La tecnologia non è dovuta e nemmeno scontata!

Quando mi sono avvicinato all’informatica, qualche secolo fa, le cose non erano di certo come sono ora. I calcolatori erano pochi, costosissimi e anche idioti, se vogliamo.

Il mio primo programma l’ho incontrato un giorno in cui mio padre mi portò nel suo ufficio di allora (parliamo di circa 40 anni fa) e mi fece conoscere Mark.

Non si trattava di un americano, ma di un mainframe. Parliamo di un Mark III IBM, allora uno dei migliori sul mercato, di cui lui si serviva tramite un collegamento video… transoceanico.

L’elaboratore si trovava negli Stati Uniti, e a Milano c’era solo un terminale con il suo lettore di nastri perforati per caricare i programmi. All’epoca a me sembrava pura fantascienza, sia per la giovane età, sia per il fatto che un po’… lo era.

Qualche anno più tardi, segnato dall’esperienza, mi iscrivevo a ingegneria, facoltà in cui l’elabortore era un UNIVAC di asimoviana memoria, situato al Cilea e che, oltre al Politecnico di Milano, serviva praticamente mezza Italia.

UNIVAC non andava a nastro perforato ma… a schede! Tu scrivevi il tuo programma, la perforatrice cagava qualche centinaio di schede e tu, dopo averle messi in ordine in un vassoio di legno, le portavi alla sacra cripta dell’Operatore di Sistema.

Il Ministro della Fede (allora se la tiravano in un modo che non avete idea…) caricava le schede, e metteva in nota il tuo programma per l’esecuzione. Cosa che avveniva magari dopo qualche ora, in un tempo di circa tre minuti. Tutto quello che potevi avere era quello: tre minuti di tempo macchina. Dopo di che andavi al mese successivo. E il risultato, quando c’era, era stampato su carta da 132 colonne (si, quella a strisce bianche e grigie).

Potete immaginarvi cosa voleva dire fare un errore di programmazione in quelle condizioni. Ecco che scrivere software diventava decisamente una forma d’arte.

Poi sono arrivate le schede, poi i terminali a fosfori (maro’!!! O’ miracolo!) e così via.

Oggi, quando magari vado al cinema e vedo un film come Avatar o Transformers, ad altissimo contenuto di computer grafica, non posso fare a meno, a volte, di commuovermi.

Perchè ho vissuto in prima persona il cammino tecnologico dagli albori ai tempi attuali e so,meglio: conosco, quello che è stato necessario fare per arrivare a fare oggi quello che, quasi tutti, danno per scontato.

Ho l’esatta percezione del mostruoso sforzo intellettivo che è costato all’uomo produrre un PC come quello che sto usando per scrivere questo post. E ringrazio.

Ma allo stesso tempo mi rendo conto che questa percezione è del tutto mia, del tutto privata, trasmissibile a tutti ma non da tutti condivisibile.

Per lo stesso motivo comprendo che le persone non si rendono conto di quanto la tecnologia sia parte integrante della loro vita (e, di conseguenza, di quanto la condizioni).

Quasi nessuno ha la cognizione di ciò che è necessario fare per arrivare a costruire ciò che usa tutti i giorni.

Ecco perchè si dice che in caso emergenza planetaria, come una guerra mondiale o un disastro totale, l’umanità probabilmente tornerebbe ai tempi della pietra.

Perchè l’uomo dimentica presto e da’ tutto per scontato, ritenendo che ciò che può usare sia ciò che ha, scordandosi che non è possibile avere ma soltanto essere (e già lì è un bel match…).


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8 Commenti
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Il Veronesi

Sai cosa penso spesso? Che il rapporto tra la società e la tecnologia si sia rotto quando la gente comune ha smesso di sapere come funzionano gli oggetti che utilizza. Mi spiego: che differenza c’è tra magia e tecnologia o scienza? Secondo me solo la consapevolezza dei passaggi che esistono tra la causa e l’effetto. Oggi abbiamo perso quella conoscenza e perciò siamo un po’ alla stregua di chi vive una dimensione magica. In caso di disastro torneremmo all’ultima conoscenza tecnologica e dovremmo ricostruire col tempo e con le generazioni ciò che è entrato a far parte del mondo magico (ossia di cui ignoriamo i passaggi tecnologici).

Nicola

Molto interessante. Stavo pensando proprio in questi giorni a questo argomento e condivido pienamente post e commenti… stesse considerazioni che venivano presentate dalla science fiction anni 50-60. Grazie per il post, come sempre molto interessante!

