Ricerca della Verità e meditazione 10 – la sfiga della vanità
Già il termine “vanità” si autodenuncia: vano come inutile, vacuo, vuoto.
Tanto è vero che il termine vano si usa anche per indicare un locale vuoto. Nel nostro caso occorre proprio fare un ragionamento binario. La vacuità che rischia di riempire così tanto un uomo che alla fine lo stesso si trova vuoto.
Non stiamo qui parlando ovviamente della vanità estetica, o che fa riferimento a chi si vanta di un proprio attributo, quanto di quella vanità che induce un essere umano a pensare di sapere tutto su se stesso e su ciò che lo circonda.
L’inganno su se’ stessi insomma. Già perchè alla fine, la prima verità da ricercare, o meglio quella da cercare con più energia ed accanimento, è quella su chi si sia realmente, ed è mediamente qui che casca l’asino (in senso strettamente metaforico).
Per le sfighe elencate nei post precedenti, generalmente pochissimi o nessuno si mette a cercare la verità su se stesso, perchè semplicemente… non ritiene che ne esista una diversa da quella che già conosce.
Qui non si parla di scoprire chi o cosa si sia stati in altre vite. Si parla di scoprire chi si sia in questa.
Per fare questo però occorre che almeno una volta nella vita un essere umano si faccia venire un dubbio. Poco importa quale, ma occorre che quel dubbio rimanga fondamentalmente radicato nel proprio essere.
Il dubbio, come terzo elemento estraneo alla matematica binaria, non è un attributo della mente ordinaria, la quale è capace di lavorare esclusivamente su “si” e “no”, “0” e “1”.
Il dubbio è qualcosa che esula dal cervello fisico, checchè se ne possa pensare, e viene prodotto dallo “scontro” della mente con… qualcos’altro.
Ecco perchè è tanto importante farsene venire uno, di tanto in tanto.
Alla prossima
Il cartoon è semplicemente fantastico.
😉 Thanks
Scopro per la prima volta il sito “Francescoamato”, ed ammetto di aver letto con stupito piacere l’articolo del 2 novembre sulla “ricerca delle verita’ “.
Il titolo forse trae un po’ in inganno, rispetto al tema. Tema che confesso mi appassiona, e del quale condivido appieno l’analisi. In passato mi sono trovato a fare lo stesso tipo di considerazione, confrontando la “propensione al miglioramento” che fino a qualche decennio orsono istigava all’attivita’, rispetto all’ottusa idea, oggi dilagante, di essere, ogniuno, unico e perfetto.
Idea forse trumentalizzata (ed acuita) da pubblicita’ e mercato.
Mi chiedo se cominciando a guardare meglio noi stessi, e capendo anche come ci “contestualiziamo”, non si avrebbe un (notevole) miglioramento di tutta la societa’.
Grazie, e’ stato piacevole leggere e pensare sull’articolo.
Grazie, indubbiamente… con riferimento al suo dubbio sulla conseguenza per la società di una più profonda indagine su se stessi, ritengo che il miglioramento sarebbe inevitabile. Ho sempre sostenuto che la società è formata dalla gente, ma la gente a sua volta è formata da persone.
Ritengo che la diffusione di un cambiamento non possa che prender atto dal singolo, dalla persona. Il tempo di propagazione del cambiamento poi può variare, in conseguenza del numero di persone che in tempi vicini operano un cambiamento simile, e dai gradi di separazione tra le stesse.
per quelli a cui vengono dubbi consiglieresti un pò di vanità, come cura?
… direi che la cura migliore sia quella di continuare a farseli venire.. n’est pas?