Eureka: l’ego non esiste!! – By Giuseppe

– Bella scoperta – dirà qualcuno – Krishna, il Buddha, e migliaia di Lama e monaci buddhisti, così come Shamkara e molti altri, sono secoli e secoli che lo dicono. –
E’ vero! Ma afferrarlo con tutto se stessi è un’altra faccenda. Non è come sentirlo dire da qualcun altro.
Infatti c’è una differenza enorme tra leggerlo e realizzarlo personalmente.
La lettura non è conoscenza, per chi legge, ma solo informazione (a meno che un essere non abbia già in sé i contenuti di ciò che sta leggendo e qualcosa che dormiva si risvegli in lui con la lettura).
La conoscenza, comunque, è sempre intuitiva-realizzativa.
Questa è un insight, un lampo di intuizione, frutto di un processo cognitivo-esperienziale che può durare anche molti anni di ricerca attiva…di pratica.
Tornando alla scoperta “dell’illusione dell’esistenza di un io”: certo, realizzandone l’inesistenza all’inizio manca il terreno da sotto i piedi (perché la coscienza individuale perde ogni punto di appoggio) ma…caspita che scoperta!
E…quante illusioni collaterali crollano di conseguenza: solitudine, separazione, avidità, conflitti….
Quindi eccolo lì “il Grande Ingannatore”, l’artefice di tutte le problematiche, vere o presunte, personali e collettive: il concetto che vi sia un “io”.
L’io non esiste, è solo un concetto, una parola…un verbo.
Infatti “io” è solo una parola, un concetto.
Che io abbia scoperto fin’ora non v’è nulla in noi, né di grossolano né di sottile, che possiamo definire “io”.
Ma andiamo con ordine: come nasce (nella Coscienza unica e indivisibile) l’idea che vi sia un ego?
Secondo il Vedanta questo avviene per il potere velante dell’Avidya e di Maya.
Brahma, operando sulla plastica Materia primordiale, crea “involucri di luce” che apparentemente, ma solo apparentemente, “imprigionano” porzioni del Brahman Nirguna.
Si può dire che la sua è una vera e propria opera di Magia o…di illusionismo.
Qualcosa di simile lo facciamo anche noi, di notte, quando sogniamo, e creiamo forme, mondi e situazioni che poi svaniranno al risveglio.
Il processo è anche simile a quello che usa il vasaio nel costruire vasi, vasi che apparentemente, ma solo apparentemente, isolano lo spazio contenuto al loro interno.
Ma lo spazio è unico e indivisibile, e tale resta anche se il vaso viene chiuso e sigillato.
Allo stesso modo il Brahman-Essere-Coscienza è unico e indivisibile.
Anche la Materia-Spirito è unica e indivisibile, ma può vibrare a velocità differenti dando l’illusione che esistano indefinite “forme separate”, forme più o meno dense.
Per il potere velante della Maya-Avidya i piccoli spazi di coscienza contenuti nelle forme credono di essere separati da tutto il resto.
In effetti è la stessa coscienza individuale ad imprigionarsi in queste forme, attraverso l’identificazione.
Questo processo di identificazione, ci informa sempre il Vedanta, ha le sua radici nei sottopiani della Buddhi, al livello dell’Intelligenza discriminante, e rappresenta una fase necessaria per tirare “in basso” la Coscienza (forse al fine di farle sperimentare proprio l’apparente separazione? O per creare questa meravigliosa sinfonia chiamata vita?).
“La vita è fatta a scale, c’è chi scende e c’è chi sale” recita un vecchio detto.
Così per far scendere il Brahman-Essere-Coscienza e diversificarLo (ma solo apparentemente) in infiniti esseri, Lo si porta, col potere velante di Maya, a percepire delle forme come fossero “fuori da sé”…facendoGli così creare e sperimentare tutte le altezze e le infinite combinazioni della scala musicale.
E la coscienza velata-identificata comincia a pensare in termini di diversificazione, separazione e di “io” e “mio”…e inizia a distinguere le forme una dall’altra.
E inizia a sperimentare attrazione per alcune forme e repulsione per altre.
Ecco nata la “piantina” dell’illusorio ego.
Finché, nei piani Kama-Manas, l’albero dell’ego si è ormai espanso, generando rami e foglie, fino alla fioritura e alla nascita dei frutti del Karma.
