Costruire a tavolino volontà e focus mentale
A tutti sarà capitato di non ricordare qualcosa, un nome o altro, e dire la fatidica frase “ce l’ho sulla punta della lingua”. Se ci avete fatto caso, in quel momento è impossibile ricordare il dato, che invece spunterà dopo minuti, ore o giorni, imponendosi alla nostra attenzione anche in un momento che non c’entra proprio niente.
Nell’istante in cui il dato cercato riaffiora alla memoria, è facile accorgersi che, al nostro interno, qualcosa ha continuato a lavorare per ricordarlo,.
Quello che avviene a livello mentale è la stessa cosa di una ricerca in background, per usare un termine informatico. Il cervello destina una parte della propria attività a scandagliare la memoria fino al ritrovamento del dato. Nel frattempo, se ci si fa caso, è possibile avvertire questo lavorìo della memoria come una sorta di pressione, infinitesimale, all’interno del cranio.
Il problema è che non è affatto semplice rendere questo processo volontario e tantomeno consapevolmente utilizzabile. I fanatici, ad esempio, riescono meglio di chiunque altro in quello su cui si fanatizzano: l’identificazione assoluta in un pensiero o in un bisogno ossessivo porta, per colmo di ironia, ad una focalizzazione “automatica” su qeull’obbiettivo. Il fanatico si concentra e mette tutto se’ stesso nel raggiungimento dei propri scopi, cosa che l’uomo “normale” non è in grado di fare, a meno che non utilizzi un percorso che, senza sfociare nel fanatismo psicotico, gli consenta di continuare a immettere energia nel raggiungimento dello scopo.
Il segreto è nelle emozioni. Sono loro a fissare i pensieri nella memoria. I bisogni determinano le emozioni che a loro volta producono pensieri.
Quindi uno dei sistemi per mantenere fissa l’energia sullo scopo è quello di “surrogare” il meccanismo appena descritto, detto anche identificazione.
La cosa si rende necessaria perchè, per raggiungere un obiettivo sulla scorta della volontà (e non dell’identificazione), tutto il sistema identificativo viene a decadere e, se non sostituito dalla corretta e consapevole presenza, determina il classico “cambio d’idea” (della serie: “ci ho ripensato”, “tutto sommato non è così importante” e così via…)
Ed ecco comparire il “virus mentale”. Allo stesso modo in cui si può scrivere un virus che faccia fare ad un computer cose esulanti dalla sua programmazione abituale, è possibile introdurre nella nostra stessa mente un pensiero o un’emozione “virali”, che la costringano a stare sull’obiettivo.
E’ un modo, un sistema da usare quando la nostra presenza vacilla, cosa che di solito accade purtroppo molto spesso.
Si stabilisce quindi che quello che dobbiamo fare è importante perchè.… e qui sta alla nostra fantasia e sensibilità trovare un’emozione cui agganciare il nostro virus mentale.
Una volta trovata l’emozione, occorre viverla. Più e più volte, più o meno intensamente, ma più volte. Sempre ricordandoci che quello è il motivo per cui vogliamo raggiungere un certo obiettivo.
Per fare un esempio, pensiamo ad una dieta. Vogliamo dimagrire perchè… perchè saremo più belli? per qualcuno può bastare ma, per qualcun altro, può non essere sufficiente; perchè potremo rimettere quell’abito che ci stava da Dio e che ci è costato un occhio della testa? Perchè vogliamo conquistare quella donna o quell’uomo? Va tutto bene, purchè sia un’emozione sufficientemente forte.
Dopo averla vissuta un po’ di volte, pregustando il risultato, il virus, se abbiamo fatto le cose per bene, si immetterà nel nostro ambiente di pensiero, facendo affiorare, tutte le volte che può, il ricordo dell’obiettivo che ci eravamo posti.
Occorre pazienza. Il virus deve lavorare per parecchio tempo, di solito, prima di scavare il pensiero giusto nella nostra mente. Ma una volta fatto questo sentiremo nascere dal nostro interno una spinta proprio in direzione del nostro obiettivo.
Quello sarà il momento di partire alla conquista perchè, da quel momento in poi, il nostro “sistema” tenderà a focalizzarsi sempre di più, producendo una costante motivazione e un continuo ricordo di quello che dobbiamo fare.
Il che, in assenza di un autentico ricordo di se’ stessi, è sempre qualcosa, mi pare!
Se non sbaglio anche le tecniche mnemoniche di Giordano Bruno associavano la memoria con l’ emozioni.
Inoltre, vorrei sapere se giocano un ruolo importante la visualizzazione e l’ immaginazione.
“Il che, in assenza di un autentico ricordo di se’ stessi, è sempre qualcosa, mi pare!” Beh, io credo che solo questa tecnica vale molto di piu’ di quelle che vanno di moda adesso per le quali vengono spesi valanghe di soldi, senza che apportino dei veri cambiamenti.
Grazie.
La risposta alla tua domanda è si, visualizzare e immaginare aiutano moltissimo, specialmente per “agganciare” l’emozione di fissaggio agli eventi ed agli oggetti che ci circondano.
Grazie a te!