Siamo diventati dei divoratori di contenuti, ma non in senso positivo. Siamo bulimici nel consumare i contenuti che troviamo, complici, da un lato, la nostra superficialità, dall’altro i social la cui forma si presta (ovviamente in modo del tutto calcolato) proprio a questo.
Facciamoci caso: quante volte ci soffermiamo davvero a leggere completamente un contenuto (ovviamente quando questo si presta), a vedere un video fino in fondo, ad ascoltare un podcast tutto intero?
Raramente, se non mai, mi viene da dire (e non lo dico perchè lo faccio, quanto perchè le statistiche parlano in modo oggettivo).
Oggi come oggi, un contenuto video che duri più di 5 minuti è difficile venga guardato fino in fondo. Un audio anche meno (a meno che non siamo degli “ascoltatori” professionisti). Per la parola scritta siamo all’ecatombe: l’italiano medio (ma non solo l’italiano), di solito si ferma al titolo. In ogni caso, contenuti che superano le 300 parole raramente vengono letti fino in fondo.
E’ così in modo progressivo: l’attenzione dura sempre di meno, mentre in compenso la smania di leggere cose possibilmente brevi e superficiali e contenuti sempre diversi, aumenta in proporzione.
Risultato? Mi pare ovvio: i contenuti sono sempre più brevi, sempre più superficiali e quindi vanno a contribuire al fenomeno, a questa bulimia delle informazioni, alla smania di riempirci il cervello di nozioni (possibilmente semplici, che non richiedano riflessione alcuna), per poterci convincere di “sapere” le cose e quindi di essere persone “sapienti”, mentre la realtà è che ci muoviamo nel senso esattamente opposto.
D’altronde la Conoscenza, quella vera, per cui occorre l’esperienza e una quasi infinita volontà di sperimentare, unita ad una non comune capacità di osservazione, è sempre più a disposizione ma sempre meno utilizzata. Abbiamo una popolazione informata su tutto ma che, in buona sostanza, alla fine non capisce un cazzo.
E i risultati si vedono: gente che non ha mai risolto un’equazione che si mette a parlare di fisica quantistica, persone che diventano ogni giorno esperte in un campo diverso, guru che sorgono come i funghi nel bosco dopo la pioggia.
E parole; milioni, fiumi di parole. Quello strumento incredibile che è il linguaggio, che potrebbe consentire miracoli, che diventa sempre più puttana al servizio del falso. Gente che passa la vita a parlare di cose dotte, dottissime, di tutto e di più, senza aver mai mosso il culo da dietro lo schermo del computer.
E’ la concupiscenza dell’intelligenza, la glorificazione della razionalità a tutti i costi, che ci fa dimenticare che non tutto è intelligibile, non tutto è razionale.
La comprensione non è una funzione della mente ordinaria, ma del cuore. E la mente superiore non ha nulla a che vedere con quella che chiamiamo “mente”.
Non si può comprendere capendo, non si può conoscere immaginando, non si può amare parlandone.
Occorre sperimentare, prendere al proprio interno, sviluppare sensi che non sono i soliti, pur essendo da sempre in attesa di essere usati. Occorre amare in tutti i modi, in tutte le direzioni e con tutto noi stessi.
Prendiamoci del tempo: per capire davvero quello che leggiamo, per condividere ciò che abbiamo compreso per l’altrui crescita e non per il nostro gusto di apparire in qualche modo superiori.
Prendiamoci il tempo per digerire quello che scopriamo, che ci viene detto, insegnato, mostrato. Prendiamoci il tempo per amare fino in fondo.
Prendiamoci il tempo per vivere davvero, tra un pensiero e l’altro, tra un battito e l’altro del nostro cuore e quello di chi amiamo. Concediamoci il lusso di pensare alle cose e poi di comprenderle davvero. Studiamo prima di parlare, sperimentiamo prima di spiegare.
Guardiamo un tramonto pensando che stiamo guardando qualcosa di unico, irripetibile, che non c’è alcuna possibilità di rivederne uno uguale, per quanto simile e che domani non è affatto sicuro che potremo vederne un altro.
Diamo alle persone che incontriamo il tempo e la possibilità di mostrare ciò che hanno da dare, prima di decidere che sono “i soliti fanfaroni”.
Smettiamo di mendicare rispetto, considerazione, attenzioni e impariamo a vivere di noi stessi, in noi stessi, con noi stessi. E da lì a muoverci verso il resto del mondo, senza perdere l’equilibrio, senza cadere sempre in ogni maledetta idiozia in cui ci identifichiamo.
