La fedeltà, questa sconosciuta, e sua sorella lealtà, ancora più sconosciuta.

Par­lia­mo di un prin­ci­pio par­ti­co­la­re, una cosa chia­ma­ta fedeltà.

Come sem­pre amo par­ti­re dal­le paro­le, dai suo­ni, e in que­sto caso “fede­le” ha la sua radi­ce in “fede”. “Fides”, la fede, ovve­ro qual­co­sa più del sem­pli­ce cre­de­re, l’es­ser per­sua­so da.

“Per­sua­de­re” vie­ne dal­la con­giun­zio­ne del­la par­ti­cel­la “per”, che indi­ca in que­sto caso il com­pi­men­to del­l’a­zio­ne, ma con­fi­gu­ra anche qual­co­sa che attra­ver­sa, e “sua­sus”, una paro­la lati­na che affon­da le sue radi­ci nel San­scri­to “sva­dus” o “sva­da­mi”, che indi­ca “dol­ce” o “pia­ce­re”. Per­sua­de­re con que­ste con­no­ta­zio­ni potreb­be esse­re tra­dot­to con “attra­ver­sa­re con il pia­ce­re” o anche “com­pie­re con dolcezza”.

Ave­re fede dun­que, signi­fi­can­do esse­re per­sua­si di qual­co­sa, potreb­be esse­re anche visto come “far­si attra­ver­sa­re” con dolcezza.

Ma da cosa? Dal­l’og­get­to del­la fede. In altre paro­le la fede è qual­co­sa che ci attra­ver­sa. E per­chè qual­co­sa pos­sa attra­ver­sar­ci com­ple­ta­men­te occor­re che noi ci si abban­do­ni a ciò che ci deve attraversare.

Fedel­tà dun­que non ha il bece­ro signi­fi­ca­to dato nel­la con­ce­zio­ne odier­na del­la soa­po­pe­ri­sti­ca “cop­pia”, non ha nul­la a che vede­re con la man­can­za di tra­di­men­to, ben­sì quel­lo di fiducia.

Esse­re fede­li signi­fi­ca fidar­si. Di qual­co­sa o di qual­cu­no, e far­lo lascian­do­si attra­ver­sa­re completamente.

Da qui deri­va, alme­no riten­go, il con­cet­to di “leal­tà”. Qual­co­sa di ben cono­sciu­to nel cor­po dei mari­nes, in cui cia­scun uomo sa oltre ogni dub­bio, che tor­ne­rà sem­pre a casa, anche se cada­ve­re, per­chè i suoi com­pa­gni non lo lasce­ran­no mai solo.

Anco­ra una vol­ta una que­stio­ne di fede. Una fidu­cia che non abbi­so­gna di alcu­na pro­va, in quan­to assoluta.

Qual­co­sa che una vol­ta dato non potrà esse­re mai riti­ra­to, nè tradito.

E non per­chè vi sia una leg­ge che lo vie­ta, ma per­chè è così che è.

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