In questi giorni in cui tutta l’attenzione dell’informazione è rivolta alla tragedia del terremoto in Abruzzo, alcune notizie che parlano di altri fatti tragici, di ingiustizia e dolore, rischiano di passare completamente inosservate.
In questo articolo sul Corriere si parla della tigre di Sumatra, che vive all’interno della foresta vergine in Indonesia, foresta ormai vergine solo nel nome. Infatti il 74% di questo patrmonio naturale non esiste più, caduto in più di 30 anni, sotto i colpi d’ascia, quasi sempre illegali, delle multinazionali del legname.
Negli ultimi anni la situazione ha raggiunto un punto critico e le tigri che vivono nella foresta, il cui numero dagli anni 90 ad oggi è sceso dai 1000 esemplari a circa 350, aggrediscono sempre più frequentemente l’uomo per sfamarsi, vista l’ovvia scarsità di cibo che si ritrovano vedendo il loro habitat scomparire drammaticamente.
Non possono fare altro, cercano di sopravvivere, arrivando negli ultimi mesi ad uccidere una media di un uomo alla settimana, per lo più boscaioli che lavorano per conto delle multinazionali ma anche gente del luogo che vive vicino alla foresta. I numeri sono impressionanti: negli ultimi due anni 55 persone sbranate, 15 tigri uccise e 17 catturate vive.
Una piccola guerra che vede questi fieri animali, tanto belli quanto implacabili, tentare di resistere. Ma è una guerra già persa, prima o poi la tigre di sumatra soccomberà se l’uomo non smetterà di portare avanti lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali. E questo è solo uno dei tanti esempi in cui la cieca corsa al profitto veloce e facile si manifesta, producendo sofferenza ed ingiustizia. Ed il fatto che in questo caso si tratti di animali carnivori, e non di morti in un terremoto, non riesce a farmi guardare questa situazione in modo meno preoccupato.
Mi chiedo perché, oltre a scrivere un breve pezzo sul giornale, nelle cui pagine se lo si vuole vendere bisogna pur scrivere qualcosa, nessuna voce autorevole si alzi se non quella, sempre emarginata, delle associazioni ambientaliste. Perché gli stati occidentali in cui risiedono queste multinazionali, che operano illegalmente nello sfruttamento delle risorse dei paesi poveri, non dicono nulla?
Mi chiedo perchè non si possa fare una legge che permetta di opporsi, a livello sia nazionale che internazionale, a nefandezze come questa, perpetrate spesso all’interno di paesi i cui governi sono troppo indebitati rispetto a quelli occidentali per potervisi opporre. Ma mi rendo conto che è solo un’utopia. Mi fa male constatare che in una società dove imperversano i reality, dove si fa audience sulla tragedie dei terremotati (vedi il tg1 dell’altro giorno), la tigre di sumatra non può trovare spazio ed è presto destinata a stare, eventualmente, solo in qualche zoo.
Tigre di Sumatra: in via di estinzione a causa delle multinazionali del legname – by Ilia
In questi giorni in cui tutta l’attenzione dell’informazione è rivolta alla tragedia del terremoto in Abruzzo, alcune notizie che parlano di altri fatti tragici, di ingiustizia e dolore, rischiano di passare completamente inosservate.
In questo articolo sul Corriere si parla della tigre di Sumatra, che vive all’interno della foresta vergine in Indonesia, foresta ormai vergine solo nel nome. Infatti il 74% di questo patrmonio naturale non esiste più, caduto in più di 30 anni, sotto i colpi d’ascia, quasi sempre illegali, delle multinazionali del legname.
Negli ultimi anni la situazione ha raggiunto un punto critico e le tigri che vivono nella foresta, il cui numero dagli anni 90 ad oggi è sceso dai 1000 esemplari a circa 350, aggrediscono sempre più frequentemente l’uomo per sfamarsi, vista l’ovvia scarsità di cibo che si ritrovano vedendo il loro habitat scomparire drammaticamente.
Non possono fare altro, cercano di sopravvivere, arrivando negli ultimi mesi ad uccidere una media di un uomo alla settimana, per lo più boscaioli che lavorano per conto delle multinazionali ma anche gente del luogo che vive vicino alla foresta. I numeri sono impressionanti: negli ultimi due anni 55 persone sbranate, 15 tigri uccise e 17 catturate vive.
Una piccola guerra che vede questi fieri animali, tanto belli quanto implacabili, tentare di resistere. Ma è una guerra già persa, prima o poi la tigre di sumatra soccomberà se l’uomo non smetterà di portare avanti lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali. E questo è solo uno dei tanti esempi in cui la cieca corsa al profitto veloce e facile si manifesta, producendo sofferenza ed ingiustizia. Ed il fatto che in questo caso si tratti di animali carnivori, e non di morti in un terremoto, non riesce a farmi guardare questa situazione in modo meno preoccupato.
Mi chiedo perchè non si possa fare una legge che permetta di opporsi, a livello sia nazionale che internazionale, a nefandezze come questa, perpetrate spesso all’interno di paesi i cui governi sono troppo indebitati rispetto a quelli occidentali per potervisi opporre. Ma mi rendo conto che è solo un’utopia. Mi fa male constatare che in una società dove imperversano i reality, dove si fa audience sulla tragedie dei terremotati (vedi il tg1 dell’altro giorno), la tigre di sumatra non può trovare spazio ed è presto destinata a stare, eventualmente, solo in qualche zoo.
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