A quel punto il processo “prismatico” di scomposizione dell’Unica Realtà è divenuto talmente intenso e ramificato da far sperimentare alla coscienza la visione di infinite forme separate, e infiniti desideri e concetti.
La coscienza velata, passando attraverso il Prisma dell’illusorio ego, si ritrova così a desiderare certe cose e verbalizzare su ciò che sperimenta, fino ad affermare: “Io sono questo ma non sono quello” o “io voglio questo ma non quell’altro”, o ancora “io credo in questo ma non in quello”…accettazione e rifiuto…dualità.
Da lì in poi il giochetto è fatto: l’essere è caduto nell’Oceano del Samsara, nella ruota del divenire.
L’essere, caduto completamente nell’illusione, continuerà ad alimentare la convinzione “esclusivamente” dualista dell’esistenza, pensando tutto nell’ordine di un io e un non-io.
Nei casi peggiori penserà in termini di amici e nemici, e nei casi migliori (o simili ai peggiori?) che vi sia un io e un Dio da adorare (ancora dualità e apparente separazione).
In questo “ottenebrato stato coscienziale” l’essere continuerà a lanciare la “freccia del desiderio” verso bersagli che crede esterni a sé, cadendo ancor più nell’alienazione e nella sofferenza della separazione.
Così, cercando l’unità solo ed esclusivamente attraverso la sperimentazione sensoriale, che puntualmente non lo soddisferà pienamente, l’essere non potrà che soffrire e cadere in sempre nuove identificazioni…in sempre nuovi bisogni.
Ma se la vita è fatta a scale, dove c’è chi scende e c’è chi sale, allora lo stesso desiderio che incatena (perché spinge l’essere in discesa, nell’apparente frammentazione e densificazione della materia) può essere fonte di liberazione dall’illusione della separazione.
Questa inversione di desiderio – che, ricordiamolo, vale solo per chi ormai ha già superato il fondo della parabola evolutiva discendente da un bel pezzo, ed è in fase di risalita – segna l’inizio della Ricerca.
Avendo sentito dire: Tat Tvam Asi (Tu sei Quello) tale coscienza individuata sentirà la Voce della Verità risuonare dentro di sé.
Col tempo capirà di più… e cercherà “Quello” in ogni modo.
Gli basterà allora dirigere la “freccia del desiderio” verso la ricerca dell’unità (in verità mai perduta) con Quello.
La coscienza individuale, animata da una ferma volontà, risalirà così i piani coscienziali da cui era “scesa”, fino alle vette della Buddhi.
Finché un giorno, stanco e stremato dalla fatica di una ricerca formale-esteriore il ricercatore abbandonerà anche quell’ultimo desiderio di unità, e la stessa convinzione dell’io sono, perché avrà compreso l’assurdo controsenso di cercare ciò che già si ha (l’unità, appunto).
Il ricercatore abbandonerà infine anche arco e frecce e…semplicemente si abbandonerà nel beatifico vuoto-silenzio del cuore, sorgente di ogni Armonioso Canto.
Quell’essere ha finalmente capito che è ridicolo, frustrante e alienante per un onda del grande Oceano cercare l’Oceano, per l’essere cercare l’Essere…per la coscienza cercare la Coscienza.
Solo allora la stessa coscienza, che eoni prima si era auto-imprigionata identificandosi in infiniti “vasi”, taglierà con la Spada della Discriminazione le radici dell’albero dell’illusorio ahamkara (l’ego).
Finalmente libera dall’egoismo la coscienza illuminata si lascerà allora trasportare dalle piccole o grandi correnti vibratorie dell’Oceano-Brahman, felice di servire la Volontà dell’Uno e, come onda armonica tra altre onde, farà risuonare un incessante “Fiat Voluntas Tua”.
E sarà finalmente in pace, beata e…avrà ritrovato quell’unità armonica che non aveva mai perduto.
E sarà luce nella Luce, musica nella Musica, pace nella Pace…e silenzio nel Silenzio.
OM SHANTI …..grazie
Mi è “suonato” dentro come un atto d’amore, il tuo, Giuseppe… grazie e che di ti benedica!
Grazie di cuore Giuseppe per condividere con noi le tue riflessioni! aprono sempre il cuore e la mente… complimenti ancora!!!
Grazie a voi.
Davvero un bel post,apre la mente.
Hai una grande conoscenza delle religioni indiane e fà piacere che condividi con noi questo tuo sapere.