Il Suono porta al Silenzio ma anche alla Velocità

La pratica del Suono, nodo centrale in Antaratman Yoga, porta inevitabilmente a sperimentare il silenzio mentale.

Con questo termine si intendono lo stop del pensiero meccanico e la dilatazione della percezione temporale. In altre parole, tramite il suono possiamo arrivare ad una condizione di grande accelerazione interiore, che, quando avviene, porta ad un rallentamento del tempo esterno.

Il tempo non esiste come grandezza oggettiva. Lo sappiamo tutti per esperienza diretta e lo sa la scienza che ne parla chiaramente come grandezza del tutto arbitraria in quanto alterabile in conseguenza di diverse condizioni fisiche ed elettromagnetiche.

Dal punto di vista personale tutti abbiamo sperimentato un tempo apparentemente interminabile in situazioni di noia o sofferenza e, per contro, un tempo troppo breve in presenza di emozioni positive. Ogni notte tutti sperimentiamo nei sogni un tempo diverso da quello ordinario: sognando possiamo vivere una situazione apparentemente interminabile quando nella realtà materiale sono passati pochi minuti. Quando la nostra velocità potesse raggiungere frazioni significative di quelle della luce, la fisica e la teoria della relatività ci garantiscono un’alterazione del tempo rispetto all’osservatore fermo…

Con il suono, possiamo entrare in una condizione particolare, in cui il tempo rallenta (o accelera, a seconda del punto di osservazione): il Pranayama ci consente di prolungare progressivamente le fasi respiratorie e, di conseguenza, la durata dell’emissione vocale quando produciamo un suono specificatamente definito. Il risultato, quando la durata dell’emissione sonora si protrae oltre un certo tempo, variabile individualmente, è la sperimentazione di una sorta di “limite”, oltre il quale accadono contemporaneamente due cose.

La prima è la cessazione del disturbo del pensiero meccanico. Non è che il cervello smette di pensare, è la nostra consapevolezza che cessa di identificarsi con il pensiero, riducendone come conseguenza la manifestazione ad un semplice rumore di fondo che finisce per non essere più avvertibile.

La seconda è la sperimentazione di istanti atemporali, la cui “durata” aumenta con il progredire della pratica. In questi istanti la mente tace, il pensiero meccanico diventa inesistente e si apre uno spazio in cui è possibile ascoltare “altro”.

Questo “altro” può essere chiamato in migliaia di modi ma è sostanzialmente un livello di coscienza più elevato rispetto a quello ordinario.

Potremmo definirlo un punto di lucidità, un istante più autentico, ma alla fine si tratta di uno spazio attraverso cui possiamo entrare in contatto con dimensioni interiori personali più rarefatte, elevate ed evolute.

In questo spazio possiamo accedere ad intuizioni, insight, comprensioni profonde ed istantanee e trovare finalmente una dimensione di noi stessi più vicina al nostro vero “sé”.

Tutto questo viene con la pratica, naturalmente,  ma il suono, usato nel modo corretto, diventa un catalizzatore, una sorta di accelerante per un processo che abitualmente richiede molto tempo di pratica e dedizione ma che, con questo sistema, si manifesta molto più rapidamente e in modo duraturo.

Si tratta di un percorso che poi può arrivare a livello razionale, cosciente, ed essere “ripercorso” a volontà in qualsiasi momento. Ad un certo punto infatti il suono non serve più e l’accesso ad uno stato di coscienza come quello descritto sopra diventa la conseguenza di un atto di volontà

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