Respirare la libertà – by Valeria
Filtra un raggio di sole attraverso la finestra… quando ero bambina non mi perdevo un gioco di luce, assorbivo integralmente ogni istante di vita.
Anche le cose brutte o quelle inquietanti mi aderivano addosso, la curiosità prevaleva sulla paura.
Un giorno imparai che esistono strade di minor resistenza, imparai ad adattare i miei comportamenti alle richieste degli adulti.
Loro pretendevano da me delle cose che io non comprendevo: che io salutassi in quel certo modo o non rispondessi in quell’altro… io eseguivo e, come per incanto, il clima si rasserenava.
Scoprii che dando loro corda potevo continuare a respirare la vita senza alcuna perturbazione esterna, senza impedimenti.
Negli anni successivi perfezionai la tecnica di adattamento eppure diventava sempre meno efficace: cercavo di inseguire le aspettative del mondo adulto ma, purtroppo, raggiunta l’adolescenza, qualunque tentativo di soddisfarle aveva sempre meno successo, non bastava mai.
L’energia che perdevo nel tentativo di non deludere era immensa e la vita cominciò a scivolarmi fra le mani.
Quanto più cercavo di adeguarmi al modello di “brava bambina” tanto più qualcosa dentro di me si ribellava, si annoiava, si intristiva, si svuotava, perdeva il passo.
Si aprì allora un baratro silenzioso, muto, incomunicabile e incolmabile che segnò l’inizio della mia solitudine.
Nel frattempo anche i ragazzi attorno a me crebbero e divennero adulti; sfiorivano, si incurvavano e pretendevano a loro volta di non essere delusi.
Credevo che avrebbero desiderato sincerità, pulizia, limpidezza di intenti, e invece no. Pretendevano soltanto di non essere delusi. Come i loro padri, come le loro madri.
Dimenticarono presto l’integrità di quand’erano bambini. Dimenticarono di aver avuto percezioni più nitide della vita, di questo immenso fiume che scorre e non c’è argine che lo possa trattenere.
Persero di se stessi i ricordi dei momenti più felici, della vera gioia che sfugge non appena si cera di trattenerla ma che ci investe come un’esplosione quando si è liberi interiormente.
Così isolata arrivai a considerare che avessero ragione loro.
Ma ben presto compresi che l’uomo ha un po’ meno catene di una donna, che è un po’ più libero, non di molto forse, ma un po’ si. E questa differenza mi ferì nel profondo, non la comprendevo, non riuscivo a trovarci un nesso.
Allora meglio il burka, pensavo, almeno questa disparità si mostra per ciò che è.
Senza quel burka, e in nome di una parità mai esistita, ero costretta a sobbarcarmi anche quegli oneri che tradizionalmente spetterebbero all’uomo ma… senza onori.
Mi mancò il fiato, letteralmente; venne meno la voglia di proseguire.
Perché continuare se mi era negata la cosa più importante della vita? Ovvero la possibilità di esprimermi?
E in effetti mi ammalai, ma tutto qui. Non una malattia mortale. Una come tante, lunga, noiosa, ma io ero viva. Forse, pensai allora, c’è ancora qualcosa che devo fare, qui in questa vita.
Fu quello il momento in cui mi armai di pazienza, presi sulle spalle il mio fardello (che apparentemente era solo mio… tutti i miei coetanei si erano perfettamente trasformati e integrati nel sistema) e iniziai il mio cammino.
…Un passo dopo l’altro, una caduta dopo l’altra, un rialzarsi faticoso ogni volta, senza sapere perché, senza immaginare dove ero diretta e a cosa valesse tanto sforzo.
Un giorno ebbi fortuna, o forse la volontà prima o poi da qualche parte conduce…
Incontrai altre persone che camminavano nella stessa direzione. Non fu facile riconoscerle ma continuando nel mio tragitto osservai che il loro percorso nel tempo non divergeva dal mio.
Ripresi a respirare, e a pieni polmoni; mi tornò la voglia di ridere, e ridendo e respirando, respirando e ridendo, ad un certo punto scoprii che la vera libertà la contenevo nel cuore.
L’avevo cercata attorno a me per tanto tempo e invece era sempre stata lì, al mio interno, dentro di me.
L’unico vero spazio di libertà non mi aveva mai abbandonata, mi aveva accompagnata continuamente; soltanto che io, ad un certo punto della mia vita, avevo perduto la capacità di ascoltarlo.
Mammamia… Valeria, come ti capisco… mi è successa la stessa cosa ed anch’io mi sono ammalata, ho subito un’intervento e per un paio di mesi ho avuto una gran paura di avere il cancro, poi si è risolto tutto per il meglio… dopo quasta brutta avventura ho continuato la mia vita sempre cercando di soddisfare le aspettative delle persone che avevo attorno… fino allo scorso anno quando un caro amico mi ha letteralmente scrollata costringendomi ad uscire dal mio guscio creato apposta per gli altri e mettendomi di fronte alla mia vera natura, ti chiederai com’ha fatto… semplice, si è “aperto” facendosi percepire… io che credevo di essere sola ho scoperto un mondo di persone come me, ho smesso di camminare in cerchio ed ho cominciato il mio percorso assieme a loro, hai proprio ragione, non è affatto facile riconoscerle… ma ora la mia vita è cambiata molto, sono libera e sono felice.
Grazie, Valeria… un abbraccio.
Grazie a te e ricambio l’abbraccio con tutto il cuore 🙂
il tuo dolore è il mio strazio
Dolore? Realismo, non dolore…
Grazie per il passaggio e per il commento… 🙂