Fai se sei, altrimenti te la racconti: la smania di fare
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La smania di fare, quella cosa implacabile che prende tutti prima o poi e che molto spesso, se ignorata, porta davvero brutte conseguenze emotive e psicologiche. Il fare è qualcosa che, in assenza di una vera presenza, non è altro che un modo per sentirsi. Certo che ci sono cose che dobbiamo fare. Ma non è quello che facciamo il problema, quanto il motivo per cui lo facciamo e la consapevolezza con cui portiamo a termine gli atti della vita.
Per sentire questo, basta pensare ad una qualsiasi giornata lavorativa in cui, per qualche motivo anche solo psicologico, riteniamo di non aver fatto tutto quello che dovevamo fare. Di solito le persone vanno a casa con un senso di inadeguatezza, dovuto alla sensazione di non aver “fatto il proprio dovere”.
La realtà è che tra quello che dobbiamo davvero fare e quello che NOI pensiamo di dover fare c’è un mare di distanza e, se non c’è consapevolezza, questo fare altro non è che il solito travestimento di quel bisogno di riconoscimento sempiterno ed onnipresente che ritroviamo in qualunque momento della nostra vita sotto le più mentite spoglie.
Si usa spesso dire che “sono le nostre azioni a qualificarci”. Profondamente sbagliato. Essere qualificati in qualche modo non è altro che il giudizio altrui, a sua volta sotto mentite spoglie.
Noi siamo quello che siamo. O meglio, siamo. Punto
Cosa o come siamo è un problema che non dovrebbe riguardarci perchè il nostro apparire è tutto negli occhi di chi ci guarda. E se chi ci guarda si ferma all’apparire, significa che la sua presenza è quanto meno sporadica. Dunque, quand’anche fossimo interessati ad apparire in “un certo modo” (cosa già di per sé del tutto iniqua), le nostre speranze di essere qualificati come vogliamo noi sono nulle, dato che chi ci qualifica lo fa in base ai propri pre-giudizi ed ai propri condizionamenti.
Noi non siamo qualificati dalle nostre azioni. Noi siamo. Punto.
Cosa siamo è un problema degli altri
Ci si vede in giro!