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Siamo diventati dei divoratori di contenuti, ma non in senso positivo. Siamo bulimici nel consumare i contenuti che troviamo, complici, da un lato, la nostra superficialità, dall’altro i social la cui forma si presta (ovviamente in modo del tutto calcolato) proprio a questo.
Facciamoci caso: quante volte ci soffermiamo davvero a leggere completamente un contenuto (ovviamente quando questo si presta), a vedere un video fino in fondo, ad ascoltare un podcast tutto intero?
Raramente, se non mai, mi viene da dire (e non lo dico perchè lo faccio, quanto perchè le statistiche parlano in modo oggettivo).
Oggi come oggi, un contenuto video che duri più di 5 minuti è difficile venga guardato fino in fondo. Un audio anche meno (a meno che non siamo degli “ascoltatori” professionisti). Per la parola scritta siamo all’ecatombe: l’italiano medio (ma non solo l’italiano), di solito si ferma al titolo. In ogni caso, contenuti che superano le 300 parole raramente vengono letti fino in fondo.
E’ così in modo progressivo: l’attenzione dura sempre di meno, mentre in compenso la smania di leggere cose possibilmente brevi e superficiali e contenuti sempre diversi, aumenta in proporzione.
Risultato? Mi pare ovvio: i contenuti sono sempre più brevi, sempre più superficiali e quindi vanno a contribuire al fenomeno, a questa bulimia delle informazioni, alla smania di riempirci il cervello di nozioni (possibilmente semplici, che non richiedano riflessione alcuna), per poterci convincere di “sapere” le cose e quindi di essere persone “sapienti”, mentre la realtà è che ci muoviamo nel senso esattamente opposto.
D’altronde la Conoscenza, quella vera, per cui occorre l’esperienza e una quasi infinita volontà di sperimentare, unita ad una non comune capacità di osservazione, è sempre più a disposizione ma sempre meno utilizzata. Abbiamo una popolazione informata su tutto ma che, in buona sostanza, alla fine non capisce un cazzo.
E i risultati si vedono: gente che non ha mai risolto un’equazione che si mette a parlare di fisica quantistica, persone che diventano ogni giorno esperte in un campo diverso, guru che sorgono come i funghi nel bosco dopo la pioggia.
E parole; milioni, fiumi di parole. Quello strumento incredibile che è il linguaggio, che potrebbe consentire miracoli, che diventa sempre più puttana al servizio del falso. Gente che passa la vita a parlare di cose dotte, dottissime, di tutto e di più, senza aver mai mosso il culo da dietro lo schermo del computer.
E’ la concupiscenza dell’intelligenza, la glorificazione della razionalità a tutti i costi, che ci fa dimenticare che non tutto è intelligibile, non tutto è razionale.
La comprensione non è una funzione della mente ordinaria, ma del cuore. E la mente superiore non ha nulla a che vedere con quella che chiamiamo “mente”.
Non si può comprendere capendo, non si può conoscere immaginando, non si può amare parlandone.
Occorre sperimentare, prendere al proprio interno, sviluppare sensi che non sono i soliti, pur essendo da sempre in attesa di essere usati. Occorre amare in tutti i modi, in tutte le direzioni e con tutto noi stessi.
Prendiamoci del tempo: per capire davvero quello che leggiamo, per condividere ciò che abbiamo compreso per l’altrui crescita e non per il nostro gusto di apparire in qualche modo superiori.
Prendiamoci il tempo per digerire quello che scopriamo, che ci viene detto, insegnato, mostrato. Prendiamoci il tempo per amare fino in fondo.
Prendiamoci il tempo per vivere davvero, tra un pensiero e l’altro, tra un battito e l’altro del nostro cuore e quello di chi amiamo. Concediamoci il lusso di pensare alle cose e poi di comprenderle davvero. Studiamo prima di parlare, sperimentiamo prima di spiegare.
Guardiamo un tramonto pensando che stiamo guardando qualcosa di unico, irripetibile, che non c’è alcuna possibilità di rivederne uno uguale, per quanto simile e che domani non è affatto sicuro che potremo vederne un altro.
Diamo alle persone che incontriamo il tempo e la possibilità di mostrare ciò che hanno da dare, prima di decidere che sono “i soliti fanfaroni”.
Smettiamo di mendicare rispetto, considerazione, attenzioni e impariamo a vivere di noi stessi, in noi stessi, con noi stessi. E da lì a muoverci verso il resto del mondo, senza perdere l’equilibrio, senza cadere sempre in ogni maledetta idiozia in cui ci identifichiamo.
Guariamo dalla nostra bulimia!
Ci si vede in giro!
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