Topologia mnemonica: sapere da dove viene ogni ricordo
Ci sono diverse modalità di uso della memoria; nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di modalità inconscie. L’uso di una modalità o dell’altra dipende da una tale quantità di fattori che non vale neppure la pena di stare a parlarne: condizionamenti, abitudini dei genitori, eredità genetica, modelli comportamentali etc. etc.
Quello che conta è che col passare degli anni si stabilisce in ognuno di noi un “modo” per usare la memoria. Di modi ce n’è praticamente una quantità infinita. E ci sono alcuni sistemi per “riprogrammarli” (Giordano Bruno fu uno dei primi a creare ed usare questa scienza), ma in questo post parleremo di un singolo aspetto della memoria che è, da solo, capace di causare danni particolarmente gravi.
Si tratta di un meccanismo di base, ovvero di quel fenomeno per cui un ricordo, pian piano, viene integrato nella nostra mente e se ne perdono le origini. Questo è un meccanismo particolarmente evidente sulle nozioni, ma vale per tutti i processi di memorizzazione.
Per chiarire, facciamo un esempio: la storia di Muzio Scevola. Molti di noi l’hanno studiata a scuola e la ricordano ancora oggi. Ma dove l’abbiamo sentita la prima volta? Sul libro di testo o dalle parole dell’insegnante?
Un altro esempio: molti di noi ricordano cose che erano usi fare quando erano piccoli. Ma se si prova a ricordare davvero il momento in cui quelle cose le facevamo effettivamente, ecco che si perde traccia. La realtà è che noi non ricordiamo direttamente quegli episodi, ma gli stessi ci sono stati raccontati, riferiti un certo numero di volte. E dato che la nostra mente funziona prevalentemente su segnali visivi (vale a dire in questo caso l’immaginazione), noi abbiamo creato una raffigurazione visiva mentale di quegli episodi che, pian piano, è entrata nella nostra memoria come se fossero ricordi reali.
In realtà quello che ricordiamo è l’immaginazione seguita al racconto che ci ha fatto un parente e non un episodio che ci è davvero accaduto.
Il meccanismo mnemonico che produce questo è molto importante, perchè è alla base stessa della costruzione della personalità e permette integrazione di diversi concetti tra di loro. Ma, come per tutte le cose, ha anche un lato B che è quello di consentire l’acquisizione di un episodio come se l’avessimo vissuto in prima persona anche se ciò non è mai avvenuto.
Sulla base di questo spiacevole effetto collaterale si costruiscono falsi ricordi, alcuni del tutto innocenti, altri potenzialmente letali, per noi, per i nostri rapporti con gli altri o, nei casi più gravi, per chi entra in relazione con noi.
E’ il classico caso del testimone oculare che pian piano modifica la propria versione dei fatti sulla base di quello che legge sui giornali o che le persone intorno a lui dicono. E’ il principio del “telefono senza fili”, per cui la parola o la frase detta all’inizio, passando di bocca in bocca, arriva in fondo alla catena completamente alterata.
Ecco perchè è importante cercare sempre di sapere da dove arriva un ricordo. Un ricordo senza la sua origine è pericoloso perchè non possiamo fidarci di esso. Ma dato che i nostri ricordi sono per il 90% privi della loro origine, come possiamo fare?
Due cose fondamentali: la prima è sicuramente quella di sforzarci di ricordare anche l’origine di ogni nuova nozione, senza fagocitarla automaticamente.
La seconda è di imparare a non dare mai nulla per scontato, a partire proprio dalle nostre convinzioni che dovrebbero essere analizzate una per una a caccia delle rispettive origini.
Un lavoro non breve e non semplice, sicuramente, ma tale solo perchè nessuno ci ha avvertito di farlo da subito.
Quindi la terza cosa da fare, per chi ha dei figli, è insegnare loro ad essere sempre il più presenti possibile. Questo permetterà di fissare i ricordi in modo lucido, e quindi di ricordare per ogni cosa la relativa origine, senza quindi ritrovarsi magari a quarant’anni con tutto il lavoro da fare.
Certo, ci vuole una motivazione per fare tutto ciò. Ognuno può trovare la sua ma una bella grossa potrebbe essere: ti piacerebbe vivere davvero smettendo di soffrire della maggior parte di ciò che ti crea problemi?
Si, nella stragrande maggioranza dei casi, quello per cui pensiamo di dover soffrire in realtà è qualcosa di cui non ce ne frega niente. E’ solo che da qualche parte nel nostro passato, qualcuno, magari anche in modo del tutto inconsapevole e innocente, ci ha detto che la tal cosa era dolorosa, o che dovevamo starne alla larga pena guai di ogni tipo.
E noi abbiamo iniziato a soffrire per una cosa e aver paura di quell’altra.
Ergo, liberarsi di un po’ di questi pesi non sarebbe male, no?
Certo… sempre che a uno interessi, ovvio!
Chiaro come la luce Franz!
E cominciare quindi … dall’educazione dei più piccoli.
E – più in generale – accorgersi della straordinaria importanza dell’ ”adesso”, così tanto declamato e così poco praticato …
Uno sforzo e un impegno – affinchè diventi una “buona” abitudine senza sforzo – che riguarda ciascuno di noi …
massimo
grazie!