Credo che a molti, se non a tutti, sia capitato di vedere una persona “livida”. Quel colore malsano dovuto alla cattiveria incancrenita, alla rabbia a stento repressa, alla carogneria fuori controllo che, livido appunto (stesso significato del più popolare “gibollo”) infonde la carnagione di chi non riesce a liberarsene.
Di solito è un fenomeno transitorio ma ci sono dei casi in cui non… transeat. Allora quella livida rabbia “infetta“, come viene definita in alcuni dizionari, resta e si moltiplica, si autoalimenta e autoprocrea, quasi una partenogenesi di sali biliari compromessi.
Accade quando non trova sfogo, quando non trova bersaglio e dunque, non trovando oggetto su cui posarsi, ritorna al mittente, corrompendone ulteriormente l’umore.
E’ questo il meccanismo dietro quegli “haters” (effettivamente chiamarli “odiatori” è un atto di terrorismo linguistico, di scempio lessicale) che non trovano nulla di meglio da fare che riversare il proprio umore (biliare, si intende) all’unica platea che dia l’illusione di esistere anche quando, sostanzialmente e borgatariamente definendo… “non ti cagano di striscio“: Facebook e Social vari.
Ecco, insultare qualcuno su Facebook o su un social qualsiasi è davvero un atto che non stenterei a definire di autosodomia onanistica. Da un lato rendi evidente che, se ti riduci a insultare qualcuno in quel teatro è perchè non hai modo, coraggio o possibilità di dirglielo in faccia. Dall’altro perchè a tutti gli effetti non hai modo di constatare “de manu” se l’insulto è arrivato a segno (ecco l’autosodomia) e allora prosegui crogiolandoti nell’idea di quanto il bersaglio dell’insulto si sia incazzato a leggerlo (ed ecco l’onanismo).
E’ vero, non tutti meritano lo sforzo di essere insultati direttamente. Ma se insisti, prosegui e persisti, poi finisci per insultarti da solo. Qualche idiota magari ti riverbererà contribuendo al masturbatorio prosieguo della livido, ma chi ha un minimo di sale in zucca alla lunga se ne accorge che in testa hai solo odio.
Per l’amor del cielo: ci sono situazioni che non possono che sfociare nella rabbia e nel desiderio di colpire dove pensi che faccia più male.
Ma alla lunga, se insisti, quello che resta di te sono solo parole: tristemente livide e gettate nel vento dei social network dove, quando va bene, permangono per meno tempo di quanto occorra a leggere le successive.
Ci si vede in giro!
La brutta bestia del livore
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Credo che a molti, se non a tutti, sia capitato di vedere una persona “livida”. Quel colore malsano dovuto alla cattiveria incancrenita, alla rabbia a stento repressa, alla carogneria fuori controllo che, livido appunto (stesso significato del più popolare “gibollo”) infonde la carnagione di chi non riesce a liberarsene.
Di solito è un fenomeno transitorio ma ci sono dei casi in cui non… transeat. Allora quella livida rabbia “infetta“, come viene definita in alcuni dizionari, resta e si moltiplica, si autoalimenta e autoprocrea, quasi una partenogenesi di sali biliari compromessi.
Accade quando non trova sfogo, quando non trova bersaglio e dunque, non trovando oggetto su cui posarsi, ritorna al mittente, corrompendone ulteriormente l’umore.
E’ questo il meccanismo dietro quegli “haters” (effettivamente chiamarli “odiatori” è un atto di terrorismo linguistico, di scempio lessicale) che non trovano nulla di meglio da fare che riversare il proprio umore (biliare, si intende) all’unica platea che dia l’illusione di esistere anche quando, sostanzialmente e borgatariamente definendo… “non ti cagano di striscio“: Facebook e Social vari.
Ecco, insultare qualcuno su Facebook o su un social qualsiasi è davvero un atto che non stenterei a definire di autosodomia onanistica. Da un lato rendi evidente che, se ti riduci a insultare qualcuno in quel teatro è perchè non hai modo, coraggio o possibilità di dirglielo in faccia. Dall’altro perchè a tutti gli effetti non hai modo di constatare “de manu” se l’insulto è arrivato a segno (ecco l’autosodomia) e allora prosegui crogiolandoti nell’idea di quanto il bersaglio dell’insulto si sia incazzato a leggerlo (ed ecco l’onanismo).
E’ vero, non tutti meritano lo sforzo di essere insultati direttamente. Ma se insisti, prosegui e persisti, poi finisci per insultarti da solo. Qualche idiota magari ti riverbererà contribuendo al masturbatorio prosieguo della livido, ma chi ha un minimo di sale in zucca alla lunga se ne accorge che in testa hai solo odio.
Per l’amor del cielo: ci sono situazioni che non possono che sfociare nella rabbia e nel desiderio di colpire dove pensi che faccia più male.
Ma alla lunga, se insisti, quello che resta di te sono solo parole: tristemente livide e gettate nel vento dei social network dove, quando va bene, permangono per meno tempo di quanto occorra a leggere le successive.
Ci si vede in giro!
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