Legge di domanda e offerta: matematica dell’avidità

Microeconomia:
dicesi “domanda” la richiesta di un determinato bene da parte del “mercato” (ovvero l’insieme dei consumatori).
dicesi “offerta” la quantità di un determinato bene messa sul mercato da chi quel bene lo produce
La domanda varia con una certa elasticità in rapporto al prezzo, secondo una curva genericamente negativa.
L’elasticità di una domanda, indica con quale ampiezza la stessa risponde al variare del prezzo.
In pratica:
1) normalmente la richiesta di un bene diminuisce all’aumentare del prezzo.
2) l’ampiezza di questa diminuzione può essere maggiore o minore, a seconda di quanto il bene sia considerato fondamentale. Si va da una elasticità nulla a un’elasticità infinita (entrambe teoriche).
Un buon esempio di elasticità molto bassa, tanto da essere considerata nulla, è quella del petrolio. In questo caso infatti la domanda varia pochissimo al variare del prezzo. Si tratta di un bene considerato “di prima necessità”.
Un buon esempio di elasticità molto alta, può essere quello delle auto di fascia medio bassa. Se una marca aumenta troppo il prezzo, il mercato si sposta su quella di prezzo più basso.
Entrambe le cose possono essere rappresentate da due curve (una a testa), su un grafico. L’incrocio delle curve, determina il prezzo.
E qui parte l’inculata…
L’offerta varia sulla base di molti parametri, ma alla fine è quella che determina il prezzo, a seconda della quantità.
In pratica:
Data una quantità di un bene disponibile sul mercato, se l’offerta è superiore alla domanda, il prezzo scenderà (la svendita), viceversa, se la domanda è superiore all’offerta, il prezzo aumenterà, in misura maggiore con il bisogno di quel bene.
Ho scritto “bisogno” in rosso perchè è l’elemento chiave nell’inculata di cui sopra. Il bisogno determina quanto un bene venga richiesto. Di conseguenza, non avendo la maggior parte di noi potere sull’offerta, la domanda è l’unica cosa su cui possiamo agire.Sui beni primari c’è poco da fare: il bisogno di acqua, carburante, cibo, abiti con cui coprirsi, non è discutibile.
Ma su tutto il resto si!
Noi non abbiamo bisogno di champagne per dissetarci, ma di acqua. Non abbiamo bisogno di un cellulare da 500 euro per comunicare, ma di un telefono. Non abbiamo bisogno di una Mercedes per andare a lavorare ma di un’auto (se non è mercedes è audi, o bmw…)
Quelli che percepiamo come bisogni irrinunciabili sono molto spesso libidini inconsulte scatenate ad arte da quella pubblicità da cui nemmeno seduti sul cesso possiamo più sfuggire.
E questa è cosa ben conosciuta da chi gestisce il mercato. Gli oggetti oggi hanno un ciclo di vita brevissimo. Si chiama obsolescenza pianificata. Ovvero io che costruisco il tal oggetto, so benissimo che fra cinque anni tu che l’hai comprato non ne potrai fare a meno. Allora lo faccio in modo che non duri più di tale periodo, così poi tu ne comprerai un altro.
Noi però possiamo spezzare questo circolo vizioso. Sfuggendo alla moda, anche senza sottrarci alla ricerca del bello, del piacere e della raffinatezza.
Il nostro fruttivendolo ha avuto una crisi d’identità e si crede un orefice? Mandiamolo a cagare, spiegandogli l’uso che può fare delle carote al prezzo a cui pretende di venderle lui.
Abbiamo voglia di una sogliola ma il super ne vende solo a confezioni da due? Piantiamo un casino fino a che non ci danno una singola sogliola, e se non lo fanno non compriamola.
Il venditore di telefoni non ha il modello da 150 euro che vogliamo noi e insiste per venderci quello da 400? Spieghiamogli che può farne lo stesso uso delle carote del fruttivendolo.
Il nostro macellaio aumenta i prezzi della carne perchè tutti vanno da lui? Spieghiamogli (in modo che tutti sentano nel negozio) che il suo concorrente vende la stessa carne ancora al prezzo vecchio e noi andremo da lui.
