Il suono nelle arti marziali. Il Tau Tau e lo shamanesimo cinese

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Dif­fi­ci­le par­la­re del­lo sha­ma­ne­si­mo, se non par­ten­do dagli albori.

La tra­di­zio­ne sha­ma­ni­ca è mol­to anti­ca. Anzi, for­se una del­le più anti­che for­me riguar­dan­ti il mon­do del­l’in­tan­gi­bi­le. Si tro­va­no trac­ce di que­sta cul­tu­ra risa­len­ti addi­rit­tu­ra a poco dopo la com­par­sa del­l’­Ho­mo Sapiens, nel neo­li­ti­co e nel mesozoico.

Lo Sha­ma­ne­si­mo è dif­fu­so in tut­to il mon­do, dal­la cul­tu­ra Inuit a quel­la suda­fri­ca­na e da quel­la Giap­po­ne­se a quel­la Nord Americana.

Lo Sha­ma­no, figu­ra chia­ve, è di fat­to colui (o colei) che si occu­pa di comu­ni­ca­re per con­to del­la tri­bù con il mon­do degli spi­ri­ti. Per fare que­sto uti­liz­za diver­se meto­di­che, dal­l’as­sun­zio­ne di sostan­ze allu­ci­na­to­rie alla pra­ti­ca di riti di ogni tipo.

La sostan­za tut­ta­via non cam­bia. Lo sco­po è quel­lo di dia­lo­ga­re con il mon­do del­l’in­tan­gi­bi­le. Il che può far facil­men­te com­pren­de­re come e per­chè que­sta tra­di­zio­ne si sia svi­lup­pa­ta nel­la qua­si tota­li­tà del­le popo­la­zio­ni anti­che. Super­sti­zio­ne o reli­gio­ne, per­ce­zio­ne o pau­ra, sfi­do chiun­que a non aver sen­ti­to alme­no una vol­ta nel­la vita il biso­gno di pre­ga­re una qua­lun­que for­ma di pre­sen­za superiore.

In Cina, in par­ti­co­la­re, lo Sha­ma­ne­si­mo ha la sto­ria scrit­ta più anti­ca che si cono­sca. Risa­lia­mo addi­rit­tu­ra al sedi­ce­si­mo seco­lo pri­ma di Cri­sto. Come for­ma di comu­ni­ca­zio­ne con il mon­do del­l’in­vi­si­bi­le, pro­prio in Cina, o meglio in Mon­go­lia, lo sha­ma­ne­si­mo “inqui­na” diver­se tra­di­zio­ni influen­zan­do movi­men­ti impor­tan­ti come la tra­di­zio­ne Bon e per­si­no il Bud­d­hi­smo Tibe­ta­no, spe­cial­men­te in Nepal, Tibet e Mon­go­lia, appun­to, dove duran­te la dina­stia Yuang e Qing divie­ne, insie­me a que­st’ul­ti­mo, una for­ma di reli­gio­ne ufficiale.

Lo Sha­ma­ne­si­mo si evol­ve, ovvia­men­te, rispet­to alla pre­i­sto­ria, ma il suc­co rima­ne sem­pre quel­lo; il con­tat­to con il mon­do sot­ti­le. I fini e gli sco­pi di que­sti con­tat­ti sono inin­fluen­ti e pos­so­no esse­re sia beni­gni che mali­gni. Vale a dire che par­lia­mo di magia nera, bian­ca o ros­sa sen­za distin­zio­ne; essen­do il con­tat­to dipen­den­te dal sin­go­lo indi­vi­duo, gli sco­pi e le con­se­guen­ze di tale con­tat­to dipen­do­no uni­ca­men­te dal­la natu­ra del­lo Shamano.

Nel­la Mon­go­lia inter­na, in un arco di tem­po non spe­ci­fi­ca­to, lo sha­ma­ne­si­mo incon­tra diver­se anti­che tra­di­zio­ni, oltre al bud­d­hi­smo tibe­ta­no. In par­ti­co­la­re alcu­ne for­me di pre­ghie­ra ritua­le pro­ve­nien­ti dal­le zone del­la Tur­chia e del­l’Af­gha­ni­stan. Qui la com­po­nen­te musi­ca­le o sono­ra, fon­da­men­ta­le nel­lo sha­ma­ne­si­mo fin dal­le ori­gi­ni, subi­sce un ulte­rio­re poten­zia­men­to, ed è pro­prio in que­ste zone e in que­ste epo­che che nasce il Tau Tau.

