Costituzione e Ricerca della Verità
L’articolo 1 della Costituzione Italiana, cita testualmente:
“L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”
Essendo cittadino italiano e vivendo in Italia, ho sempre dato per acquisito questo dato. A parte il fatto che molti italiani ignorano purtroppo il contenuto della propria Costituzione, mi sono anche reso conto che quelli che invece non lo ignorano, me compreso, molto probabilmente non si sono mai fermati a riflettere sulle singole parole costituenti anche solo l’articolo 1, quello forse più importante di tutti, perchè di fatto definisce che cosa sia il paese in cui viviamo.
Come in tutte le scuole viene insegnato, il termine repubblica viene da “Res publica” ovvero “Cosa pubblica”.Per traslato qui si parla dello Stato italiano.
Il termine “democrazia”, viene dall’unione di due parole greche: “Demos” significante “Popolo” e “Kratos”, significante “Forza”, e in ambito politico la signoria, il potere. Etimologicamente quindi possiamo intendere, riferito al sistema di governo, la democrazia come un sistema in cui il potere è in mano al popolo.
Quindi per ora la nostra definizione di Italia potrebbe essere riscritta come:
“Stato in cui il potere è esercitato dal popolo, fondato sul lavoro”.
L’esercizio del potere da parte del popolo può avvenire in due modi: quello diretto, in cui il popolo si raduna e decide a maggioranza le azioni da intraprendere, e quello indiretto, in cui invece il popolo elegge dei rappresentanti con mandato a decidere per lui.
Il primo caso, quello della democrazia diretta, non è ovviamente applicabile a grandi masse. E se poteva essere l’ideale nell’Atene di Pericle, non è adatto a Paesi popolosi.
Il secondo caso è quindi l’unico applicabile e difatti in Italia il potere esecutivo viene esercitato da un governo i cui membri sono stati liberamente eletti. Quindi a tutti gli effetti:
“L’Italia è uno Stato fondato sul lavoro, in cui il potere viene esercitato dal popolo, tramite un governo liberamente eletto.”
Questa è la formulazione meno sintetica dell’articolo 1 della nostra costituzione e forse un po’ più chiara. Ma cosa si intende per “lavoro”?
Dal dizionario Garzanti:
1 impiego di energia volto a uno scopo determinato. In particolare: attività umana diretta alla produzione di un bene, di un servizio o comunque a ottenere qualcosa di socialmente utile.
2 occupazione retribuita; esercizio di un mestiere, di una professione, di un’arte
3 serie di attività svolte da gruppi di persone, organi collegiali e simili
4 il risultato, il prodotto dell’attività lavorativa
5 l’azione degli agenti naturali
6 imbroglio, maneggio, guaio
7 prodotto scalare di una forza per lo spostamento del suo punto di applicazione
Escluderei il punto 3 in quanto traslazione di significato, i punti 5 e 7 per inapplicabilità, il punto 4 in quanto non fornisce reale definizione, e il punto 6 per evitare della facile ironia.
Il punto 2 rappresenta di fatto un sottoinsieme della prima parte del punto 1, nel senso che lavorare per fare soldi o per produrre un’opera d’arte è comunque impiegare energia a scopo determinato.
Anche la seconda parte del punto 1 ne rappresenta di fatto un sottoinsieme. Quindi la definizione che sceglierei per lavoro è: impiego di energia volto a uno scopo determinato.
Portando a termine la nostra piccola sciarada, otteniamo il seguente risultato:
“L’italia è uno Stato fondato sull’impiego di energia, volto ad uno scopo determinato, in cui il potere viene esercitato dal popolo, tramite un governo liberamente eletto.”
Forse l’Italia non è una cosa importantissima ma a me lo sembra abbastanza da meritarsi di essere fondata su qualcosa di più che non il mero “impiego di energia a scopo determinato”.
Da questo punto di vista anche quando ci sediamo sul setto per espletare le meno nobili funzioni biologiche stiamo lavorando, e quindi partecipando attivamente e costituzionalmente al nostro Paese. Tuttavia, anche volendo restringere la concezione di lavoro al punto 2 dell’elenco precedente, otteniamo sempre qualcosa di estremamente riduttivo.
Certo, a ben guardare era difficile nel momento storico in cui venne scritta la Costituzione pensare a qualcosa di diverso; l’Italia usciva da sei anni di guerra mondiale e venti di dittatura. I danni all’economia e al paese stesso erano ingentissimi; le città principali semidistrutte, fabbriche rase al suolo, campagne incolte e disoccupazione altissima.
L’unica cosa che contava in quel momento era la ricostruzione, e la ripresa della vita. Nulla di strano quindi che la crescita della neonata repubblica passasse proprio per il lavoro: in quel momento non c’era altro da fare.
Oggi però, anche se la congiuntura economica non è di certo delle più felici, non possiamo di certo paragonarla a quella dell’immediato dopoguerra, tanto è vero che quello di cui da più parti si parla ormai a gran voce è di “crisi dei valori”.
Ripensando proprio al periodo di tempo trascorso dal 1 gennaio del 1948, perchè non comprendere quindi che il tempo è passato? E non poco: sono ormai sessant’anni da quel fatidico giorno. Le condizioni sono cambiate.
Il lavoro serve sempre certo ma quello che più manca guardandosi intorno, guardando negli occhi le persone che incrociamo per strada, dall’extracomunitario che ti offre il ganesha di plastica, al manager frettoloso di aggiudicarsi il taxi, alla modella scosciata, al transessuale impegnato nello shopping, è qualcosa che da tempo si è lasciato dietro il denaro, il lavoro, il possesso e la materia.
Quello che manca e di cui noi uomini e donne del nostro tempo abbisogniamo come di acqua nel deserto, è… la Vita. Una vita vera, che valga la pena di essere vissuta, che dall’inizio alla fine porti ad una crescita reale.
Non una vita appassita nei luoghi comuni, da leggi discutibili e spesso castranti, dalle interpretazioni religiose più restrittive e dal materialismo più totale ma anzi infuocata dalla fiamma della conoscenza, della ricerca, e sostenuta dal sapere che da questi ultimi non può che derivare.
Una vita libera da paure e dal senso d’impotenza, una vita vissuta in un paese dove il termine repubblica sia considerato nella sua accezione originale di interesse per il bene della collettività.
E allora perchè non riscriverla questa Costituzione, partendo proprio dall’inizio, e cercando di fondarla su un principio nobile, qualcosa di forte, qualcosa che oggi come allora possa rappresentare un’indicazione su quello di cui c’è più bisogno per andare avanti; non so, così a prima vista… la Conoscenza per esempio? La Ricerca della Verità? O quella Interiore? O ancora più semplice… la Ricerca della Felicità?
Non sarebbe meraviglioso se la nostra Costituzione dicesse nel suo articolo 1:
“L’Italia è uno Stato libero, fondato sulla Ricerca della Felicità e della Verità.”
Oppure:
“L’Italia è una Repubblica Democratica, fondata sulla Conoscenza.”
Belli i tuoi suggerimenti sulla riforma della Costituzione. Resta solo da chiarire cos’è la felicità (il mero appagamento sensoriale?) e cosa la conoscenza (il solo accumulo di dati?). Poi si potrà partire tutti assieme per una nuova era di ben-essere, armonia, conoscenza e felicità. Grazie, Franz.
A me basterebbe che venisse rispettato l’articolo 1 così com’è scritto, pensa.
A chi lo dici…
Sarebbe grandioso!!! E lo sarà… tra un po’ di tempo… un bel po’ di tempo… per noi forse troppo tempo 🙂