Tecnologia interiore: respirazione e spazio di esperienza
La respirazione, nell’individuo in condizioni normali, risponde a due tipi di stimoli: fisici ed emotivi. Non mentali, nel senso che, abitualmente, nessun processo mentale interagisce direttamente su di essa, ma lo fa indirettamente tramite le modificazioni da esso indotte sull’emotivo.
Un pensiero ansiogeno, negativo o anche positivo, inducono infatti una variazione delle fasi respiratorie dovuta al mutamento emotivo prodotto. Tipico esempio è quello dello spavento: si inspira di colpo e si trattiene il respiro; poi, in alcuni casi, la tensione viene rilasciata violentemente con il classico urlo (di nuovo un’espirazione, pur se molto violenta).
La respirazione è quindi un atto per lo più inconsapevole, automatico. Quando si intraprende un qualunque percorso di consapevolezza o di ricerca, la prima cosa su cui si fissa l’attenzione è il respiro e le sue fasi che, nonostante quello che credono in molti, sono quattro: inspiro, espiro, e le due pause tra le fasi principali.
Le pause sono normalmente praticamente nulle, ed è per questo che abitualmente non vengono notate. Nella respirazione controllata hanno invece un’importanza fondamentale, e vengono ampiamente utilizzate in decine di forme e durate differenti.
Ad esempio, nella cosiddetta “respirazione quadrata”, si regola il respiro in modo che le quattro fasi appena descritte abbiano la stessa durata, ma questo è qualcosa di cui ci occuperemo più avanti.
Man mano che ci si inoltra nella scienza del respiro, la cosa che si nota di più, oltre al rilassamento, sia fisico che emotivo e mentale, è una sorta di “sfasamento temporale”. Ovvero, la percezione del tempo trascorso durante la pratica, inizia a discostarsi dalla percezione ordinaria durante il resto del giorno.
Si tratta di un fenomeno che chiunque può sperimentare ed è dovuto all’aumento, per quanto limitato e momentaneo, della capacità di percezione. Come detto in altri post, il processo di consapevolezza può essere descritto allo stesso modo di una ripresa cinematografica.
Quando utilizziamo una telecamera o una cinepresa, in realtà scattiamo un numero elevato di fotografie statiche che, riprodotte in serie e velocità, ricreano l’illusione del movimento.
Se scattiamo un numero di foto ridotto, abbiamo l’effetto “stop motion”, tipo quelle riprese in cui si vede un fiore sbocciare a velocità percepibile.
Se invece scattiamo un numero di foto elevato, abbiamo l’effetto “rallenty”.
Quando ci si accosta a una qualunque pratica meditativa (e le pratiche respiratorie fanno parte di queste), l’effetto immediato è quello di concentrare l’attenzione in misura più elevata del solito su un qualsiasi aspetto della nostra persona. In questo caso specifico, la respirazione. Ma l’aumento dell’attenzione determina un’aumento anche della percezione di quello che accade, nel senso che aumentiamo la nostra presenza in merito all’atto o agli atti osservati.
In questo modo, sostanzialmente, facciamo con la nostra percezione la stessa cosa che si fa con una cinepresa quando aumentiamo la velocità degli scatti: aumentiamo il numero di istanti in cui siamo presenti a ciò che stiamo facendo.
Questo provoca una specie di “effetto rallenty”, per cui, all’inizio, può capitare che sembri di essere stati seduti a respirare per mezz’ora, quando invece il tempo effettivo è stato di cinque minuti. Oppure, più in là, determina l’effetto opposto: ci sembra di essere stati immobili per cinque minuti ed il tempo effettivo è stato di mezz’ora.
Cosa vuol dire? Semplice, significa che la nostra percezione è divenuta più veloce. In altre parole, in quello spazio che si viene a creare durante una pratica respiratoria, tutto il nostro sistema funziona più velocemente e quindi noi abbiamo l’impressione che il tempo passi più lentamente.
Anche il pensiero diventa più veloce, così come la capacità di “cogliere” concetti o altro. In altre parole, si forma una sorta di “bolla” temporale in cui, a parità di tempo, è possibile sperimentare più impressioni.
Il nostro “spazio di esperienza” viene quindi a dilatarsi. Ma, dato che stiamo “viaggiando” all’interno della nostra coscienza a velocità maggiore, ecco che aumenta anche la frequenza vibratoria che possiamo percepire.
La nostra capacità di cogliere il mondo accelera e perciò possiamo percepire impressioni più “sottili”, ovvero energie dalla frequenza più elevata.
Questo tipo di sperimentazione non va persa dopo la pratica, ma perdura in qualche modo al nostro interno, pur diluendosi poi nell’arco della giornata a causa della meccanica della vita. Tuttavia, quelle impressioni più sottili che abbiamo colto, fanno ora parte del nostro mondo percepito, mentre prima non c’erano.
Il nostro spazio di esperienza, in altre parole, si è leggermente ampliato. La prossima volta che ci immergeremo in quel tipo di pratica, non ripartiremo dallo stesso punto, dalla stessa velocità, ma da un punto leggermente più veloce, più raffinato. E quindi, come è logico intuire, arriveremo un po più in là nella scala della velocità di quanto abbiamo fatto la volta precedente.
La respirazione ma anche qualunque pratica meditativa è (ovviamente non solo, ma anche) questo.
Tecnologia interiore per ampliare lo spazio di esperienza.
Se devo esprimere un mio commento, posso affermare che questi articoli, sono sempre stati la mia passione di vita, che coltivo dentro di me fin da bamnbino, per cui mi complimento vivamente con voi
Grazie mille a te del passaggio e del commento! :bye: