Una volta per “colletto bianco” si intendeva un impiegato “di concetto“, ovvero che svolge mansioni meno fisiche: “white collar“, appunto. La divisione omonima dell’FBI americana, resa famosa dall’altrettanto omonima serie TV, non a caso si occupa proprio di reati amministrativi, finanziari e affini.
Nel tempo la definizione di “colletti bianchi” è leggermente cambiata, ma neppure più di tanto, andando ad abbracciare l’intera classe di persone che si dedicano a questo genere di impiego. Oggi la guerra sul pianeta si combatte su molti fronti, non solo quello armato. Anzi, la guerra più diffusa in occidente è proprio quella in cui le armi non sono quelle comunemente intese come tali, quanto quelle legate alla parola, all’informazione ed all’opinione.
Avere il comando su ciò che le persone pensano (o, più precisamente, credono di pensare), significa avere il controllo su ciò che il popolo accetta o rifiuta. In altre parole significa avere il controllo della democrazia.
E questo ci porta a parlare del fenomeno di cui molti parlano, e che oggi viene conosciuto sotto il termine anglofono di “fake news“, anche se sarebbe davvero meglio chiamarlo con il suo nome italiano, “notizie false” o, meglio ancora “disinformazione“. L’ambito è chiaro; la disinformazione trova utilità applicativa solo in quei paesi in cui, almeno sulla carta, è il popolo a decidere. Ma anche in quelle nazioni in cui il regime non ha nulla di democratico, la disinformazione trova il suo perfetto pabulum, dato che è essenziale per tenere il popolo nelle condizioni in cui si trova.
Quanto detto sopra chiarisce l’ambito. Ora veniamo alla modalità.
La disinformazione non è altro che la veicolazione di quelle notizie, del tutto o anche solo in parte false, che permettono di orientare l’opinione pubblica in una direzione voluta. Tuttavia, questo può avvenire solo per due motivi. Perchè le persone sono superficiali e/o perchè sono a caccia di emozioni intense ma, soprattutto, negative. Dunque, per orientare il pensiero in una determinata direzione, molto spesso basta sfruttare proprio questi due fattori. Se pubblico una notizia abbastanza negativa, molto pochi la verificheranno mentre la maggioranza si lascerà trasportare in direzione del bersaglio.
Quindi, in realtà le persone sono portate a scegliere non sulla base di ciò che vogliono ma su quella di ciò che NON vogliono. Facciamo un esempio con la politica. Se con grande abbondanza di notizie false, disinformazione e via dicendo, creiamo un movimento di opinione CONTROun determinato argomento e, se il movimento è sufficientemente dilatato, ecco che al politico di turno basterà sposare proprio quelle idee per ottenere consensi. Ma questo significa che le persone che lo voteranno non lo faranno perchè rappresenta ciò in cui credono bensì ciò contro cui combattono, che non è assolutamente la stessa cosa.
Per chiarire, se siamo contrari alla guerra, questo non dice nulla su ciò a cui invece siamo favorevoli; per esempio noi possiamo essere appunto contrari alla guerra ma volere la riduzione delle tasse, un aumento dei contributi a favore della ricerca medica e della povertà. Se voteremo una persona che si dice contraria alla guerra, non staremo sostenendo nessuno dei nostri voleri.
Ed è proprio su questo che si basa l’efficacia della disinformazione: sul fare puntare il risultato del nostro voto contro ciò a cui siamo contrari e non verso ciò a cui siamo favorevoli. Con il risultato che il potere non andrà nelle mani di chi ama le stesse cose che amiamo noi ma solo odia ciò che odiamo noi. E, come dice il maestro Yoda:
“Odio, paura, rancore, rabbia: il lato oscuro essi sono.”
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Genesi e sviluppo della disinformazione
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Una volta per “colletto bianco” si intendeva un impiegato “di concetto“, ovvero che svolge mansioni meno fisiche: “white collar“, appunto. La divisione omonima dell’FBI americana, resa famosa dall’altrettanto omonima serie TV, non a caso si occupa proprio di reati amministrativi, finanziari e affini.
Nel tempo la definizione di “colletti bianchi” è leggermente cambiata, ma neppure più di tanto, andando ad abbracciare l’intera classe di persone che si dedicano a questo genere di impiego. Oggi la guerra sul pianeta si combatte su molti fronti, non solo quello armato. Anzi, la guerra più diffusa in occidente è proprio quella in cui le armi non sono quelle comunemente intese come tali, quanto quelle legate alla parola, all’informazione ed all’opinione.
Avere il comando su ciò che le persone pensano (o, più precisamente, credono di pensare), significa avere il controllo su ciò che il popolo accetta o rifiuta. In altre parole significa avere il controllo della democrazia.
E questo ci porta a parlare del fenomeno di cui molti parlano, e che oggi viene conosciuto sotto il termine anglofono di “fake news“, anche se sarebbe davvero meglio chiamarlo con il suo nome italiano, “notizie false” o, meglio ancora “disinformazione“. L’ambito è chiaro; la disinformazione trova utilità applicativa solo in quei paesi in cui, almeno sulla carta, è il popolo a decidere. Ma anche in quelle nazioni in cui il regime non ha nulla di democratico, la disinformazione trova il suo perfetto pabulum, dato che è essenziale per tenere il popolo nelle condizioni in cui si trova.
Quanto detto sopra chiarisce l’ambito. Ora veniamo alla modalità.
La disinformazione non è altro che la veicolazione di quelle notizie, del tutto o anche solo in parte false, che permettono di orientare l’opinione pubblica in una direzione voluta. Tuttavia, questo può avvenire solo per due motivi. Perchè le persone sono superficiali e/o perchè sono a caccia di emozioni intense ma, soprattutto, negative. Dunque, per orientare il pensiero in una determinata direzione, molto spesso basta sfruttare proprio questi due fattori. Se pubblico una notizia abbastanza negativa, molto pochi la verificheranno mentre la maggioranza si lascerà trasportare in direzione del bersaglio.
Quindi, in realtà le persone sono portate a scegliere non sulla base di ciò che vogliono ma su quella di ciò che NON vogliono. Facciamo un esempio con la politica. Se con grande abbondanza di notizie false, disinformazione e via dicendo, creiamo un movimento di opinione CONTRO un determinato argomento e, se il movimento è sufficientemente dilatato, ecco che al politico di turno basterà sposare proprio quelle idee per ottenere consensi. Ma questo significa che le persone che lo voteranno non lo faranno perchè rappresenta ciò in cui credono bensì ciò contro cui combattono, che non è assolutamente la stessa cosa.
Per chiarire, se siamo contrari alla guerra, questo non dice nulla su ciò a cui invece siamo favorevoli; per esempio noi possiamo essere appunto contrari alla guerra ma volere la riduzione delle tasse, un aumento dei contributi a favore della ricerca medica e della povertà. Se voteremo una persona che si dice contraria alla guerra, non staremo sostenendo nessuno dei nostri voleri.
Ed è proprio su questo che si basa l’efficacia della disinformazione: sul fare puntare il risultato del nostro voto contro ciò a cui siamo contrari e non verso ciò a cui siamo favorevoli. Con il risultato che il potere non andrà nelle mani di chi ama le stesse cose che amiamo noi ma solo odia ciò che odiamo noi. E, come dice il maestro Yoda:
“Odio, paura, rancore, rabbia: il lato oscuro essi sono.”
Ci si vede in giro!
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