I Shin Den Shin

“Non pote­te imi­ta­re ciò che io fac­cio. Ogni tec­ni­ca è uni­ca, è un’esperienza che avvie­ne una sola vol­ta. Le mie tec­ni­che emer­go­no libe­ra­men­te, sgor­gan­do come get­ti da una fon­ta­na. Inve­ce di cer­ca­re di copia­re ciò che fac­cio, ascol­ta­te ciò che dico. E lì che risie­de l’essenza del­le tec­ni­che. Un gior­no capirete.”

Le paro­le sono di Ueshi­ba Mori­hei, fon­da­to­re del­l’Ai­ki­do. E lui, di flui­re se ne inten­de­va! Paro­le che mi han­no col­pi­to ieri sera su una foto pub­bli­ca­ta su fac­cia­li­bro, che non mi stu­pi­sco­no, soprat­tut­to se rife­ri­te a lui, O Sensei.

Paro­le uti­li non solo per ciò che espri­mo­no ma anche, para­dos­sal­men­te, per ciò che separano.

Il mae­stro Ueshi­ba ebbe una pro­fon­dis­si­ma espe­rien­za ad un cer­to pun­to del­la sua vita, a segui­to del­la qua­le l’Ai­ki­do clas­si­co, per suo stes­so dire, pre­se for­ma diret­ta­men­te nel­la sua mente.

Ueshi­ba Mori­hei non era solo un gran­de guer­rie­ro e stu­dio­so di arti mar­zia­li. Era anche un uomo estre­ma­men­te dedi­to alla reli­gio­ne (Shin­toi­smo) ed alla spi­ri­tua­li­tà in gene­re. For­se fu per que­sto o per chis­sà qua­le com­bi­na­zio­ne di even­ti, sicu­ra­men­te non casua­le, che arri­vò a crea­re quel­l’au­ten­ti­co mira­co­lo di inge­gne­ria inte­rio­re che è l’Aikido.

Fat­to sta che Ueshi­ba si tro­vò di col­po nel mon­do del­le idee, da cui tirò giù a for­za l’es­sen­za del movi­men­to. Egli stes­so dice­va che per lui spie­ga­re le tec­ni­che era impos­si­bi­le o qua­si, non solo per i moti­vi espres­si nel­la cita­zio­ne d’a­per­tu­ra di que­sto post, ma soprat­tut­to per­chè gli era man­ca­to il per­cor­so. Ueshi­ba non ave­va fat­to una tap­pa die­tro l’al­tra, ma ave­va spic­ca­to un incre­di­bi­le sal­to in lun­go diret­ta­men­te dal pun­to A (quel­lo di un otti­mo pra­ti­can­te di arti mar­zia­li ma non mol­to di più) al pun­to B (l’es­sen­za stes­sa del­la tecnica).

Man­can­do­gli la cono­scen­za del­le tap­pe rea­liz­za­ti­ve, non era nep­pu­re in gra­do di tra­smet­ter­la. Il che ren­de­va a sua vol­ta la tra­smis­sio­ne del­l’Ai­ki­do mol­to dif­fi­col­to­sa. Occor­re­va gio­co for­za pro­ce­de­re per imi­ta­zio­ne. Solo che gli sche­mi di uno come lui sem­pli­ce­men­te… non esi­ste­va­no. Quin­di c’e­ra ben poco da imitare.

Le paro­le qui sopra san­ci­sco­no un fat­to impor­tan­tis­si­mo: per arri­va­re dove qual­cu­no più in alto di te è già arri­va­to, hai due stra­de. Quel­la del­l’i­mi­ta­zio­ne, che però pre­su­me che tu, pri­ma o poi, sia in gra­do di usci­re dagli sche­mi per arri­va­re ad una sin­te­si e pro­ce­de­re oltre per rea­liz­za­zio­ne pura, e quel­la del­la com­pren­sio­ne diret­ta del­la fonte.

In altre paro­le… da cuo­re a cuore.

Que­sto in fon­do era ciò che cer­ca­va di dire il mae­stro Ueshi­ba: I Shin Den Shin.

Tut­to lì.

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Pirata

mol­to interessante