I dubbi esistenziali: le dimensioni contano? – By Sting
Ultimamente le mie frequentazioni femminili stanno languendo un po’, per cui ho il tempo di dedicarmi a letture più… impegnative; e L’universo elegante di Brian Greene ne fa parte.
E’ un libro che, a mio parere, ha il pregio di esporre teorie “di frontiera” della fisica con un linguaggio chiaro che compensa molto bene i passaggi a volte ostici, per chi come me non mastica la matematica. Tra l’altro ne è stato tratto un bel documentario, per chi faticasse a leggere..
Vengono spiegate, dall’immensamente grande all’infinitamente piccolo, le teorie di Galileo, di Einsten fino al regno della meccanica quantistica, dove spazio, tempo, e perfino la stessa forma fisica non hanno più il significato che siamo usi attribuir loro. Teoria delle stringhe, universi multidimensionali (fino a 11 dimensioni), “arrotolati” su sè stessi, che permeano la trama di questo universo, in “gomitoli” mostruosamente piccoli.
Un passaggio mi ha colpito nel profondo: a queste scale, (di Planck, ovvero 10 elevato alla ‑33) le leggi fisiche che noi conosciamo, semplicemente cessano di funzionare.
Le particelle, o gli universi costituenti l’Universo sono così piccoli che se li portassimo alle dimensioni di una mela, un singolo atomo, per mantenere la proporzione, raggiungerebbe le dimensioni dell’Universo conosciuto. Roba da far girare la testa molto più della bionda del terzo piano…
E poi le teorie sui buchi neri, per i quali si comincia a ipotizzare che corrispondano, in “altri” Universi, a buchi bianchi, che immettono la materia che i “nostri” buchi neri inghiottono, veri e propri ponti tra universi paralleli.
E’ qui dove la mente vacilla che crollano le ultime certezze riguardo l’oggettività di un’esistenza materiale di noi stessi (e, ovviamente di ciò che ci circonda).
Proviamo per un’attimo a figurarci miliardi di universi, ognuno contenuto in un quark contenuto in un protone, contenuto in un’atomo di carbonio costituente un pelo del nostro naso, come nell’immagine tra due specchi che si fronteggiano. Ogni universo con le sue leggi, la sua fisica e i suoi abitanti.. “unici” figli del loro Dio.
Se riusciamo ad immaginare tutto questo, oltre ad arrivare a consumare imponenti quantità di Jack Daniels, potremo anche riconsiderare seriamente tutte le “certezze” riguardo la nostra esistenza.
Quanto è grande, quanto pesa l’anima? di cosa è fatto lo spirito? e il pensiero, le emozioni? Ha senso negare qualcosa che non si vede, considerato che con i più sofisticati strumenti arriviamo a cogliere “pezzi” di materia indicibilmente grandi rispetto alla scala di Planck?
Non potrebbe Dio stesso essere qualcosa che in questo universo non è neanche percepibile strumentalmente, ma comunque contenere ed esprimere tutto il potere e l’immanenza, che qualcosa di radicato nell’essere umano gli attribuisce?
E l’Amore, l’amor che move il sole e l’altre stelle, quanto è grosso?
Veramente roba da far girar la testa Sting.
L’ho letto anch’io, ma mi ha deluso. Tutta la trattazione degli spazi di Calabi-Yau è piuttosto evanescente, nel senso che non l’ho capita. Colpa mia? Non lo so, ma come disse Einstein: “se veramente hai compreso un concetto devi essere in grado di spiegarlo a chiunque, anche al più zotico dei lettori”.
Ciao Sting,
“L’universo elegante” l’ho letto anch’io e anch’io provo sempre una sensazione di sbigottimento di fronte alle dimensioni dell’infinitamente piccolo e infinitamente grande…
Però mi toglieresti una curiosità? Davvero ritieni che “L’universo elegante” sia una lettura più impegnativa del leggere una donna?
Sei un uomo strano eh! Sostengono tutti il contrario… 🙄
Beh, non si può certo dire PIU’ impegnativa, solo si devono applicare altri “talenti”, tra i quali la matematica mi difetta…
E poi “come in alto così in basso”, ogni essere umano è nelle sue insondabili profondità un piccolo universo.. anche se ora dire piccolo perde di significato!
Un’abbraccio Valeria.
Abbracci :bye: