Improvvisamente, nell’arco di più o meno un mese, tre casi di donne aggredite con sostanze acide. I casi ovviamente sono tre: o succedeva anche prima ma i giornali non ne parlavano, ma mi pare improbabile, o è una coincidenza, e come diceva il saggio, tre sono troppe perchè sia un caso, oppure il clamore dato dai media a questi atti fa scattare in alcune menti malate la volontà di emulazione.
A questo siamo giunti: ad assalire donne col vetriolo, sfigurandole, accecandole, menomandole fisicamente e psichicamente. Rispetto alla questione la mia idea è semplice: a chi si rende colpevole di un atto tanto osceno, andrebbe riservata la legge del taglione: se è un maschio a partire dalle palle.
Detto questo, il focus di questo post non è sull’ondata di violenza che in questi periodi sembra essersi improvvisamente esacerbata (dico “sembra” perchè in realtà c’è sempre stata, solo che ai nostri cosiddetti “media” non gliene fregava più di tanto), quanto sulla responsabilità di chi scrive e di come scrive.
Parlare di un episodio come quello occorso a queste donne è doveroso. Ma dovrebbe anche essere cura di chi lo fa, di parlarne in modo da non destare desideri di emulazione. Vale a dire, ad esempio, condannando il gesto in modo pesante, cosa che nessun articolo ha fatto. Oppure dando alla notizia la qualità corretta, senza “pompare” sui toni morbosi.
Ma inutile a dirlo. La stampa italiana non ha la minima idea di cosa significhi “responsabilità”. L’unica cosa che gli interessa è vendere una notizia macabra di per sé nel modo più morboso possibile.
Il risultato è che alla banda di squilibrati che si aggira per le strade, ecco che improvvisamente gli viene in mente un’ipotesi operativa che non avevano ancora considerato.
Ed ecco che in meno di due mesi tre donne si sono trovate con la faccia rovinata o quantomeno con ustioni gravi.
Ma naturalmente ai pennivendoli di basso rango questo non interessa affatto: a loro basta scrivere di una notizia. E più è macabra, più morbosamente la si può presentare e meglio è.
Questo è il giornalismo italiano.
Acido in faccia: quando i media creano l’emulazione
Improvvisamente, nell’arco di più o meno un mese, tre casi di donne aggredite con sostanze acide. I casi ovviamente sono tre: o succedeva anche prima ma i giornali non ne parlavano, ma mi pare improbabile, o è una coincidenza, e come diceva il saggio, tre sono troppe perchè sia un caso, oppure il clamore dato dai media a questi atti fa scattare in alcune menti malate la volontà di emulazione.
A questo siamo giunti: ad assalire donne col vetriolo, sfigurandole, accecandole, menomandole fisicamente e psichicamente. Rispetto alla questione la mia idea è semplice: a chi si rende colpevole di un atto tanto osceno, andrebbe riservata la legge del taglione: se è un maschio a partire dalle palle.
Detto questo, il focus di questo post non è sull’ondata di violenza che in questi periodi sembra essersi improvvisamente esacerbata (dico “sembra” perchè in realtà c’è sempre stata, solo che ai nostri cosiddetti “media” non gliene fregava più di tanto), quanto sulla responsabilità di chi scrive e di come scrive.
Parlare di un episodio come quello occorso a queste donne è doveroso. Ma dovrebbe anche essere cura di chi lo fa, di parlarne in modo da non destare desideri di emulazione. Vale a dire, ad esempio, condannando il gesto in modo pesante, cosa che nessun articolo ha fatto. Oppure dando alla notizia la qualità corretta, senza “pompare” sui toni morbosi.
Ma inutile a dirlo. La stampa italiana non ha la minima idea di cosa significhi “responsabilità”. L’unica cosa che gli interessa è vendere una notizia macabra di per sé nel modo più morboso possibile.
Il risultato è che alla banda di squilibrati che si aggira per le strade, ecco che improvvisamente gli viene in mente un’ipotesi operativa che non avevano ancora considerato.
Ed ecco che in meno di due mesi tre donne si sono trovate con la faccia rovinata o quantomeno con ustioni gravi.
Ma naturalmente ai pennivendoli di basso rango questo non interessa affatto: a loro basta scrivere di una notizia. E più è macabra, più morbosamente la si può presentare e meglio è.
Questo è il giornalismo italiano.
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