Il prezzo lo fa chi crede di essere in regime di monopolio, o chi veramente lo detiene. Non crediamo a quei deficenti dell’Istat che dicono che l’inflazione in Agosto è calata. Non è vero! Il prezzo dei carburanti ha fatto finta di scendere di pochi millesimi per poi risalire di alcuni centesimi. L’inflazione non può calare a queste condizioni.
Compriamo l’auto di cui abbiamo bisogno, non quella dei nostri sogni (che poi non sono nemmeno nostri), e non perchè i posaceneri di quella vecchia sono pieni, ma perchè il costo per chilometro è diventato troppo elevato.
Occorre far precipitare la domanda, per far scendere il prezzo. Scriviamo ai giornali, scriviamo ai forum su internet, sui blog, che vogliamo un’auto elettrica. Qualche produttore snifferà l’affare e forse funzionerà.
Da soli non riusciamo a combinare nulla. Ma se aspettiamo che sia qualcun altro a cominciare per poi aggregarci siamo fregati.
Ma questo è un altro paio di maniche.
Le tue ultime frasi Franz mi hanno ricordato una bella frase in un film di cui non ricordo il titolo: il protagonista è un nobile decaduto cacciato ed esiliato dal re di Francia per motivi politici. Si mette a combattere i soprusi del re prendendo il comando di una nave corsara e depredando le sue navi. Alla domanda del suo comandante in seconda che gli chiede perchè si metteva contro il re rischiando la vita, egli risponde che voleva mettere fine ai suoi soprusi che il re continuava, noncurante, a perpetrare verso chi non gli andava a genio.
Al che il suo comandante in seconda gli dice “si rende conto che è da solo?” … lui risponde “mi piace pensare di essere il primo”.
A me basterebbe non essere l’unico….
Caro Franz,
partendo da un approfondimento didattico delle basi dell’economia, sei arrivato a conclusioni che già da tempo sono note a chi gestisce aziende e offre servizi di consulenza ai “produttori” di quei beni che noi consumatori andiamo a comprare.
Si chiama Marketing comportamentale.
Ovvero quando trovi un bene a un certo prezzo (a parte forse il macellaio) non considerare che quel prezzo sia determinato dalla domanda e dall’offerta, ma dal risultato di un’equazione statistica di “reazione della popolazione” di fronte a un prezzo. In altre parole qualcuno si è già preso la briga di calcolare su campione statistico molto significativo (basta pensare a tutte le tessere dei supermercati che con la scusa dei premi acquisiscono informazioni dettagliatissime sulle nostre abitudini: quando vai a fare la spesa, quello che compri, quanto tempo ti dura un tubetto di dentrificio, quanto sei attento ai messaggi promozionali all’interno del punto vendita…) la quantità di prodotti che vende in più o in meno variando il prezzo del bene. E’ così che nella prima metà degli anni ’80 per esempio, più o meno a caso, si cominciano a vedere prezzi non “tondi” (99.000 lire 49.000 lire e oggi 5,99€ o 99 euro; il cellulare non costa 400 euro, se guardi bene sono 499!).
Per il resto condivido la scelta di cambiare fruttivendolo e ostinarsi a non voler prendere un telefono che non mi serve, ma le carote a 2,49 euro o il cellulare da 1500euro o ancora l’auto a 200.000€ non costano così per l’eccesso della domanda rispetto all’offerta, non credi?
Pienamente d’accordo e allineato.
Il cello e l’auto dal prezzo sproporzionato costano così per altri motivi, propio derivati e “creati” da chi il marketing ben conosce. Lo Status Symbol è qualcosa di talmente radicato all’interno della psicologia odierna, tanto basata sull’apparire, che difficilmente potrà mai tramontare. Anche perchè il valore del simbolo non è qualcosa di volatile.
D’altronde anche la ricerca del bello e del raffinato non è qualcosa di casuale. E quando un oggetto può essere annoverato nelle due categorie di cui sopra, non può che avere un prezzo elevato, ma in questo caso parlerei di valore, più che di prezzo. Un po’ la stessa differenza che c’è tra lo “spendere” di chi è povero, e l'”investire” di chi è ricco.