Automatismi e percezione: effetto rallenty
Credo che almeno una volta sia capitato a chiunque: afferrare al volo un oggetto che sta cadendo, agendo di riflesso.
Il riflesso è una cosa interessantissima da osservare, anche se, in genere, si può farlo solo a posteriori, ovvero tramite la memoria.
Un gesto automatico, un riflesso appunto, è qualcuosa che si fa senza un pensiero cosciente. Si dice anche che l’atto “non passa in corteccia”. In realtà è proprio quello che accade. Un atto istintivo, non passando per la corteccia, ovvero per quell’area deputata al ragionamento, è quasi sempre fulmineo.
Un atto meccanico quindi, ma questa volta sano, utile.
Prendiamo ad esempio qualcosa che ci cade di mano. A volte capita che, con uno scatto fulmineo (e del tutto involontario) si riesca a riacchiapparlo prima che tocchi terra. Per inciso, la probabilità che questo accada è inversamente proporzionale al valore dell’oggetto.
Se si analizza la cosa con la memoria, si ha la sensazione che in quel momento il tempo si sia dilatato e la caduta dell’oggetto sia stata vista quasi al rallentatore.
Ma non è il tempo a dilatarsi, quanto la nostra percezione che accelera. Lo stesso principio del rallenty cinematografico. Dato che il proiettore farà passare la pellicola sempre alla stessa velocità (circa 25 fotogrammi al secondo), filmando una scena con scatti molto più frequenti, fornirà l’effetto rallenty.
Allo stesso modo la nostra percezione, accelerando, “fotografa” la realtà in modo molto più veloce, campionando quello che vediamo con maggior frequenza. Rivedendo poi la scena con l’ausilio della memoria, succede lo stesso che ad una pellicola, ed ecco che compare “l’effetto rallentatore” proprio come al cinema.
Ma durante l’atto? Cosa succede in realtà?
Per scoprirlo occorre “esserci” mentre accade. E questo non è cosa comune, in effetti. Mediamente, per quanto si sia attenti, si vive sempre nel passato. L’istante presente non esiste. O meglio esiste ma non per la nostra percezione. Anche solo il tempo di propagazione della luce che ci consente la vista, per infinitesimo che sia, non è istantaneo.
Quindi noi vediamo sempre qualcosa che è accaduto nel passato. E’ già successo, è andato! Ma se ci fossero solo i ritardi fisici, sarebbe già una cosa meravigliosa. In realtà occorre tutto il tempo di reazione del cervello che elabora l’immagine o lo stimolo sensorio e, oltre a ciò, c’è “l’effetto bradipo”. Ovvero il rincoglionimento personale, dovuto alla difficoltà e relativa lentezza dei processi del pensiero.
Il pensiero è lento, se confrontato con l’emozione. E tutti e due sono praticamente immobili se confrontati con la risposta motoria istintiva, quella appuno che “non passa in corteccia”.
Ma se noi aumentiamo la nostra presenza ed attenzione nei confronti della vita e della realtà, mantenendo una consapevolezza distaccata dai processi mentali ed emotivi, nel momento in cui un atto istintivo, come quello di afferrare al volo un oggetto che ci è appena scivolato di mano, avremo una notevole possibilità: quella di poter, per un attimo, sperimentare una condizione di velocità diversa, ovvero quella dell’istinto.
Prendiamo un esempio: il body- builder cui sfugge di mano un manubrio da venti chili.
Nella media il manubrio sfugge e basta, al massimo la reazione sarà quella di spostare il piede sottostante (cosa che non sempre riuscirà in tempo). Con una risposta istintiva, si potrà tendere ad afferrare il detto manubrio al volo, con risultati a dir poco devastanti. Venti chili in caduta libera afferrati al volo molto probabilmente produrranno una lacerazione del muscolo bicipite.
Ma nel raro caso in cui si sia presenti alla risposta istintiva del corpo, si farà tranquillamente in tempo a modificare l’impulso primordiale ed adeguare la traiettoria del braccio mentre si afferra il peso in modo da… lasciarlo cadere oppure spostarlo semplicemente dalla sua traiettoria originale.
Riassumendo, abbiamo tre possibili risposte ad un evento quale quello descritto: il primo livello, ordinario, nessuna risposta o comunque una risposta estremamente lenta. Il secondo livello, istintivo, praticamente fulmineo e il terzo livello, quello che ci interessa.
In quest’ultimo caso infatti, la consapevolezza si “aggancia” alla velocità dell’istinto e tende a dilatare ancora di più il momento presente, fin quasi alla percezione istantanea. Direi quasi “quantica” di ciò che accade e del passare del tempo.
A questo punto sarà possibile modulare la risposta istintiva utilizzando un pensiero che, guardando la cosa in modo analitico come abbiamo fatto, risulta essere estremamente più veloce di quello abitualmente sperimentato.
Quindi un atto meccanico, per una volta, può essere estremamente utile, permettendoci di sperimentare in modo osservabile una “velocità” di pensiero ordinariamente non sperimentabile.
Il che poi può portare a chiedersi perchè mai, in condizioni ordinarie, i processi mentali siano invece così insopportabilmente lenti.
Stai dicendo che potrei schivare le pallottole in bullet time a là Max Payne..?
:muah: Tu ridi… e io pure… ma non è impossibile!
Interessantissimo.. devo aver letto di esperienze simili accadute a degli sportivi,
forse per una combinazione di sforzo fisico e attenzione alla performance
Ehm… infatti, come mai ordinariamente i processi mentali sono lenti?
Perchè devo aspettare di trovarmi in una situazione di “stress” anche se minimo come un oggetto che cade, per sperimentare questa velocità dell’istinto, e non posso riprodurlo ogni volta che voglio?
In realtà si può, anche se non è affatto facile. La serie di post di questi giorni riguarda proprio questo. :unbelieve:
Li seguirò tutti. Grazie :bye: