Il Sentire, questo sconosciuto atto del cuore
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Quella italiana non è una lingua adatta a descrivere correttamente parole come “Sentire”. L’inglese, ad esempio va già meglio. Nella lingua anglosassone infatti esistono due vocaboli distinti, solo per fare un esempio, che traducono il verbo sentire; uno è to hear, usato per definire l’atto fisico di sentire qualcosa con le orecchie, l’altro è to feel, che invece indica il sentire nel senso di sentimento.
Ma vi sono anche altri significati per questa parola. Sentire nel senso di “percepire” qualcosa, ad esempio. In questo caso ci viene in aiuto ancora una volta il latino, che ci spiega brillantemente l’etimologia di questo termine.
Pecepire viene infatti da “percipio”, composto dalla particella “per” (attraverso, per mezzo di) e il verbo “capio” ovvero “prendere”, nel senso di “intendere”. Il significato originale ptrebbe quindi essere tradotto con “intendere attraverso”. Percepire diventa quindi intendere in sè, nel senso di “lasciarsi attraversare”.
Ecco che il sentire, ovvero la percezione, si svela come quel modo assai difficile di apprendere, lasciandosi attraversare, prendendo in sè qualcosa. Una sorta di intuizione, ma assai diversa. L’intuizione è qualcosa che si genera “sua sponte” dalla correlazione di esperienze e che può determinare, in un dato momento, una sorta di “fusione” che porta ad un lampo, un attimo di luce, che svela un concetto o un pensiero tutto insieme alla mente conscia.
Il sentire è un atto del cuore, che consente di andare al di là delle ordinarie considerazioni mentali. Per questo è così difficile distinguerlo dalle altre percezioni.
Come se non bastasse poi, è anche difficile distinguerlo da tutto il rimanente sostràto di reazioni emotive… ma forse è meglio procedere con ordine.
Se si prova ad ascoltare le proprie emozioni ovvero, per chi non è avvezzo a questo termine, a rendersi consapevoli di esse, ci si accorge prima o poi che le suddette sono di diversi tipi e “gradazioni”. Come se esistessero delle linee di separazione tra la densità delle emozioni che si possono provare.
Attenzione che qui non si sta parlando di “intensità”, ma di “densità”. Soprattutto le donne devono fare attenzione a questo particolare distinguo giacchè, più degli uomini, tendono a confondere i due termini.
Emozioni dense sono sempre intense. Emozioni intense non sempre sono dense. Anzi.
Esistono infinite sfumature di densità e intensità nel campo emotivo ma, ascoltando attentamente, si noterà che nell’estensione di queste sfumature esistono delle specie di linee, come degli spartiacque, che dividono tra loro le possibili densità del campo emotivo.
Passata una di queste linee non è possibile provare emozioni dalla densità corrispondente al livello inferiore. Ciò che varca questi livelli spartiacque è la consapevolezza. Per chiarire, è come se noi fossimo dei pesci che nuotano e il mare in cui lo facciamo il campo emotivo.
Se nuotiamo vicino al fondo, la luce che vedremo sarà solo di un certo colore. Diverse sfumature ma sempre di un singolo colore. Man mano che ci avviciniamo alla superficie, noteremo che i colori che possiamo vedere cambiano, divenendo più chiari, e rendendo impossibile distinguere quelli che vedevamo quando nuotavamo più in basso. Il nero è l’assenza di colori mentre il bianco è la somma di tutti i colori, ma nel bianco è impossibile distinguerli senza appositi strumenti.
Se fossimo dei pesci, indubbiamente noteremmo che il cambiamento di colore percepibile è repentino, brusco, superata una certa profondità, in un senso o nell’altro.
Questo accade a volte quando si varca una cosiddetta “isoterma”, ovvero uno strato che divide un piano di acqua ad una certa temperatura da un altro, più caldo o più freddo.
Ecco, la nostra consapevolezza ha la possibilità di varcare delle sorte di “isoterme emotive”, che dividono nettamente un piano da un altro. Al di sotto si può percepire un colore, al di sopra un altro.
