Impariamo a leggere tra le righe
E’ importante, importantissimo che impariamo davvero a farlo. Ormai la parola è diventata puttana in mano di molti e riuscire a permeare la menzogna scritta può essere di estrema importanza.
Leggere tra le righe non significa dietrologia, e neppure cercare ciò che non c’è, quanto andare a penetrare lo spazio in cui crescono le parole, per scoprire l’ambito in cui vengono generate e comprendere quindi il reale significato e, soprattutto, il vero intento di chi le ha scritte.
Lo spazio consente alle cose di esistere, dando loro un luogo in cui farlo. Allo stesso modo il silenzio tra una parola e l’altra è lo spazio che contiene e definisce la qualità essenziale del discorso.
Leggere tra le righe significa in realtà “andare oltre le parole”, confrontandosi con lo spazio di esperienza di chi scrive. Se lo conosciamo, possiamo collegarci ad esso per ricevere in modo quasi osmotico il vero significato, spesso recondito, di ciò che viene detto o scritto.
Leggere tra le righe presuppone un certo livello di veglia da parte nostra, uno stato di lucidità che ci consenta di non cadere nel campo emotivo generato da un discorso ma, al contrario, di lasciarci attraversare da esso.
Sembra difficile ma in realtà è più semplice di quanto non si creda. La prima cosa da fare è leggere chiedendosi continuamente a cosa vuole arrivare chi scrive. In questo modo, il fumo che circonda l’arrosto apparirà abbastanza evidentemente come tale.
La seconda cosa è: essere presenti mentre si legge. In questo modo la nostra memoria non decadrà dopo pochi secondi e l’eventuale forzatura o contraddizione, che quando non è in termini può sempre essere nascosta nella sostanza, salteranno al naso.
La terza cosa è: comprendere il contesto, l’ambito di chi scrive. Se non lo conosciamo dovremmo informarci, in modo da capire a quali leggi risponde. Non dobbiamo mai dimenticare che ognuno pensa in modo diverso, da un punto di vista emotivo, e quello che un termine genera in noi, quasi sicuramente non sarà la stessa cosa generata in chi scrive.
Non dobbiamo quindi dare per scontato nulla. Nemmeno che chi scrive lo stia facendo con sincerità, oppure con ingenuità, oppure con buona fede; vale anche il contrario ma il pericolo non sta in quello che dice una persona onesta, quanto nelle parole che, pur sembrando oneste, portano in direzione opposta.
Questo non significa giudicare (ovvero dare un’etichetta del tutto personale in modo aprioristico o comunque soggettivo), quanto esattamente il contrario: cercare una realtà più oggettiva rispetto al contenuto apparente di uno scritto.
Dobbiamo pensare che il fatto che noi siamo inconsapevoli non implica affatto che lo siano anche gli altri. Prendiamo atto della nostra inconsapevolezza, senza esagerarla ne sminuirla, e cominciamo a considerare che chi è più consapevole (quantomeno apparentemente) di noi, non è detto che sfrutti questa sua dote in modo onesto.
Anzi, mediamente i furbi sono quelli che cercano in continuazione un fesso da fregare; giusto o sbagliato che sia, quello che a noi consta è di non essere quel fesso. Quindi andiamo oltre. Evitiamo di voler leggere qualcosa che in realtà non è stato scritto solo perchè le parole corrispondono a quelle che vorremmo tanto sentire o leggere.
E al tempo stesso stiamo in campana: l’onestà esiste, e riconoscerla in mezzo alle fandonie è essenziale.
I giornali sono pieni di esempi su cui esercitarsi, ma anche la rete: i blog, i social network, pullulano di contenuti da usare come palestra.
I social network, in modo particolare, hanno un vantaggio (facebook in primis): il sistema dei commenti. Osserviamo con attenzione il tenore dei commenti ad un contenuto, e questo ci darà un’indicazione sorprendentemente esatta dell’ambito in cui si muove l’autore del contenuto commentato.
Osserviamo se c’è discussione oppure no, e come essa si sviluppa. Se chi scrive il contenuto interagisce poi con i commenti e il modo in cui lo fa. Tutto questo possiamo farlo senza nemmeno entrare in discussione, senza farci vedere. E poi, naturalmente, possiamo commentare a nostra volta, e vedere cosa accade. Se chiediamo spiegazioni e ci vengono date, in che modo e con quale tono e qualità. Se una critica viene accettata, disquisita, se respinta con quale qualità e tenore.…
Ricordiamoci che tutto questo, nei social network viene costantemente messo in atto da chi li gestisce. Si chiama profilazione, ovvero identificazione del profilo psicologico, umano e professionale di chi scrive. E se lo fanno loro, che sono esperti nel campo, perchè non dovremmo farlo noi?
Facebook è il posto perfetto per imparare a leggere tra le righe. E leggere tra le righe è un modo fantastico per iniziare a usare il pensiero in modo diverso. Attenzione però, una cosa è fondamentale: dobbiamo essere pronti a vedere qualche mito cadere dal piedistallo; è inevitabile, quando si cominciano ad aprire gli occhi. L’importante è non fermarsi lì ma… andare avanti.
Provare per credere!