Il Tau Tau deve il suo nome alla tra­sli­te­ra­zio­ne ono­ma­to­pei­ca del suo­no pro­dot­to da un tam­bu­ro piut­to­sto pic­co­lo ma dal tim­bro pro­fon­do, mol­to simi­le al “tam­bu­ro par­lan­te”, in cui la varia­zio­ne tona­le è otte­nu­ta pre­men­do con il brac­cio sui tiran­ti del­le pelli.

La pra­ti­ca del Tau Tau cor­ri­spon­de per lo più all’in­stau­ra­zio­ne di uno sta­to di tran­ce medi­ta­ti­va in cui lo sha­ma­no acce­de, tra­mi­te il suo­no del tam­bu­ro, det­to “Mesul”, ad una con­di­zio­ne di pos­si­bi­li­tà diver­sa. A quan­to risul­ta dai pochi docu­men­ti rin­ve­ni­bi­li, que­sta con­di­zio­ne vie­ne gene­ra­ta dal­l’ac­ces­so ad una qual­che sor­ta di ener­gia pri­mor­dia­le uni­ver­sa­le, stret­ta­men­te col­le­ga­ta alla dimen­sio­ne sessuale.

Al di là del­le roman­ze­sche descri­zio­ni, peral­tro rare, rin­ve­ni­bi­li nel­la let­te­ra­tu­ra cine­se anti­ca, le pos­si­bi­li­tà gene­ra­te da que­sta pra­ti­ca era­no desti­na­te al domi­nio del­la mate­ria tra­mi­te vei­co­la­zio­ne media­ni­ca di enti­tà o ener­gie extra­cor­po­ree, sen­za alcun tipo di riguar­do per la natu­ra del­le stesse.

Il pra­ti­can­te di Tau Tau veni­va descrit­to spes­so come qual­cu­no che anda­va a sfi­da­re leg­gi ed ener­gie dif­fi­cil­men­te con­trol­la­bi­li ma sicu­ra­men­te dal poten­zia­le peri­co­lo­so enor­me. Ciò nono­stan­te, in alcu­ni trat­ta­ti risa­len­ti alla dina­stia Chou, e giun­ti solo in for­ma di fram­men­ti, si leg­ge come que­sti pra­ti­can­ti sareb­be­ro sta­ti a vol­te uti­liz­za­ti per inse­gna­re alcu­ne del­le loro tec­ni­che alle “Eli­te” mili­ta­ri dell’epoca.

Cosa che spie­ghe­reb­be anche mol­te del­le cose che oggi ci arri­va­no come fan­ta­sia nei clas­si­ci film cinesi.

Nel­la pra­ti­ca del Tau Tau più evo­lu­to però, lo stru­men­to uti­liz­za­to non è più il tam­bu­ro, è una spe­cie can­to inte­rio­re, di pul­sa­zio­ne, mol­to par­ti­co­la­re, gene­ra­ta all’i­ni­zio dal­la voce e poi, man mano che aumen­ta il con­trol­lo di que­sta tec­ni­ca, solo a livel­lo men­ta­le. Que­sta pul­sa­zio­ne, vie­ne impres­sa median­te un pro­ce­di­men­to occul­to par­ti­co­la­re, vie­ne impres­sa sul­l’es­sen­za ener­ge­ti­ca del­la mate­ria, come su una spe­cie di matri­ce che ven­ga mes­sa in riso­nan­za dal­l’e­ner­gia di chi pratica.

Nei testi anti­chi che sono vera­men­te pochi, giun­ti fino a noi, vie­ne descrit­to come dei pra­ti­can­ti esper­ti di Tau Tau fos­se­ro in gra­do di gene­ra­re una sor­ta di cam­po intor­no a loro, a livel­lo psi­chi­co, all’in­ter­no del qua­le ogni ener­gia, dal­la più den­sa alla più sot­ti­le era com­ple­ta­men­te sot­to il loro domi­nio, il che non è asso­lu­ta­men­te poco.

Oggi que­st’ar­te è qua­si com­ple­ta­men­te scom­par­sa ma non del tut­to, dato che pos­so assi­cu­ra­re, per espe­rien­za per­so­na­le che qual­cu­no è anco­ra in gra­do di evo­ca­re que­sta for­ma di ener­gia estre­ma­men­te peri­co­lo­sa ed al con­tem­po estre­ma­men­te effi­ca­ce. E gli effet­ti scon­fi­na­no drit­ti drit­ti nel cam­po del­la magia.

Però di que­sta cosa cui ho assi­sti­to vi par­le­rò maga­ri un’al­tra volta.

Ci si vede in giro!

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Fede

e lo sha­ma­ne­si­mo del cen­tro america?