Distinguere ciò che si sente di chi abbiamo di fronte… non sempre è cosa semplice
Allora… partiamo da un presupposto: il sentire “direttamente” quello che prova un altro essere umano non è così facile come sembra.
Molto spesso quello che sentiamo sono le nostre “risposte” (emotive, interiori, più o meno meccaniche, più o meno consapevoli) a stimoli esterni. In altre parole, la cosa che accade è che proiettiamo su chi ci sta di fronte parti più o meno intense, più o meno significative, del nostro mondo interno.
Quando questo avviene, si confondono i sentimenti, e si attribuiscono ad altri dei valori (sia in positivo che in negativo) che in realtà non esistono in quella persona, ma hanno dimora esclusivamente (o anche solo in parte) in noi.
Quindi il risultato è… il caos nella relazione; la persona che ci sta di fronte si trova a fare da specchio al nostro mondo interiore, ma in modo del tutto inconsapevole, innocente e, soprattutto, involontario.
La sensibilità, la capacità di percezione, l’empatia sono tutte qualità più o meno presenti in noi, in misura diversa per ognuno. Ma senza la consapevolezza di ciò che in noi alberga, sono affidabili quanto un pomodoro marcio in bilico su un frigorifero.
Nel senso che se ci fidiamo di queste percezioni in modo assoluto, cieco, prima o poi piglieremo una cantonata talmente cosmica da farci girare la testa per un mese. Personalmente credo che abbia un senso ascoltare questo genere di sensazioni, cercare di distinguerle da quelle che si generano a partire da noi e poi… verificarle (ovviamente se il rapporto lo consente).
Ad esempio: mi sembra di avvertire un disagio nella persona con cui vivo. Cosa faccio? Osservo; il linguaggio del corpo, quello degli occhi, il tono della voce… Però devo evitare di farmi influenzare dalle mie paure o dal mio stato d’animo. Il che non sempre è semplice. Occorre fare un po’ di silenzio, un po’ di calma all’interno.
Se e quando ottengo un segnale chiaro, ho due scelte possibili: fidarmi di quello che ho sentito (e qui si rischia il disastro) oppure… chiedere. Una domanda diretta a volte non è l’ideale.. si possono usare approcci più indiretti, trasversali.
A questo punto, di solito qualcosa viene fuori.
Con questo intendo dire che la sensibilità è qualcosa che può (e deve) guidarci nei rapporti umani, ma occorre sempre ricordare che non siamo illuminati, che non sempre ciò che sentiamo è attinente alla realtà.
Quando usiamo la sensibilità, è sempre meglio verificare in qualche modo i segnali che ci raggiungono, in modo da vederci chiaro. Ovviamente, senza cercare di adattare la realtà a quello che è il nostro sentire, altrimenti è peggio!