Credo di non dire cosa nuova con questo post ma, si sa, aliquando repetita iuvant (a volte ripetere giova). Il conflitto di interesse in ambiente di farmacologia è una questione veramente sporca.
Tutti sanno che dietro il rilascio di un farmaco sul mercato c’è (o ci dovrebbe essere) una enorme mole di studi per comprendere quali siano gli effetti, non solo quelli diretti ma, soprattutto, quelli collaterali in modo che, sia da parte dei medici che dei pazienti, sia possibile valutare correttamente il rapporto rischi/benefici prima di assumere quel dato farmaco per una certa patologia.
Il problema sta nel fatto che, come chiunque può facilmente verificare (e vi invito a farlo, ma per conto vostro…) la quantità di denaro per un corretto studio su un farmaco è decisamente smodata. Per questo, molto spesso, questi studi sono finanziati dalle stesse case farmaceutiche che li producono.
Ora questo, che piaccia o no alle persone ed ai rappresentanti della classe medica, non può che essere un conflitto di interesse di proporzioni enormi.
Come possiamo considerare validi degli studi scientifici se sono pagati dalle stesse persone che producono i farmaci che da questi studi devono essere convalidati?
E’ semplice: non è possibile. Ma succede in continuazione.
Così come succede spessissimo che convegni o congressi siano sponsorizzati da case ed aziende farmaceutiche. In questo caso il conflitto di interessi diventa qualcosa che può influenzare l’operato dei partecipanti a quel congresso? Beh, mi pare logico. E questo dovrebbe preoccupare.
Come ha preoccupato, ad esempio nel caso del 70° Congresso Italiano di Pediatria, un gruppo di genitori che, notata la presenza tra gli sponsors di diverse case produttrici di alimenti per l’infanzia, ha scritto una lettera aperta in cui esprime la propria preoccupazione, che a me pare del tutto legittima, per il possibile inquinamento ai risultati del congresso che potrebbe derivare da questa presenza.
Di seguito cito alcune righe tratte dalla lettera che trovate qui in forma integrale:
“In un momento in cui i rapporti tra salute e industria sono al centro dell’attenzione pubblica, in cui numerose evidenze scientifiche e pubblicazioni di bioetica mettono alla luce come i conflitti d’interesse influenzino l’operato dei sanitari, non possiamo fare a meno di manifestare le nostre preoccupazioni sulle conseguenze dei finanziamenti da parte delle aziende ai congressi sulla salute infantile, e più in generale ai pediatri.
Pur consapevoli del fatto che medici e aziende possano collaborare nelle sedi opportune, in primis nella ricerca e nello sviluppo di nuovi prodotti, assistiamo con crescente senso di allarme ad altre forme di interazione fra industrie portatrici di interessi in sanità (il cui legittimo fine è il profitto) e medici; tali collaborazioni sono più simili a vere e proprie attività di marketing che non ad azioni svolte per l’incremento della salute pubblica, che è invece la missione affidata ai medici.”
Direi che non fa una piega questa lettera, e per questo motivo, oltre che a leggerla in toto e magari sottoscriverla, invito chiunque legga questo articolo a cominciare a svegliarsi. A capire che il mondo in cui viviamo sarà presto una realtà molto poco vivibile se non alziamo la testa e cominciamo a dire la nostra nei confronti di certa classe medica e, soprattutto, dello strapotere delle case farmaceutiche.
Già le attività lobbistiche sono arrivate al punto che un farmaco salvavita viene venduto a prezzi folli, completamente ingiustificati anche dai più alti costi di produzione e/o ricerca, senza che nessuno osi aprire bocca contro un così avido lucrare sulla vita delle persone. Oppure al punto da creare allarmismi del tutto assurdi (come nel caso della suina di qualche anno fa), pur di giustificare un vendita a livello mondiale di vaccini inutili se non addirittura dannosi.
Se non iniziamo a far valere il nostro senso del giusto, ma prima ancora, se non iniziamo a capire che la quasi totalità di quello che ci propinano sono delle balle enormi, non ci sarà un gran futuro in questo mondo per le persone.
E se la vostra risposta è “chi se ne frega”, vi ricordo che magari per voi stessi potete anche fregarvene, ma alla fine saranno i vostri figli a pagare le conseguenze della vostra inerzia. E se arrivate a fregarvene anche di questo, mi chiedo come possiate ancora considerarvi degli esseri umani!
