi vari (non prima ovviamente di avere fatto piazza pulita dei vivi con l’apocalisse), farà risorgere tutti quanti (ma non li aveva appena sterminati quasi tutti?) dopodichè uno per uno a tutti quelli che non avranno osservato totalmente i suoi dieci comandamenti li spedirà in un’esistenza eterna fatta di dolore e sofferenze atroci, ad opera di diavolazzi bestiali che prenderanno i malcapitati ribelli, e li stupreranno, violenteranno, tortureranno, massacreranno per i secoli dei secoli. (Però Dio ti ama! Giuro che in uno dei prossimi post scriverò quello che penso dei dieci comandamenti…)

Non vedo nulla di strano, alla luce di questi meravigliosi precetti di amore, che un uomo che respira il cattolicesimo (e il moralismo che ne deriva, basato esclusivamente sulla paura e sul senso di colpa, il famoso “timore di Dio”), abbia un sano terrore della morte!

– Continua –

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