Entropia, meccanicità e strani attrattori: la tensione verso il minimo sforzo
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La definizione di entropia è un tantinello complessa e per giunta cambia parecchio, a seconda che a fornirvela sia un matematico, un fisico o qualcun altro.
Diciamo che in senso lato l’entropia, un concetto introdotto nel 1864 da Rudolph Clausius in un suo famoso trattato, può essere definita come la tendenza di un sistema chiuso a raggiungere una condizione di equilibrio.
Un sistema (inteso come insieme di entità interagenti) viene considerato chiuso quando non può scambiare energia all’esterno di se stesso.
Abbiamo un universo. Consideriamolo infinito. All’esterno non c’è nulla, dato che non esiste un esterno, ergo è un sistema chiuso.
L’universo tenderebbe quindi, di riffa o di raffa, ad una condizione di equilibrio, ovvero alla massima entropia.
L’entropia è qualcosa di veramente universale. Una tendenza riscontrabile in tutto ciò che è fisico. L’energia (per lo meno nelle forme da noi osservabili) tende sempre a fluire da una fonte che ne ha di più ad una che ne ha di meno. Si comporta così l’energia elettrica, i fluidi (tutti). Ma anche diverse forme di energia, come quella emotiva, quella del pensiero…
Persino l’attenzione sembra in qualche modo tentare di raggiungere una condizione di equilibrio: senza una volontà a sostenerla… tende a zero.
Tutto questo universo fisico sembra strutturato per appiattire, livellare, equilibrare l’energia in tutte le sue forme.
Eppure le stelle continuano a nascere, gli uomini pure, le emozioni anche…
Qualcosa continua a creare, ma quello che c’è tende immediatamente a una condizione di equilibrio.
Forse è questa la ragione per cui anche l’uomo tende a lasciarsi andare, a lasciarsi trascinare dalla vita, a non fare nulla per cambiarla; l’energia a disposizione per cambiare le cose non è infinita e ad un certo punto si esaurisce.
Metti in campo un progetto, vuoi arrivare ad un obiettivo. Ma per strada trovi degli ostacoli. Forse dei buchi, dei punti in cui l’energia è più bassa.
Sono quei punti in cui la spinta che hai messo nella volontà cala di colpo. Perchè cerca di equilibrarsi ed in quei punti c’è come un vuoto, che l’energia tende a riempire.
Allora ci devi mettere uno sforzo supplementare. Devi fornire ancora più energia, perchè quel vuoto non risucchi la tua determinazione. Come se dovessi mettere abbastanza energia per riempire il vuoto e in più fornirne ancora per tornare al livello di quando sei partito.
Cosa strana l’universo.
Ancora più strana di questa strana vita. Ma nulla è più strano del vuoto.
Forse è per questo che gli “strani attrattori” si chiamano così. Funzioni matematiche che sembrano costringere il proprio campo di esistenza attorno a regioni delimitate.
Un po’ come tutti noi, mi pare…
Questo post è bellissimo! Per me è in assoluto il tuo articolo più bello!!!
E… sono d’accordo, siamo tutti un po’… entropici 🙂
Ok, bel post, ma ora ne vogliamo uno più tecnico sullo stesso argomento 😉 .
(Sai perché un ingegnere si muove il meno possibile? Per non contribuire alla morte entropica dell’universo :D)
Questa “massima” spiega molte cose… ora la giro a tutti gli ingegneri che conosco 8)
Ci provo… fra un po’ però! :swim:
Credo che l’uomo, così come l’universo, risponda alla legge di entropia per conformarsi alla legge di ciclicità. Se l’energia non si dissipasse per via entropica non si avrebbe alternanza tra yin e yang, e l’espansione cosmica non si tramuterebbe in contrazione.
Il “respiro di Brahma” comprende inspiro ed espiro, per forza! :wow:
Poi, è vero, ci sono gli ingegneri, che rispondono a leggi di altri universi… :prrr: