Il sottile confine tra rassegnazione e adattamento
La differenza è in effetti macroscopica, quantomeno nella definizione. Diventa sottile nella vita pratica.
Quando un evento interno o esterno si affaccia al nostro spazio esperienziale, ha una portata potenziale nei nostri confronti. Non è infatti detto che tale evento verrà esperito effettivamente.
A tutti gli effetti, la sua portata è quindi ancora nel campo delle possibilità. Tuttavia, solo per il fatto di essere nel nostro spazio esperienziale, i suoi effetti finiranno per toccarci in qualche modo. Se questo “tocco” sarà diretto, allora esperiremo l’evento in sé. Altrimenti esperiremo le sue conseguenze, magari sotto forma di qualcosa che accadrà a qualcuno a noi vicino, o altro.
La nostra reazione, nel primo caso, cioè quando l’evento ci tocca direttamente, potrà implicare due atteggiamenti: ci adatteremo oppure subiremo l’evento passivamente; questo al di là di ogni giudizio o considerazione sulla qualità dell’evento in sé.
E’ qui che si gioca la differenza. Quando la nostra reazione all’evento è attiva, allora ci stiamo adattando. In caso contrario allora ci stiamo rassegnando. La mancanza di reazione è sempre rassegnazione e implica l’accettazione passiva di ciò che accade. Con una sola eccezione: ovvero quando la passività diventa una scelta consapevole in presenza o meno di alternativa.
Noi possiamo trovarci nelle condizioni di poter fare qualcosa ma scegliere di non fare nulla. Questo è adattamento. Oppure non avere alcuna alternativa e accettare consapevolmente quello che accade. Anche questo è adattamento.
Nella stessa situazione, lasciar andare le cose senza una scelta consapevole diventa rassegnazione. Ad esempio la paura determina di solito una rassegnazione.
Quando rispondiamo meccanicamente ad un evento, abbiamo la sensazione di reagire attivamente quando invece stiamo subendo inconsapevolmente le conseguenze dell’evento stesso.
Adattamento implica obbligatoriamente consapevolezza. Altrimenti si tratta sempre di una reazione guidata dalle circostanze che risulta sempre quindi una rassegnazione, per quanto involontaria e inconsapevole.
Questo pone un problema: come capire se e quando un nostro atto è libero, ovvero nasce dalla nostra volontà, e quando invece è una risposta automatica ad uno stimolo esterno, caso in cui, come è facile capire, non vi è alcuna libertà.
Il post di venerdì su Pensiero Lucido affronta proprio questo tema. Se vi interessa lo trovate qui.
Buona giornata!