All’inizio di un processo di crescita nell’ascolto dunque, le percezioni sono abbastanza grossolane. Allo stesso modo lo è il sentire che ci è concesso.
Un sentire profondo infatti, si trova al di là di altre isoterme emotive e non è percepibile dall’altro lato della “barricata”. Man mano che l’emotivo che andiamo percependo si raffina, anche la nostra percezione segue lo stesso processo, consentendoci di sentire qualcosa di più sottile.
Ecco perchè sostengo che il sentire è qualcosa di sconosciuto; perchè è al di là della percezione ordinaria, obnubilata costantemente da emozioni e pensieri “densi” e da una mente “assordata”. Tutto oggi nella nostra società, sembra strutturato per rafforzare queste cause di impaccio al sentire.
Le emozioni proposte da programmi televisivi, film, libri e dalla vita in genere, sono sempre più grossolane, sempre più dense.
Infatti un film come ad esempio “morte di un maestro del te”, girato con una quantità impressionante di stimoli emotivi estremamente raffinati e caratterizzato da lunghissime (forse anche troppo, sono d’accordo) pause di silenzio, diviene noioso ed il suo contenuto impercepibile.
Il sentire è sempre presente, ma è costantemente annegato da emozioni troppo dense e da un disastroso rumore mentale che impediscono l’accesso ad esso, allo stesso modo in cui un isoterma impedisce la propagazione di vibrazioni tra due strati, pur contigui, di acqua.
Il sentire dunque non è sempre lo stesso; o meglio, il sentire è sempre quello, ma la percezione che se ne può avere cambia a seconda dello strato di “rumore” emotivo e mentale che si frappone fra la consapevolezza ed il sentire stesso.
Comprendere questo è molto importante, perchè spiega come mai, specie all’inizio di un viaggio di crescita interiore… ciò che si sente ha nulla a che vedere con un vero sentire, raffinato, potente ed altrettanto profondo.
Ciò che si sente all’inizio sono delle cose non meglio specificate, che rappresentano la proiezione di qualcosa di superiore su un piano inferiore. Un po’ come i raggi di luce che filtrano tra le nuvole e che fanno intuire un sole retrostante.
Procedere in una costante raffinazione emotiva è come salire nel cielo, attraverso strati di nuvole sempre meno dense, guidati dall’intuizione dell’esistenza di un sole che, all’inizio, percepiamo solo dai suoi effetti determinati proprio da quelle nuvole che attraversiamo.
In questa metafora appena fatta, il sole rappresenta il sentire, come si può facilmente intuire. Ma questo ci da anche un’altra indicazione. Come il sole non ha nulla a che vedere con le nuvole, cosa di cui ci si accorge solo una volta superate le stesse, anche il sentire non ha nulla a che vedere con le emozioni più dense. Ma allo stesso modo delle nuvole, occorre superarle per accorgersene.
Anche se, superate le nuvole, esiste sempre un’atmosfera da respirare. E cosa sono le nuvole se non atmosfera densificata con annessa umidità? Le emozioni cosa sono se non “altro” densificato con annesso rumore?
E qui si riapre il capitolo della concezione della materia come energia a vibrazione lenta, ma proseguiremo un’altra volta.
Un gran pezzo Franz! 😉
Merci, mon ami! :bye:
Un’analisi acuta e “raffinata”. Thanks!
You genius Franz!
:idiot:
Un colpo del tuo dito sul tamburo libera tutti i suoni e da’ inizio alla nuova armonia . Un tuo passo , e’ la leva degli uomini nuovi e la loro marcia . Giri la testa : Il nuovo amore! Rigiri la testa, il nuovo amore! Cambia le nostre sorti , civella i flagello , a cominciare dal tempo , ti cantano i giovani . Alza dove vorrai la sostanza delle nostre fortune e dei nostri voti ti pregnano . Arrivi sempre , te ne andai ovunque . Sentire !