Sarebbe ora di cominciare a pensare alle persone giovani
Ho detto “persone giovani” e non “i giovani”. Usare l’aggettivo come sostantivo denuncia una tendenza mentale pari a quella di chi usa a sproposito il termine “la gente” invece di “le persone”.
Parlare “dei giovani” in senso lato implica spersonalizzare e categorizzare le persone di giovane età. In più, c’è sempre la tendenza a denigrare o, comunque, a sottovalutare coloro che non hanno ancora raggiunto la cosiddetta “maggiore età”. La pubblica cultura tende a dimenticare, e lo dimostra nei fatti, che “un giovane” è innanzitutto una persona. In seconda battuta di giovane età.
I ragazzi e le ragazze dei nostri tempi si trovano ad essere sempre più delegittimati come entità personali, individuali e pensanti, fino allo spartiacque dei 18 anni. Una ridicola separazione tra chi persona non è e chi lo è.
La legge può anche porre un tale paletto, perchè in una società come la nostra, arretrata al punto tale da essere secondo me definibile come paleolitica, non è possibile comprendere che una persona può essere matura a 12 anni mentre un’altra (e i nostri governanti ne sono una prova) comportarsi ancora come un adolescente a 70.
Ammettiamo quindi pure di dover demarcare, per necessità, un punto legale oltre il quale la persona è, di fronte alla legge, tale. Ma non per questo tutto il resto del costume sociale, delle tradizioni e della considerazione umana e culturale deve seguire.
Nel nostro paese l’adolescente sembra essere sempre più considerato un idiota senza cervello, qualcuno che non è in grado di decidere nulla in autonomia. La legge stessa, in modo del tutto assurdo, tende a punirne la mancanza di esperienza colpevolizzando maggiormente nel ragazzo lo stesso reato che invece, commesso da un adulto, risulta meno grave dal punto di vista della pena, vedi le recenti manomissioni del codice della strada.
Allo stesso modo la stessa società fa delle persone giovani il bersaglio perfetto per tutto ciò che può tramutarsi in un’abitudine nefasta, prima fra tutte quella del bere, e non fa nulla per dare a queste persone quegli strumenti indispensabili per sviluppare rapidamente un autonomo raziocinio e quella maturità che può essere acquisibile solo grazie all’esperienza.
Ecco allora i comportamenti iperprotettivi dei genitori, ridotti alla stregua di taxisti, che accompagnano i figli 17enni in discoteca per andare a riprenderli a tarda notte. Solo uno degli esempi. Ma d’altronde, come dargli torto? In un mondo sempre più malato, sempre più criminale, in cui lo Stato fa sempre di meno per tutelare il cittadino di qualsiasi età e anzi lo vessa con divieti ed obblighi che ne impediscono sempre più la libera espressione e l’esercizio di qualunque dirittto, andare a ripescare un figlio o una figlia all’uscita della discoteca, diventa quasi irrinunciabile.
E’ un circolo vizioso quello che si è innestato. Invece che limitarsi a proteggere i nostri figli, dovremmo iniziare a pensare a loro in termini diversi, ovvero in termini di persone cui vanno forniti tutti i mezzi possibili per sviluppare un’individualità autonoma, matura e responsabile. Il problema è che fornire di tal cosa i nostri figli implica averla raggiunta noi per primi.
E qui casca l’asino, perchè il ricambio generazionale presenta sempre più persone immature, superficiali, avulse da un contesto di umanità sia culturale che emotiva e sociale, che generano figli senza avere i necessari strumenti, primo fra tutto il tempo da dedicare loro.
E questi figli cresceranno come potranno, ovvero ricavando i propri stimoli dall’ambiente, un ambiente che, come appena detto, tende all’annullamento di qualunque individualità a fare dell’individuo sempre più carne da cannone. Questi figli cresceranno, con ancora meno possibilità di fornire contenuti ai loro figli, e così via.
Occorre spezzare questa catena. Occorre iniziare a crescere come adulti e, ancora di più, iniziare a considerare le persone giovani come l’unica possibilità di cambiamento per questo mondo malato. Una possibilità che dovrebbe essere vista come il patrimonio di tutti, e non solo di ognuno. I figli di uno sono speranza anche per l’altro. Occuparsi dell’educazione, della crescita di tutte le persone giovani è un dovere per tutti.
Un’opportunità davvero speciale perchè, come ho potuto sperimentare personalmente, lavorare con le persone giovani ti fa crescere in termini di responsabilità.
Perchè chi oggi è giovane, anche se non sembra, è un “anoressico interiore”. Nel senso che la tanto denunciata mancanza di valori, è tale solo perchè nessuno ha mai fatto assaggiare a queste persone il gusto della maturità, della profondità. In una parola, del piacere di essere. Ma se appena ne sentono un minimo di sapore, le persone giovani cessano immediatamente di essere anoressiche, e iniziano a divorare tutto quello che incontrano.
Una cosa che, più prima che poi, ti costringe a cercare al tuo interno qualcosa da dare loro.
E quindi, in ultima analisi, a crescere tu stesso.
Franz ‘tanto cuore e penna ficcante’…
Ficcante? :muah: :muah: :muah:
Bravo ! Hai colto nel segno.
Grassie!
Ficcante: che penetri contenuti importanti con lucida visione dell’oggetto di volta in volta da te esaminato…
Ah, mo’ ho capito!