Sentire lo spazio.
Seduto in silenzio, semplicemente respiro. Testimone dapprima silente, intervengo dopo un po’ per allungare le fasi.
Senza fretta. Con dolcezza, una carezza dopo l’altra, il respiro si allunga come le carezze sul capo di una donna i cui capelli crescono a vista d’occhio.
Prima un tempo, poi un po’ di più… poi ancora di più.
E nel concentrare l’attenzione sul respiro, il corpo si fa immobile. Il pensiero si allontana, in sottofondo, dissolvenza sfumata da un misterioso DJ interiore.
Dopo qualche tempo, l’attenzione si sposta dal respiro. Prima era lineare, ora è una sfera. I confini del corpo, non più percepiti, generano una strana condizione, come essere sospesi per aria.
Ma la sfera di percezione è lì, anch’essa sfumata. Tutto, intorno, è fermo ma anche vibrante. C’è un suono che riempie lo spazio, un suono lontano.
Nell’ascoltare quel suono, lo spazio si allarga di colpo.
L’intera casa entra all’interno di chi ascolta. Un’espansione improvvisa, quasi sorprendente. Ma l’emotivo è fermo quanto il pensiero e nulla accade, se non la dilatazione di confini percettivi ora evanescenti.
Mi ritrovo al centro del capo e contemporaneamente in tutto lo spazio che percepisco. Non vi è differenza.
E’ forse per questo che la percezione si fa di colpo ancora più spaziosa. Anche i muri della casa hanno cessato di esistere ed ora la sfumatura esterna del campo percettivo, flangia impalbabile di un “me” non riconoscibile, lentamente, si ritrae fino a cadere d’un tratto nuovamente al centro del capo.
Una bellissima luna mi saluta nel silenzio della notte.
Bello!
Grazie
Molto bello davvero!
Senti caro, ma il suono che senti è quello del ‘silenzio’?!