Il ricordo a volte mente.
Quando ricordiamo qualcosa, facciamo nientemeno che quello che un computer fa quando va a ripescare un dato archiviato.
Esiste una sorta di indice della memoria umana, tramite il quale è possibile andare a riprendere il ricordo di qualcosa che è accaduto in passato.
Come la scienza ha ampiamente dimostrato, allo stesso modo che nei computer, i dati di un’intera vita (almeno quella presente, diciamo…) sono tutti lì, memorizzati in quell’immenso hard disk che è il nostro cervello.
Quello che spesso viene a mancare o che, al contrario, a volte ri ripresenta di sorpresa, è il “bandolo della matassa”, ovvero l’indice per trovare la posizione di un determinato dato nella nostra memoria.
E’ notorio che uno shock sufficientemente forte può far riemergere ricordi completamente sopiti, di cui si era persa persino la cognizione e, allo stesso modo, generare amnesie più o meno estese.
Genericamente, sono le emozioni a fare da “fissativo” per i ricordi. Niente emozione e il dato si perde. Emozione e il dato viene mantenuto ben presente nell’indice degli eventi nella nostra testa.
Ma la similitudine tra un computer e il nostro cervello, riferita alla memoria, non si ferma lì… anzi.
Avete presente quando ci troviamo a dire: “Aspetta, ce l’ho proprio sulla punta della lingua”, riferito a qualcosa che cerchiamo di ricordare ma che non si vuol decidere a venir fuori?
In quei casi ci incaponiamo a voler ricordare qualcosa che non riusciamo a riportare alla coscienza, ma abbiamo la netta sensazione che il dato sia proprio lì, appena ad un passo dalla nostra consapevolezza.
Poi, se lasciamo i nostri tentativi e pensiamo ad altro, il ricordo dopo un po’, nella maggior parte dei casi, arriva da solo. Magari dopo un paio d’ore, ma arriva.
A quel punto, se ascoltiamo con attenzione la sensazione che accompagna l’emersione del dato, è facile rendersi conto che il nostro cervello è andato avanti a cercarlo anche dopo che avevamo smesso di pensarci.
Questo dovrebbe farci riflettere molto. Quante cose accadono al nostro interno, senza che si abbia alcun controllo su di esse?
In questo caso il processo può essere sfruttato a nostro vantaggio, ma in tanti altri no, anzi.
La memoria è traditrice, perchè il nostro esperire la realtà è spesso del tutto immaginario. Ecco allora che nel nostro cervello vengono immagazzinati non solo i ricordi di eventi realmente accaduti, ma anche quelli degli eventi “sognati” (in realtà la maggior parte).
Si vengono così a creare una miriade di ricordi completamente fasulli che, mescolati a quelli reali, generano un casino bestiale nel nostro passato cui, ricordiamolo, abbiamo accesso solo attraverso la memoria.
Se c’è una cosa che ci può fregare alla grande, è proprio il ricordo di un evento, che finisce per sostituire l’esperienza stessa.
Mi spiego meglio; se in un dato momento una persona ha la possibilità di accedere ad uno stato di coscienza o di percezione particolare, nel momento in cui vi accede lo sta effettivamente vivendo.
Istantaneamente, una copia, più o meno fedele, viene creata all’interno della mente, una rappresentazione mnemonica, insomma.
Questa rappresentazione può essere indispensabile per ricordare in quale modo si abbia avuto accesso al suddetto stato, ma si può anche trmautare nella più grande fregatura, nel momento in cui va a sostituire l’esperienza stessa.
Quando questo accade, la persona è convinta di stare vivendo ancora l’esperienza, ma sta in realtà solamente “rivivendo” il ricordo della stessa.
Il che non sarebbe un problema così grave, se non fosse che, come abbiamo visto, ad ogni “accesso” al dato memorizzato introduciamo qualche errore nel dato stesso, dato che oltre al ricordo originale, affianchiamo anche il “ricordo del ricordo”.
Di questo passo, con il passare del tempo, ciò che ricordiamo è sempre più lontano dall’esperienza, anche se, nella percezione del soggetto ricordante, rimane sempre una copia perfetta dell’evento originale.
Ci si trova in altre parole identificati nel ricordo di un’esperienza e si perde di vista il fatto che quello che viviamo non è altro che una copia sempre meno fedele all’originale.
Come ovviare a tutto questo?
Beh, tanto per incominciare cercando di ripetere l’esperienza, fintanto che il ricordo del cammino percorso per raggiungerla è ancora fresco.
Ma se non riusciamo a ricostruire il cammino, occorre avere la grande onestà di… lasciar andare quell’esperienza. L’abbiamo vissuta, è vero. Ma ora non più. E’ cessata.
Fine delle trasmissioni.
Voltiamo pagina e andiamo avanti.
… chissà perché mi viene da usare un aggettivo per questo post: “rinfrescante”… :swim:
Bello il post.…
E’ vero, il fatto che la nostra mente non riconosca la realtà dalla irrealtà.…può essere un fatto portato a nostro vantaggio.…
In passato mi è capitato quando studiavo chitarra classica anche 10 ore al giorno.…( roba da sparaflesciati !!!) …quando non potevo studiare praticamente perchè ero in viaggio, di ricreare nella mente i vari passaggi di un brano…a volte esasperando la tecnica nella mia mente…questo mi consentiva di ricreare dei veri e propri concerti nella mia testa…
Questa operazione…è possibile effettuarla anche in prossimità di gare atletiche…in attività ludiche complesse tipo gli scacchi.…
e può essere usata in ambito marziale.…
Mi ricordo quel fantomatico combattimento avvenuto nella mente nel film Hero, in cui il protagonista Jet Lee sconfigge il guerriero con la lancia .…sferrando il colpo decisivo…
Ricreare nella propria mente dei combattimenti anche molto complessi ci porta sicuramente ad essere più preparati in caso di scontro…( questo è solo un piccolo esempio )…
Anche la meccanicità della mente può essere utilizzata a nostro vantaggio…
Per esempio.…ripetere un mantra nella nostra mente per tutta la giornata facendo anche altre attività …ci consentirà magari di coricarci la sera e di osservare che una parte di noi continua con la ripetizione anche nel sonno…
L’uso della mente attiva dovrebbe essere utilizzato di più, invece di parcheggiarsi per esempio davanti alla tivù e bersi letteralmente tutto quello che succede.…
La mente non distingue la realtà dalla irrealtà.…e forse per questo che molti per evadere dalla vita troppo dura e frastornante si costruiscono una surrealtà immaginaria dove vivere…una nicchia biologica neuronale…!
Bell’articolo Franz, anch’io ho sempre pensato a queste cose sulla memoria ma non avevo mai trovato qualcuno che ne parlasse.
Viene da pensare a come possa influire tutto questo sull’esito dei processi, soprattutto quelli a lungo termine, sono convinto che in nome della giustizia siano state commesse tante ingiustizie.