Giuseppe

Io non sono un esperto di informatica, ma quando guardo film come Avatar, District 9 e altri con effetti speciali da capogiro, ne intuisco la complessità e…non posso fare a meno di commuovermi.

Roberto Rini

più spesso mi sono trovato a fare riflessioni simili, paragonando la scienza all’esoterismo e all’occulto…occulto in quanto nascosto ai più..nel senso che milioni di persone non hanno la benchè minima idea di come funzioni quella scatola che permette loro di vedere 22 tizi che corrono in sudafrica, a milioni di km di distanza, dietro ad una palla..
è “occulto” ai più il funzionamento, perchè anche aprendo la scatole, molti di noi non saprebbero cosa farci con ciò che vedono..
la magia antica forse era una modalità operativa simile, qualcosa di cui ci manca oggi il libretto di istruzioni..
un tv , per me che non so na sega di tecnologia, è paragonabile ad una sfera di cristallo..e parliamo di prodotti di uso quotidiano…il pc poi è pura fantascienza…
mi è capitato in mano un i-Pad e mi sentivo Deckart di Blade Runner..

ma se poi andiamo a cose ben più complesse..come gli esperimenti al Cern o alla Nasa..beh lì è Esoterismo Iniziatico PURO…nel senso che ciò che accade NON è comprensibile ai più, se non dopo enormi studi e sforzi di conoscenza, cioè vere iniziazioni.. gli Scienziati come Sacerdoti del tempio

la tecnologia è il cuore del xx e xI sec…è ciò che ha permesso di trasformare il mondo in pochi anni, in un modo che non era mai avvenuto nei millenni precedenti..
in fondo tra la vita nel primo 800 e quella di molti secoli fa non c’è poi grandissima differenza..ma già tra il mondo conosciuto da mio nonno e quello che vivo io c’è un divario pazzesco..

sì…occorre ringraziare chi ci ha reso la vita più comoda e più vasta…
eppure..
eppure..
la sensazione che nel complesso gli uomini di oggi non siano più evoluti, sviluppati e profondi dei secoli scorsi rimane molto forte..

quelli che seguono le partite nelle “scatole” piatte..non sono poi dissimili da chi andava al colosseo a vedere i gladiatori..

e dubito che coloro oggi pianificano l’urbanistica delle città , avendo mezzi enormi a disposizione, abbiano la stessa percezione del bello e dell’armonia, lo stesso rispetto del “genius loci”, che avevano gli architetti dell’antichità…

insomma..si è sviluppato un lato della mente e della creatività senz’altro…ma forse a discapito di un altro aspetto…credo sia stata una questione di necessità…ma se adesso non si trova un equilibrio tramite un’altra tecnologia – qualcuno direbbe una “tecnologia interiore” – rischiamo di essere delle scimmie con un pc in mano…che se lo tirano in testa…

Blushaft

Bello il post….anche se mi vien da dire che la vera tecnologia da studiare siamo noi stessi….sembra scontato ma un ingegnere plurilaureato scienziato e ricercatore molto spesso è competente in più campi ma può succedere che non conosca nulla di se stesso e delle sue potenzialità….magari un giorno scopre che può visualizzare un vero e proprio ipad virtuale in 3D se accede a spazi della sua coscienza….con motore di ricerca integrato….in questo caso….si avrebbe la percezione di qualcosa che rimane, qualcosa di permanente al di là delle epoche e delle circostanze e del progresso tecnologico….
già permanenza ed impermanenza….
non abbiamo la visione d’insieme che ci fa comprendere se la società di oggi ed il suo progresso tecnologico sia al top, rispetto alle epoche antiche….mi viene da pensare che forse…l’evoluzione è più lenta del progresso scientifico che ne può esprimere una piccola parte….
Se tempeste solari improvvise bruciassero tutto ciò che trasferisce elettricità…e fossimo di colpo trasportati in un ambiente totalmente naturale….quali sarebbero le potenzialità effettive che un essere umano medio potrebbe usufruire…? oppure quale sarebbe il sapere, che un essere umano ha accumulato nell’arco di una vita, veramente che gli potrebbe essere utile ?…forse ponendoci alcune domande sperimenteremmo di quanto l’essere umano è effettivamente lontano da se stesso….e che forse la tecnologia è l’ennesimo paravento o specchio di onnipotenza ed antropomorfizzazione che l’uomo sviluppa proprio per la sua impotenza….
tutto ciò merita sicuramente una riflessione….

Mauro

Adesso ho capito… Grazie Franz! 🙂