Creare una qualità e trasmetterla
Si può fare in un amen. Ma questo implica sforzo. Occorre cuore, e qualcosa che si vuol trasmettere. Il resto, viene più o meno da se’.
Immaginiamo, giusto per fare un esempio, che si voglia trasmettere una qualità di calore, di armonia e di affetto ad alcune persone. E immaginiamo, sempre per fare un esempio, che il modo in cui scegliamo di farlo sia offrire loro una cena.
Il primo passo è già fatto: la motivazione infatti, la causa del nostro agire, già determina tutto il corso dell’azione. E’ come l’anima di legno all’interno di un bastoncino d’incenso: quest’ultimo è quello che determina il profumo, ma è il bastoncino di legno all’interno, apparentemente inutile, a consentire all’incenso di bruciare per un certo tempo, stando per giunta anche dritto.
Ecco allora che, qualche giorno prima, già la nostra mente si sta orientando verso il menù da proporre. Non importa cosa sceglieremo: quello che conta è che stiamo cercando di presentare un menù che possa fare piacere alle persone che inviteremo, più che a noi stessi.
Una volta deciso cosa potremo offrir loro, arriva il momento di andare a procurarci il necessario. Intanto che lo facciamo, ci prefiguriamo come apparirà la tavola e, contestualmente, come sarà la qualità che si dovrà generare. Quest’ultima difficilmente possiamo programmarla in anticipo ma possiamo decidere che sarà qualcosa di armonico, rotondo, caldo ed avvolgente.
La nostra qualità si strutturerà su quella dimensione e, inevitabilmente, accadrà quella strana sorta di magia per cui tutto ciò che ci procureremo sarà vibrante secondo la dimensione che avremo evocato in noi.
A questo punto non resta che… preparare la cena. Occorre farlo con una sola cosa nel cuore: quella qualità di cui sopra. I nostri atti seguiranno naturalmente la stessa strada, soprattutto se aiutati dalla nostra attenzione concentrata… sui particolari. Non è difficile: basta fare attenzione a quello che si fa e poi osservare il risultato, controllando che trasmetta la stessa cosa di tutto il resto. Se non lo fa… tocca rifare.
E mentre diamo di matto cercando di capire se il tovagliolo piegato a triangolo è meglio metterlo con la punta all’interno o all’esterno… semplicemente facciamo delle prove, ed osserviamo il risultato: se siamo concentrati in quella qualità che vogliamo trasmettere, sarà impossibile sbagliare.
La qualità del cibo sarà il risultato di come lo avremo preparato. E dato che siamo stati sempre immersi in quella specifica qualità… ecco che di nuovo parte la magia, e i piatti faranno da vettore. Gli alimenti non servono solo per dar da mangiare al corpo. Servono anche (a volte soprattutto) per dar da mangiare all’anima. Cose fresche, ben preparate, faranno bene al corpo. Ma se insieme al filetto di branzino viaggia anche il nostro affetto… beh, state pur sicuri che faranno bene anche all’anima.
Mantenere l’attenzione può non essere semplice, quando lo fai per te stesso. Ma se lo fai per qualcuno allora il mondo cambia: anche se non si può ingannare la legge del dare per avere, si può comunque agire per dare; avere sarà un effetto collaterale, rappresentato dal piacere di aver regalato qualcosa di gradito.
Basterà mettere anche questo piacere sul piatto di portata e la stessa legge si metterà al nostro servizio.
E’ vero: solo un re sa come si serve un altro re, ma non è necessario essere dei re per voler bene a qualcuno. E neppure per volerglielo dire.
Provare per credere e… bon appetit!
Argomento affascinante…
una domanda: cosa sarebbe la legge del “dare per avere” ?
“Do ut des”, hai presente? Sostanzialmente è impossibile fare qualcosa senza ricevere nulla in cambio (e indirettamente senza volerlo). L’atto più altruista che si possa immaginare presenta con se’ anche solo la soddisfazione di aver fatto quello che si doveva. Quindi fare qualcosa per nulla è una chimera; alla fine anche quando sacrifichi la tua vita per qualcuno, lo fai per “soddisfare” una pulsione che ti viene dall’atruismo.