Come le pratiche respiratorie portano al cambiamento interiore
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Questo aspetto del Pranayama raramente viene affrontato, ovvero in quale modo una pratica respiratoria possa portare modifiche non solo fisiche, ma anche interiori.
Il meccanismo, apparentemente oscuro, diventa evidente se all’equazione si aggiunge il termine “sottile”. La respirazione infatti non si limita ad introdurre ossigeno ed espellere anidride carbonica. Se questo vale indubbiamente a livello fisico (e psicologico), quando si passa ad esaminare gli aspetti non materiali della stessa, assume un’importanza davvero marginale.
Innanzitutto, in senso lato, con il respiro noi introduciamo Prana, il che significa sostanzialmente energia. Ma la respirazione non è solo “introdurre – espellere”. Tanto per iniziare nei pranayama sappiamo come sia elemento essenziale la pausa tra le fasi respiratorie. Poi abbiamo la lunghezza delle quattro fasi, (inspiro – pausa – espiro – pausa) e la proporzione relativa. Infine abbiamo la circolazione energetica, o il percorso se vogliamo, che facciamo seguire all’energia così assorbita.
Vediamo nel dettaglio.
Pausa. In queste due fasi, l’energia è contenuta all’interno del corpo, in una posizione stabilita. In molti pranayama, queste sono le fasi “alchemiche” o “effettive”, all’interno delle quali si ha lo svolgersi degli effetti previsti per quella tecnica. Ad esempio, nei Kriya, è il punto in cui tutto avviene, sia che sia parli di un istante quasi inesistente, sia che il tempo di ritenzione si allunghi in modo importante.
Nella tecnica della respirazione quadrata, al contrario, abbiamo un’equivalenza delle quattro fasi respiratorie, ma quello che viene prodotto a livello sottile, è completamente diverso a seconda della fase in cui ci troviamo.
La pausa equivale al silenzio, alla trasformazione ciclica e ad un sacco di altre cose. E’ da notare come, più la condizione si avvicini a quella di Samadhi (di qualunque livello) più il respiro si fa lieve, fino a sospendersi del tutto in molti casi. Allora l’intero ciclo respiratorio è sostituito dalla pausa.
All’interno dello spazio della pausa si verificano i fenomeni di sintesi a livello mentale, che poi portano alle realizzazioni parziali o complete.
Quindi, nonostante quello che si può pensare, alla fine la pausa è la parte più importante del ciclo respiratorio.
Lunghezza di inspiro ed espiro. Quando si inizia a studiare la respirazione, la prima cosa che appare evidente è che le fasi respiratorie tendono naturalmente ad allungarsi. Se lasciate senza guida lo fanno in modo proporzionale.
Oppure, quando la concentrazione passa una determinata soglia, diventano magari anche più corte ma talmente minime che sembra che il respiro si stia fermando (cosa che poi avviene effettivamente ad un certo punto come detto sopra).
Genericamente, inspiro ed espiro hanno una lunghezza pari ma possono essere modificate per produrre effetti particolari a seconda, per esempio, di quale organo e quale modificazione vogliamo ottenere.
Per fare un esempio, nelle pratiche legate al suono, spesso si riduce l’inspiro ad un tempo fulmineo. Questo perchè in alcuni casi abbiamo bisogno che il tempo dell’espiro sia il più lungo possibile.
Nell’inspiro abbiamo una polarità e nell’espiro quella opposta. La gestione consapevole delle due polarità è in realtà parte di una vera e propria scienza: quella del Pranayama, appunto.
Ma non è solo la lunghezza individuale delle fasi a contare, bensì anche quella proporzionale o relativa. Ad esempio nella respirazione triangolare le tre fasi devono essere uguali ma non importa la durata.
Circolazione energetica. Qui veniamo al cuore stesso di ogni Pranayama. Per circolazione energetica si intende il circuito che si fa seguire, tramite la volontà, all’energia all’interno del corpo fisico e di quelli sottili, nelle quattro fasi.
Ci sono migliaia di tecniche che specificano altrettanti percorsi energetici. Per fare alcuni esempi generici, senza entrare nel dettaglio, in alcune pratiche cinesi, si arriva a “chiudere” l’energia in un percorso continuo attraverso gli organi. In alcune questa circolazione viene attivata solo nell’espiro, in altre in tutto il ciclo.
Anche l’ora in cui si eseguono determinati Pranayama ha la sua importanza. Il primo Kriya, tanto per citarlo ancora, se eseguito al mattino porta ad una grande stabilità ed energia durante tutta la giornata. Eseguitelo alla sera e vi ritroverete svegli come dei canarini se la tecnica viene eseguita da almeno dieci/quindici giorni su base quotidiana oppure sperimenterete il più incredibile sonno se avete appena iniziato ad eseguirla (dipende dalle condizioni del vostro fegato comunque).
Ci sarebbe ovviamente da dire molto di più, ma non ho intenzione di propinarvi un trattato. Il fatto è che qualunque Pranayama, anche quello apparentemente più semplice, è strutturato per produrre cambiamenti profondi non solo a livello fisico ma, tramite le varie circuitazioni energetiche anche a livello sottile, ed è proprio questo aspetto che porta le modificazioni sul piano interiore.
Il pensiero è la prima cosa che cambia: diventa progressivamente più lucido, pulito e diminuisce la componente meccanica. Cambiando il pensiero, cambiano di riflesso le nostre azioni ed il modo in cui affrontiamo le situazioni, sia da un punto di vista pratico che emotivo e di atteggiamento.
Quando noi andiamo a modificare, purificare, strutturare o alterare la nostra struttura immateriale infatti, andiamo a cambiare direttamente il modo in cui agiamo, pensiamo, proviamo emozioni, andando a creare importanti cambiamenti nello spazio di esperienza, che si dilata includendo la possibilità di far emergere la nostra parte più interna, avvicinandoci progressivamente a quello che viene definito Essere o, meglio, dandogli la possibilità di farsi sentire di più a livello conscio.
Più questo avviene, più la nostra interiorità ne giova, cambiando il modo in cui la personalità esperisce la realtà e producendo quindi un afflusso maggiore di esperienze oggettive (e non soggettive) che sono quelle che vanno progressivamente ad illuminare/strutturare la Coscienza. Che poi alla fine è lo scopo dell’Essere.
Anche a livello fisico cambiano molte cose tramite pratiche respiratorie, ma questo si sa già.
Quello che non si sa (o che comunque si sa ben poco), in estrema sintesi, è che il cambiamento a livello interiore determina in modo quasi automatico il cambiamento della personalità il quale a sua volta, instaurando progressivamente un circolo virtuoso, permette una diversa pregnanza dell’Essere all’interno della nostra vita.
Ci si vede in giro!