Sul tempo 2: tempo e azione
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Abbiamo detto nel filmato precedente che il tempo è, a tutti gli effetti uno “spazio”: lo spazio, ad esempio per quanto ci concerne, entro cui si sviluppa la nostra vita sul pianeta.
Lo spazio di vita è quello spazio all’interno del quale possiamo “fare”. Paradossalmente, è proprio il “fare” (ovvero l’azione) che crea… tempo (e quindi spazio).
Ogni azione si sviluppa lungo un processo. Questo sviluppo crea il tempo tra azione e risultato. Ma cosa accade se la nostra percezione si discosta da questa visione duale azione – risultato?
Ovviamente è una questione di percezione o, meglio, di realizzazione. Quando leggiamo dei maestri giapponesi di tiro con l’arco che sono in grado di centrare bersagli in condizioni impossibili, in realtà stiamo osservando proprio il risultato di una realizzazione di questo tipo. Se l’arciere “realizza” (ovvero rende reale) che non vi è spazio tra la freccia ed il bersaglio, ecco che nell’istante in cui la scocca, essa è già arrivata a destinazione: stesso istante, nessuno spazio.
Immaginate di avere una freccia al vostro arco, con la punta appoggiata al centro del bersaglio. Nell’istante in cui scoccate, essa non può che centrarlo, perchè è già lì, appoggiata.
La difficoltà del colpire un bersaglio nasce nel momento in cui percepiamo uno spazio tra noi ed esso, con tutto ciò che questo comporta: calcolo della traiettoria, del tempo di volo (eccolo), del vento, della velocità con cui si muove il bersaglio… tutta una serie di cose che un tiratore esperto conosce benissimo e che, col tempo (appunto) impara a gestire a livello istintivo o comunque talmente profondo da farle entrare a fare parte della sua procedura di lancio.
Il maestro di Kyudo o di Yabusame (tiro a cavallo) risolve tutto alla radice: il tempo non esiste, e neppure lo spazio tra la lui, la freccia ed il bersaglio. Il maestro realizza questo e quindi lo rende reale, effettivo. Quando scocca la freccia… fa centro. Nella sua percezione, l’azione non è neppure esistita, non c’è stato neppure un istante tra lo scocco della freccia e il momento in cui ha centrato il bersaglio. Anzi, a ben vedere, non è neppure mai esistito un lancio, una freccia o un bersaglio. (Incidentalmente, ecco perchè il tiro con l’arco è considerato una via di realizzazione: alla fine “tutto è uno” diventa una realtà percepita e non una frase capita).
Riassumendo: l’azione crea il proprio tempo, svolgendosi. L’osservatore esterno vede l’azione “percorrere” un tempo tra l’inizio e la fine. Chi agisce, di solito vede la stessa cosa. Ma se chi agisce riesce ad eliminare lo scopo dell’azione, ecco che tra inizio e fine, almeno per lui, non c’è più tempo e quindi l’azione arriva a destinazione nello stesso istante in cui parte.
L’azione senza scopo, oltre a tutto quanto si potrebbe dire sull’attaccamento al risultato o al processo intermedio, ha questa natura: eliminare lo spazio ed il tempo.
In altre parole, ed in estrema sintesi: la via più diretta per il famoso “qui ed ora”.
Prossima puntata: perchè le cose belle finiscono prima
Ci si vede in giro!