Non sempre la propria testa è la migliore fonte di pensiero – parte I
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Guardando uno dei fantastici video di Pier Giorgio Caselli, ho visto riproposta una delle frasi che preferisco di Leadbeater, uno dei massimi pensatori della società Teosofica:
“Uno degli errori più comuni è considerare realtà i limiti e i condizionamenti in cui la società vive e illusorio tutto ciò che li supera”.
Al di là del fatto che questa frase mi ha sempre trovato in affascinato accordo, oggi devo dire che essa assume una pregnanza particolare. Sempre più spesso, parlando con le persone, specialmente le più giovani, mi trovo ad osservare come sia sempre più valida.
Il problema è semplice: da un lato si dice spesso di “usare la propria testa” ma dall’altro il problema è che la suddetta testa è sempre più orientata proprio nella direzione di cui parla Leadbeater, ovvero considera realtà i limiti e i condizionamenti vissuti dalla società come assoluti e, per contro, ritiene falso ciò che li supera.
E’ ovvio che una testa orientata in questa direzione, quando usata in proprio non produrrà nulla di utile, soprattutto perchè scambierà caparbiamente ciò che è vero con ciò che non lo è.
Ma se siamo i proprietari della suddetta testa, come facciamo a distinguere se il nostro pensiero ha un senso oppure se è asservito a falsi valori, etici, morali etc. etc.?
Non è semplicissimo, anzi… per nulla! Ma il primo passo, quello si è più che facile ma implica essere comunque dotati di un minimo di buon senso: occorre innanzitutto… farsi venire un dubbio (esattamente come nello slogan del blog): quello che forse ciò che pensiamo di sapere, le nostre convinzioni, il nostro mondo per come lo percepiamo non sono affidabili come (forse) abbiamo sempre pensato.
Senza fare questo primo passo, non andremo mai da nessuna parte: continueremo a considerare le nostre convinzioni come esatte ed inalterabili ed a giudicare il mondo da dietro il loro filtro, perdendo tra le altre cose ogni possibilità di incontrare idee nuove, magari prima neppure mai prese in considerazione o pensate, che potrebbero davvero fare la differenza ma che noi, arroccati dietro le nostre convinzioni, metteremo in dubbio proprio perchè escono dal ristretto circolo della nostra esperienza.
Dopo questo passo estremamente importante, che ci toglierà da dove eravamo, occorre farne degli altri per andare avanti, e qui iniziano gli ostacoli, primo fra tutti quello del “così fan tutti” o del comune senso delle cose.
E’ ovvio che questo mondo è ben lontano dall’essere perfetto. Anzi, è molto vicino alla totale follia. Ne consegue che la società in cui viviamo e tutti o quasi i suoi valori, quantomeno parlando della società occidentale, sono letteralmente da prendere e ribaltare come calzini perchè tutto quello a cui tende è l’antitesi della vita, dell’indipendenza, dell’individualità e della verità.
Il tutto naturalmente mascherato come l’esatto contrario. Un esempio molto semplice? La pubblicità nel settore automobilistico. Molti spot cercano di vendere la scelta di determinati modelli come una scelta “individuale”, che distingue l’acquirente dalla massa. Peccato che in realtà accada l’esatto contrario, dato che non sarà mai l’acquisto di una persona o di pochi, visto che lo scopo della casa automobilistica è quello di vendere il maggior numero possibile di pezzi!
E’ solo un esempio limitato ma il discorso vale per tutti gli ambiti, soprattutto quelli del comportamento e della morale, due strumenti che lavorano da sempre in direzione contraria sia alla libertà che alla verità e che sono nel tempo diventati mezzi di coercizione per limitare la capacità di pensiero delle persone che ne danno per scontata la correttezza ma che di corretto non hanno proprio nulla.
In modo particolare, sono vittime di questa situazione due classi di persone: i giovani, nel senso proprio anagrafico del termine e i “giovani” nel senso di coloro che si accostano per le prime volte all’ambiente della ricerca interiore.
Mi è capitato molto spesso di osservare persone molto giovani (e che, proprio per questo dovrebbero avere una capacità ancora innata di non farsi mettere i piedi in testa) esprimere un moralismo estremamente rigido, dogmatico e chiuso, senza la capacità di, appunto, farsi venire un dubbio sul fatto che la morale che vivono non abbia nulla a che vedere con il mondo reale.
Era così anche per me quando ero un adolescente, ma in senso esattamente opposto: non c’era nulla di morale nel mio mondo e, anzi, l’amoralità ( non l’immoralità, cerchiamo di capire l’uso corretto delle parole ) era proprio la base su cui, insieme a tanti altri ragazzi della mia generazione, ho cercato fin da subito di sviluppare un’individualità.
Oggi i ragazzi e i giovani adulti sono molto spesso prigionieri del moralismo più becero e di bassa lega, che insegna loro ogni possibile limite e condizionamento, un moralismo che arriva dritto dritto dalla campagna mediatica oscena cui assistiamo ormai da anni, da programmi americani infarciti di perbenismo e altri format sui generis tipo “amici” e via dicendo.
Ragazzi: svegliatevi! Se non vi svegliate voi, se non imparate a mettere in dubbio il mondo assurdo in cui viviamo, non c’è speranza per il futuro. Noi siamo la generazione uscente, e prima o poi usciremo definitivamente di scena, e a quel punto, se starete ancora dormendo, non ci sarà più possibilità per questo mondo. Toglietevi dalla morale che questa società vi ha servito come “universale” e realizzate che quello in cui credete, molto spesso, non è qualcosa di reale ma esattamente il contrario: qualcosa che vi allontana dalla realtà alla massima velocità possibile, qualcosa che vi castra. Qualcosa che all’apparenza può anche sembrare una via per l’individualità ma che, nella realtà, porta semplicemente alla vostra morte, cerebrale e interiore, una morte per annegamento nel qualunquismo e nell’omologazione.
Continua nel prossimo post…
Ci si vede in giro!