Consapevolezza: il campionamento della realtà e l’illusione discreta – 1
In un precedente post ho già parlato dell’operazione di passaggio al limite. Negli ultimi tempi tuttavia ne ho potuto comprendere alcune implicazioni che si riflettono in modo sorprendente nelle meccaniche della nostra personalità.
Il termine campionamento deriva dall’omonimo teorema. Per non far venire il mal di testa a tutti però, è sufficiente pensare a questa cosa come al funzionamento di una videocamera. Un video, come credo tutti sanno, è formato in realtà da una serie di fotografie che, proiettate sullo schermo in successione, creano l’illusione del movimento.
Questo perchè il centro visivo umano non distingue movimenti la cui durata è inferiore al ventesimo circa di secondo.
Infatti, con una frequenza di proiezione pari a 24 fotogrammi al secondo, l’illusione del movimento è fluida e senza interruzioni.
In realtà quindi, la macchina da presa esegue una sorta di campionatura della realtà visiva, scattando venticinque fotografie al secondo. Tuttavia, se un movimento è sufficientemente veloce, anche nei fotogrammi che lo ritraggono apparirà come una macchia confusa (che non viene percepita dal cervello umano, esattamente come il movimento originale).
Quindi abbiamo una serie di eventi “discreti”, cioè separati tra loro, che però formano un unico evento continuo.
Ancora una volta quindi abbiamo un punto, un livello oltre il quale il particolare si perde a favore del generale e al di sotto del quale, viceversa, si perde il generale a favore del particolare.
Se allarghiamo la similitudine all’intero campo cognitivo, vediamo che la cosa permane. La “cognizione” si comporta allo stesso modo di una videocamera, campionando la realtà sensoriale ad intervalli discreti.
E’ il modo in cui si comporta la nostra consapevolezza, che si accende e si spegne ad intermittenza, a seconda che la corteccia cerebrale stimoli i processi cognitivi in un modo o in un altro.
Anche qui di fatto abbiamo quindi “fotografie” della realtà che la congelano in un particolare istante. Ma la realtà non è “discreta”. La realtà ha un’esistenza continua, non quantizzabile. E’ la nostra consapevolezza che, accendendosi e spegnendosi sulla scorta di stimoli esterni, per lo più emotivi, fotografa la realtà ad intervalli irregolari.
La cosa più divertente è che tra una fotografia e l’altra, la nostra mente si comporta proprio come un qualsiasi software di rendering video, “interpolando” la realtà tra uno scatto e l’altro.
L’interpolazione è un concetto principalmente grafico. Se abbiamo due punti nello spazio e vogliamo tirare una linea retta tra essi con un computer, per risparmiare sarà sufficiente fissare i due estremi.
I rimanenti pixel tra i due punti verranno riempiti del colore più utile a disegnare una retta, sulla base appunto di una “interpolazione”.
Sostanzialmente questa operazione consiste nel riempire lo spazio tra due estremi ricreandone il contenuto sulla base di una media dei contenuti.
- Continua domani… -