Una notizia molto interessante sul Corriere. Una ricerca scientifica partita nel 2005 in Spagna che ha come obbiettivo la creazione di un cervello digitale, chiamato “Blue Brain”.
Il principio è quello della simulazione: una volta approntato, il cervello digitale di cui si parla nell’articolo manifesterà i sintomi di alcune patologie come l’Alzheimer o il Morbo di Parkinson, e dovrebbe essere in grado di reagire alla somministrazione di nuovi farmaci, permettendo di osservarne gli effetti su un monitor.
Questo progetto, ancora in fase di sviluppo, avrà due conseguenze importanti.
La prima riguarda ovviamente i malati, che potranno giovare di farmaci testati prima con questo simulatore.
Ovviamente non si può escludere che nella pratica i farmaci abbiano una risposta diversa rispetto a quella ottenuta da un cervello digitale, ma è comunque probabile che le conoscenze attuali del cervello permettano, almeno dal punto di vista fisico, di creare un simulatore in grado di eliminare molte strade sbagliate. I ricercatori dicono di essere a buon punto, e l’intera neocorteccia cerebrale dovrebbe essere pronta entro il 2010.
Un progetto di simulazione come questo è naturalmente scalabile; permette cioè nel tempo di aggiungere nuovi tasselli legati ai risultati degli studi in itinere. Il metodo della simulazione è sempre più utilizzato negli studi scientifici. Io stesso, come ricercatore in astrofisica, mi occupo di simulazioni nel campo della teoria della relatività, campo in cui, data la complessità delle entità matematiche utilizzaate, non è possibile ottenere risultati senza l’ausilio dell’informatica. Nei casi più semplici è sufficiente un semplice computer da tavolo con un buon processore, ma a volte i calcoli sono complessi, come nel caso degli studi sull’evoluzione dell’intero universo, e richiedono diversi supercomputer in parallelo che lavorino incessantemente per mesi.
La seconda conseguenza importante di questa ricerca è la possibilità di eliminare in futuro l’utilizzo di cavie di laboratorio almeno per la fase iniziale della sperimentazione. Da un punto di vista sia etico, che di sensibilità umana, non è una cosa da poco poter ipotizzare la fine della sofferenza per milioni e milioni di animali utilizzati in questi anni per ricerche mediche, alcune delle quali alquanto discutibili.
E’ in arrivo “Blue Brain”, cervello digitale per la sperimentazione farmacologica. By Ilia
Una notizia molto interessante sul Corriere. Una ricerca scientifica partita nel 2005 in Spagna che ha come obbiettivo la creazione di un cervello digitale, chiamato “Blue Brain”.
Il principio è quello della simulazione: una volta approntato, il cervello digitale di cui si parla nell’articolo manifesterà i sintomi di alcune patologie come l’Alzheimer o il Morbo di Parkinson, e dovrebbe essere in grado di reagire alla somministrazione di nuovi farmaci, permettendo di osservarne gli effetti su un monitor.
Questo progetto, ancora in fase di sviluppo, avrà due conseguenze importanti.
La prima riguarda ovviamente i malati, che potranno giovare di farmaci testati prima con questo simulatore.
Ovviamente non si può escludere che nella pratica i farmaci abbiano una risposta diversa rispetto a quella ottenuta da un cervello digitale, ma è comunque probabile che le conoscenze attuali del cervello permettano, almeno dal punto di vista fisico, di creare un simulatore in grado di eliminare molte strade sbagliate. I ricercatori dicono di essere a buon punto, e l’intera neocorteccia cerebrale dovrebbe essere pronta entro il 2010.
Un progetto di simulazione come questo è naturalmente scalabile; permette cioè nel tempo di aggiungere nuovi tasselli legati ai risultati degli studi in itinere. Il metodo della simulazione è sempre più utilizzato negli studi scientifici. Io stesso, come ricercatore in astrofisica, mi occupo di simulazioni nel campo della teoria della relatività, campo in cui, data la complessità delle entità matematiche utilizzaate, non è possibile ottenere risultati senza l’ausilio dell’informatica. Nei casi più semplici è sufficiente un semplice computer da tavolo con un buon processore, ma a volte i calcoli sono complessi, come nel caso degli studi sull’evoluzione dell’intero universo, e richiedono diversi supercomputer in parallelo che lavorino incessantemente per mesi.
La seconda conseguenza importante di questa ricerca è la possibilità di eliminare in futuro l’utilizzo di cavie di laboratorio almeno per la fase iniziale della sperimentazione. Da un punto di vista sia etico, che di sensibilità umana, non è una cosa da poco poter ipotizzare la fine della sofferenza per milioni e milioni di animali utilizzati in questi anni per ricerche mediche, alcune delle quali alquanto discutibili.
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