In coma a 35 anni per un intervento al seno.
Sulla Repubblica di oggi questo articolo, che descrive come una donna di appena 35 anni sia entrata in coma per motivi sconosciuti durante un intervento di chirurgia plastica al seno.
Nella clinica (privata) in cui è stata operata non esiste il reparto di rianimazione. E già uno si chiede: ma perchè ti fai operare in una clinica dove, qualunque cosa vada storto, non hanno le attrezzature per tentare di riportarti in vita?
E’ semplice: quasi sicuramente la donna questo non lo sapeva. O se lo sapeva, non le è stato fatto comprendere davvero il rischio che correva.
Io personalmente trovo assurdo che una clinica che possiede una sala operatoria non debba possedere, per legge, anche una sala di rianimazione. Un cervello umano può stare senza ossigeno solo per poco tempo; più minuti passano tra l’evento problematico e la rianimazione, maggiori sono i danni che il cervello subisce.
Avete idea di quanto tempo sia passato tra il primo istante di e.c.g. piatto di questa donna e l’attuazione delle procedure di emergenza? Io no, ma considerato che hanno dovuto portarla in un altro ospedale, sono pronto a scommettere che hanno lasciato trascorrere non meno di 15 minuti: un tempo più che sufficiente per la degenerazione letale di qualunque tessuto cerebrale.
La frase di chiusura dell’articolo poi, lascia capire il livello di superficialità di questa società:
Sarebbe importante capire se l’evento che ha portato al coma si sia verificato prima o dopo l’intervento, che in ogni caso, come tutti gli interventi chirurgici, porta con sé problematiche legate all’attività chirurgica in senso lato e non direttamente legate alla chirurgia plastica
Ma che furbizia! “non direttamente legate alla chirurgia plastica”?
Posso capire se una persona si fa operare, correndo dei rischi appunto connessi con gli interventi chirurgici in toto, perchè ha un problema grave.
Ma morire a 35 anni per un ritocco al seno? A me pare terribile. Non so.
Il problema vero è che ormai nessuno si preoccupa di far comprendere alle persone quali siano i rischi di un intervento chirurgico e di come, almeno per la chirurgia estetica, il gioco possa non valere la candela.
Ma certo, quando è il business a dominare, tutte i giochi sono buoni!
Ciao Franz
Ti porto la mia personale esperienza visto che, purtroppo, ho dovuto subire un banale intervento di routine per un polipo all’utero.
L’ospedale è quello di Camposampiero, all’eccellenza per l’0oculistica, così dicono, ma che ha tutto a posto, compresa la sala di rianimazione della quale, per fortuna, non ho usufruito.
Dopo aver fatto le analisi un paio di giorni prima per l’operazione, mi dicono di presentarmi alle 7 di mattina in ospedale perchè prima di me c’erano altre persone che dovevano operarsi. Essendo il polipo molto in alto necessitavo di un letto, ma quando sono arrivata alle 7 il reparto era completamente pieno e non mi hanno potuto assegnare un letto. Sono dovuta andare in bagno e lasciare lì le mie cose (che poi ha recuperato mia madre) per potermi sistemare per l’intervento, e tutto questo verso mezzogiorno.
Mi portano giù e aspetto un’altro pò. Quando mi portano in sala operatoria mi fanno l’epidurale (un bel male) e mi danno un tranquillante. Rimango sotto circa 45 minuti. Operazione ginecologica, quindi immagina la posizione estremamente scomoda, ma tanto ero sotto anestesia.…
Quando mi riportano su, finalmente ho il mio letto (mi sono fatta operare di venerdì). Loro erano convinti che sarei stata dimessa per la sera e invece alle 5 di pomeriggio non mi reggevo in piedi e mi hanno anche sgridato perchè avevo ancoa su le calze operatorie e che avrei dovuto levarle. Ora io mi domando: sono uscira da una sala operatoria e non controlli se ho ancora le calze? Mica riuscivo a muovermi, avevo le gambe completamente addormentate ed avevo ancora il tranquillante addosso, ma secondo loro sarei dovuta riuscire a togliermi le calze o ricordami di dirlo a mia madre.
Ovviamente (non avendo ancora le gambe sveglie) dormo in ospedale, anche perchè era venerdì ed avevano letto disponibili.
Il giorno dopo mi svegli e ho male, ma penso che ho appena avuto un operazione seppur di routine. Mi faccio dimettere, anche perchè si sa meno si sta in ospedale meglio è… ç_ç
I giorni passano, ma il dolore no. Passano le settimane e decido di capire da cosa poteva essere causato questo dolore persistente all’inguine. Inizio a girare dottori (il dolore era diventato talmente forte che passavo le giornate a letto e se mi muovevo mi venivano le lacrime agli occhi), ma la cosa che mi dicevano: “Signorina, sicuramente lei aveva quel dolore anche prima dell’operazione, solo che con l’anestesia se l’era dimenticato”.
Allora posso capire un dolore cone può essere il dolore di una storta stupida, ma un dolore che non mi fa alzare dal letto per giorni credo me lo sarei ricordato, o no? Ma in realtà ero io e non loro il problema.
Gira che ti rigira, alla fine ho trovato un anestesista mio vicino di casa che mi ha dato la diagnosi: “Schiacciamento del nervo femorale sinistro”.
Dall’operazione alla diagnosi erano passati quasi 8 mesi, quindi immaginati in che stato era. Ormai (grazie a loro) il dolore è cronico e viene fuori a intervalli regolari, soprattutto con i cambi di tempo, ma ammettere di aver sbagliato era impossibile, per non parlare poi dell’omertà che c’è: “Oh no il mio collega non può aver sbagliato, è molto bravo”.
Conta che poi mentro ero in ospedale c’erano solo infermiere perchè i medici che c’erano erano tutti occupati in parti in corso.
Ho chiesto di avere un risarcimento, ma la loro risposta: “Mica siete rimasta paralizzata, che risarcimento volete?”
Grazie al cielo non sono entrata in coma e morta come questa ragazza, ma la vita è scandita dal male del nervo, a volte va bene a volte meno. Luna si ricorderà benissimo la vacanza che abbiamo fatto in Germania e com’ero messa.
Putroppo i medici non ti mettono assolutamente al corrente di eventuali problemi che un operazione (anche di routine) può dare. Ti danno solo un foglio da firmare con il quale sollevi i medici da ogni resposnabilità dai problemi derivanti dall’operazione e se non lo firmi non vieni operata.
I medici devono avvisare dei rischi, anche perchè metti nelle loro mani la tua vita e il tuo corpo: sei sedata e non ti rendi conto di quello che succede mentre ti operano. Può succedere di tutto.
I pazienti hanno il diritto di sapere i rischi che corrono; hanno il diritto di avere un medico in corsia (e non tutti che seguono, nel mio caso, i parti); i pazienti hanno il diritto di avere una struttura come si deve, non con mancanze o difetti.…
E che cavolo ci affidiamo a loro per guarire e non per morire o avere danni permanenti. èé
La mancanza di senso di responsabilità,e di giustizia regna.