Ascoltare è una questione di esercizio. Ma anche di interesse
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Tante volte si sente parlare di “ascolto”. Su cosa si intenda con questa parola credo si potrebbe discutere parecchio.
Ascoltare con le orecchie, per esempio. Ma “ascoltare” non è “udire”. Così come “vedere” non è “guardare”.
Per ascoltare occorre fare uno sforzo. Occorre voler fare un atto, quello appunto di ascoltare.
Si può sentire quello che la persona davanti a noi sta dicendo ma non ascoltarla (cosa che accade piuttosto spesso, direi). Questo significa che oltre all’atto di udire, ci deve essere poi un altro processo, un atto volontario di comprensione, qualcosa di più o meno razionale, che consenta di far entrare al nostro interno il significato di ciò che udiamo.
In altre parole esistono altre orecchie oltre a quelle fisiche.
Ma se questo è vero, allora significa che esistono anche altri suoni, oltre a quelli fisici. Altre vibrazioni, oltre a quelle sonore.
E’ qui che si gioca un altro tipo di ascolto. Quello che ti permette di sentire qualcosa di più. Che ti consente di imparare, su te stesso e su chi ti sta di fronte.
Non è difficile. Solo che all’inizio si fa un po’ fatica, perchè non siamo abituati.
Il primo passo normalmente è automatico. Accade ad esempio tutte le volte che non ci sentiamo in forma. Il solo fatto di avvertire la propria condizione come debole, porta l’attenzione all’interno del corpo, alla ricerca di cosa ci sia che non va.
E’ un ascolto rudimentale, certo, ma è un primo passo.
Se esercitiamo questo tipo di attenzione verso l’interno, scopriremo presto che possiamo sentire molto di più di quanto non siamo abituati a fare, fino a che, ad un certo punto, avvertiremo la necessità di silenzio anche all’interno, esattamente nello stesso modo in cui si zittisce qualcuno che parla quando si sente un rumore sconosciuto o sospetto.
E’ lo stesso meccanismo: abbassare il livello di rumore per ascoltare qualcosa di preciso.
Per l’udito normale significa far cessare i suoni estranei a quello che vogliamo ascoltare, per quell’altro, quello che ascolta all’interno, invece significa abbassare l’unica vera fonte di rumore: il pensiero meccanico.
Ma come non è semplice far cessare rumori che non siamo noi a produrre, così non è semplice far cessare quelli del pensiero.
Si può utilizzare l’attenzione, una sorta di concentrazione su ciò che vogliamo udire, fino a far sparire tutti gli altri suoni. Anche all’interno è possibile fare la stessa cosa. Non dare ascolto ai pensieri, al corpo, concentrando l’attenzione sul nostro obiettivo, fino a far cessare il rumore della mente.
Il rumore esterno c’è ancora, ma grazie alla concentrazione riusciamo a sentire cosa dice la persona il cui discorso ci interessa. Allo stesso modo il pensiero meccanico esiste sempre, ma turba sempre di meno la nostra concentrazione, fino a che tutto il rumore viene escluso dalla consapevolezza.
Allora sembra che il pensiero cessi. E in effetti è così. Non lo percepiamo più. Quindi è come se non esistesse.
E’ una questione di esercizio, arrivare al silenzio. Di volontà e di interesse verso qualcos’altro. E come tutti gli esercizi, deve essere messo in pratica se vogliamo migliorare.
Ma come tutti gli esercizi, più viene praticato, più cresce nel tempo.
Donandoci momenti di comprensione assolutamente non immaginabili all’inizio del cammino.