Cercare l’armonia significa anche accettare il conflitto.
Molte persone, compreso il sottoscritto fino a non molto tempo fa, confondono l’armonia con il quieto vivere. E invece l’armonia non ha nulla a che vedere con quest’ultimo. Ciò che è armonico non sempre accade immediatamente.
Come ogni medico sa (o dovrebbe sapere), riportare la salute in un corpo malato significa ripristinare innanzitutto una condizione di armonia, da cui poi segue l’ordine e il ripristino delle funzionalità danneggiate. Ma questo non avviene subito: da quando si inizia a curare una patologia a quando la stessa si risolve (ammesso che accada, ovvio…) passa un periodo in cui si può a volte assistere addirittura ad un peggioramento dei sintomi, o al cambiamento del modo in cui la “malattia” si manifesta.
Allo stesso modo, la ricerca di armonia nella vita non ha nulla a che vedere con il rifuggire condizioni di conflitto o di sofferenza (per quanto illusoria). Con lo stesso parallelismo del caso precedente, quando si cerca l’armonia al proprio interno (o intorno a noi), non sempre ciò avviene subitaneamente: più propriamente si passa per processi di purificazione, che si manifestano in modi a volte anche brutali. Lo stesso discorso vale per quello che cerchiamo di cambiare intorno a noi; quando la disarmonia regna sovrana da troppo tempo, il conflitto con le cause che l’hanno generata, specie se esse risiedono nella mente di altri esseri umani, è inevitabile.
Quello che intendo dire è che l’immagine del buonismo a tutti i costi, dell’arrendevolezza, del “porgere l’altra guancia” sempre e comunque, è un’immagine che andrebbe buttata nel cesso insieme a 2.000 anni di condizionamenti volti unicamente a mantenere sotto controllo il comportamento delle masse.
Per cercare l’armonia bisogna anche essere disposti a combattere, e non solo metaforicamente. Bisogna mettere in conto che andremo contro la linea di minor resistenza (che quasi sempre è la linea lungo cui si muove chi è disarmonico), che andremo contro la stupidità, l’ignoranza, l’ego più becero e l’egoismo più sfegatato.
E allora combattere serve, eccome! Certo, non sempre deve trattarsi di un conflitto fisico. Può essere una questione di volontà, una diatriba verbale, o anche semplicemente rifiutarsi di accettare comportamenti o imposizioni inique. Sempre di combattimento trattasi.
E lo stesso vale per quello che accade al nostro interno: dobbiamo accettare che, prima che le cose cambino davvero, occorre combattere contro anni di inveterata abitudine all’errato: come le emozioni negative, ad esempio, oppure i vizi esagerati, le abitudini malate, e anche, non ultimo, il giudizio su noi stessi.
Oltretutto, quello dell’armonia tramite conflitto è uno dei sette raggi principali di manifestazione: ergo, voglio dire… ci sarà un fottuto motivo se pure il padreterno ammette il tutto, no?
Il quieto vivere dovrebbe essere stroncato con scientificità certosina. Con intelligenza, ovvio, magari anche con gradualità, per dare tempo alle cose di cambiare senza generare attriti inutilimente esagerati, ma sicuramente con implacabile continuità.
Col quieto vivere ce lo piantano nel culo da sempre: è una delle armi più potenti di chi vive con più egoismo di noi. Un’arma letale quasi sempre impugnata con sapiente abilità da chi, per motivi magari anche accettabili, vuole mantenere il controllo su di noi. Ecco che se cominciamo a guardare quello che ci accade intorno, vedremo che il quieto vivere è la balla più grossa ed al contempo il macigno più pesante con cui veniamo costantemente schiacciati: dal governo, dalla chiesa, dai genitori, persino dai compagni di lavoro:
“Ma dai, lascia perdere… chi te lo fa fare?” – E’ la frase classica, no?
“La mia dignità me lo fa fare, porca troia!” – dovrebbe essere una delle prime risposte. Subito seguita da un: “… e se a te ne fosse rimasto un briciolo di quella dignità, ti sentiresti una merda per aver detto quello che hai appena detto anzi che appoggiarmi o aiutarmi per quanto possibile, stronzo!!!”
Lasciar perdere è uno degli errori più letali che ci hanno insegnato a scambiare per virtù. Ogni volta che “lasciamo perdere”, siamo noi a perdere. Perchè abbiamo mancato l’occasione di stare dritti davanti all’ingiustizia, e perchè, contemporaneamente, abbiamo accettato di ingoiare della merda.
Merda che, a furia di accumularsi al nostro interno, prima o poi finisce per ingolfare l’intero sistema, fino al punto che non ne puoi più e poi magari ti piglia un qualche accidente.
Quante vite sono state letteralmente buttate nel cesso nel nome di un quieto vivere che faceva l’esclusivo comodo di altri?
La vogliamo piantare di buttare noi stessi nel cesso?
Eccheccazzo!
:party:
Sante parole… e soprattutto scritte al momento giusto.
Grazie Franz.
:bye:
Ciao, mi è piaciuto molto la similitudine con le patologie in medicina.
Solo una cosa, secondo te non è mai il caso di lasciar correre quindi?
Grazie 😉
Non ritengo validi gli assoluti, salvo rari casi. Lasciar correre nel senso che intendi tu non significa fuggire da qualcosa ma avere la capacità di risolvere il conflitto in sé ed andare quindi oltre. Quando questa è l’otticaallora il senso cambia. Tante volte impuntarsi èsolo una questione d’ego che, come tale, può solo portare danno a tutti. L’errore non è lasciar perdere per saggezza ma per debolezza o paura.