Conflitto di interesse: in ambiente medico è spesso ignorato ma la devono smettere!
Credo di non dire cosa nuova con questo post ma, si sa, aliquando repetita iuvant (a volte ripetere giova). Il conflitto di interesse in ambiente di farmacologia è una questione veramente sporca.
Tutti sanno che dietro il rilascio di un farmaco sul mercato c’è (o ci dovrebbe essere) una enorme mole di studi per comprendere quali siano gli effetti, non solo quelli diretti ma, soprattutto, quelli collaterali in modo che, sia da parte dei medici che dei pazienti, sia possibile valutare correttamente il rapporto rischi/benefici prima di assumere quel dato farmaco per una certa patologia.
Il problema sta nel fatto che, come chiunque può facilmente verificare (e vi invito a farlo, ma per conto vostro…) la quantità di denaro per un corretto studio su un farmaco è decisamente smodata. Per questo, molto spesso, questi studi sono finanziati dalle stesse case farmaceutiche che li producono.
Ora questo, che piaccia o no alle persone ed ai rappresentanti della classe medica, non può che essere un conflitto di interesse di proporzioni enormi.
Come possiamo considerare validi degli studi scientifici se sono pagati dalle stesse persone che producono i farmaci che da questi studi devono essere convalidati?
E’ semplice: non è possibile. Ma succede in continuazione.
Così come succede spessissimo che convegni o congressi siano sponsorizzati da case ed aziende farmaceutiche. In questo caso il conflitto di interessi diventa qualcosa che può influenzare l’operato dei partecipanti a quel congresso? Beh, mi pare logico. E questo dovrebbe preoccupare.
Come ha preoccupato, ad esempio nel caso del 70° Congresso Italiano di Pediatria, un gruppo di genitori che, notata la presenza tra gli sponsors di diverse case produttrici di alimenti per l’infanzia, ha scritto una lettera aperta in cui esprime la propria preoccupazione, che a me pare del tutto legittima, per il possibile inquinamento ai risultati del congresso che potrebbe derivare da questa presenza.
Di seguito cito alcune righe tratte dalla lettera che trovate qui in forma integrale:
“In un momento in cui i rapporti tra salute e industria sono al centro dell’attenzione pubblica, in cui numerose evidenze scientifiche e pubblicazioni di bioetica mettono alla luce come i conflitti d’interesse influenzino l’operato dei sanitari, non possiamo fare a meno di manifestare le nostre preoccupazioni sulle conseguenze dei finanziamenti da parte delle aziende ai congressi sulla salute infantile, e più in generale ai pediatri.
Pur consapevoli del fatto che medici e aziende possano collaborare nelle sedi opportune, in primis nella ricerca e nello sviluppo di nuovi prodotti, assistiamo con crescente senso di allarme ad altre forme di interazione fra industrie portatrici di interessi in sanità (il cui legittimo fine è il profitto) e medici; tali collaborazioni sono più simili a vere e proprie attività di marketing che non ad azioni svolte per l’incremento della salute pubblica, che è invece la missione affidata ai medici.”
Direi che non fa una piega questa lettera, e per questo motivo, oltre che a leggerla in toto e magari sottoscriverla, invito chiunque legga questo articolo a cominciare a svegliarsi. A capire che il mondo in cui viviamo sarà presto una realtà molto poco vivibile se non alziamo la testa e cominciamo a dire la nostra nei confronti di certa classe medica e, soprattutto, dello strapotere delle case farmaceutiche.
Già le attività lobbistiche sono arrivate al punto che un farmaco salvavita viene venduto a prezzi folli, completamente ingiustificati anche dai più alti costi di produzione e/o ricerca, senza che nessuno osi aprire bocca contro un così avido lucrare sulla vita delle persone. Oppure al punto da creare allarmismi del tutto assurdi (come nel caso della suina di qualche anno fa), pur di giustificare un vendita a livello mondiale di vaccini inutili se non addirittura dannosi.
Se non iniziamo a far valere il nostro senso del giusto, ma prima ancora, se non iniziamo a capire che la quasi totalità di quello che ci propinano sono delle balle enormi, non ci sarà un gran futuro in questo mondo per le persone.
E se la vostra risposta è “chi se ne frega”, vi ricordo che magari per voi stessi potete anche fregarvene, ma alla fine saranno i vostri figli a pagare le conseguenze della vostra inerzia. E se arrivate a fregarvene anche di questo, mi chiedo come possiate ancora considerarvi degli esseri umani!
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