Sul tempo 3: perchè le cose belle durano meno di quelle brutte

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Cre­do che il feno­me­no sia noto a tut­ti: quan­do si pas­sa del tem­po in modo pia­ce­vo­le sem­bra scor­re­re più in fret­ta rispet­to a quan­do acca­de il contrario.

La ragio­ne è sem­pli­ce, eppu­re com­ples­sa. Per ini­zia­re dob­bia­mo com­pren­de­re innan­zi­tut­to il con­cet­to di vibra­zio­ne in sen­so eso­te­ri­co e di fre­quen­za vibra­to­ria, sem­pre nel­lo stes­so ambito.

Per non far­la trop­po lun­ga: nel­l’u­ni­ver­so tut­to vibra ma non solo in sen­so fisi­co. La vibra­zio­ne da un pun­to di vista fisi­co infat­ti, ovve­ro l’o­scil­la­zio­ne di qual­co­sa attor­no ad un pun­to di equi­li­brio, è il rifles­so mate­ria­le (l’ot­ta­va bas­sa se voglia­mo) di un prin­ci­pio più ele­va­to, che in real­tà è piut­to­sto dif­fi­ci­le da spiegare.

Un modo per dare un’i­dea è quel­lo di pren­de­re l’ac­qua del mare. Quan­do due cor­ren­ti a tem­pe­ra­tu­ra diver­sa si tro­va­no a dif­fe­ren­ti pro­fon­di­tà ma sono comun­que a con­tat­to, si crea la cosid­det­ta “iso­ter­ma” ovve­ro quel­la zona di liqui­do (in que­sto caso) in cui la tem­pe­ra­tu­ra è ugua­le. L’i­so­ter­ma rap­pre­sen­ta a tut­ti gli effet­ti un pun­to di sepa­ra­zio­ne tra due zone di acqua che le ren­de sor­pren­den­te­men­te iso­la­te da alcu­ni pun­ti di vista. Ad esem­pio alcu­ne onde sono­re pos­so­no esse­re rifles­se pro­prio nel pun­to di con­tat­to, oppu­re l’ac­qua può ave­re colo­re o tra­spa­ren­za diver­se e così via.

Ora imma­gi­nia­mo l’u­ni­ver­so come costi­tui­to non solo di mate­ria fisi­ca (cioè come la cono­scia­mo noi), ma di tut­ti i pia­ni dav­ve­ro esi­sten­ti. La mate­ria per come la cono­scia­mo, rap­pre­sen­te­rà una par­te mol­to ridot­ta di que­sto uni­ver­so (ricor­do che un uni­ver­so è com­po­sto da 7 pia­ni, ognu­no dei qua­li è mol­to più dila­ta­to del pre­ce­den­te, in cui il pia­no mate­ria­le è quel­lo più “pic­co­lo”).

Sap­pia­mo (per sen­ti­to dire, sal­vo rari casi rea­liz­za­ti­vi) che “tut­to è uno”. Ergo, ci deve esse­re qual­co­sa che per­va­de l’u­ni­ver­so, una sor­ta di con­nes­sio­ne che, sep­pur in modo illu­so­rio, col­le­ga pun­ti appa­ren­te­men­te sepa­ra­ti tra di loro (ed ecco che si sco­pre che la For­za di Guer­re Stel­la­ri, pur essen­do qual­co­sa di total­men­te inven­ta­to non era poi così del tut­to immaginaria).

E’ tut­ta­via pur vero anche che dal pia­no mate­ria­le è sostan­zial­men­te impos­si­bi­le acce­de­re a pia­ni più sot­ti­li, se non aven­do svi­lup­pa­to le ade­gua­te capa­ci­tà per­cet­ti­ve che comun­que non dipen­do­no dai sen­si e dal cor­po fisi­co. Quel­lo che si potreb­be dedur­re (e che è poi per­fet­ta­men­te vero) è che la stes­sa imper­mea­bi­li­tà, sep­pu­re in modo meno asso­lu­to, vige anche tra pia­ni non mate­ria­li. Ergo il pia­no emo­ti­vo è appa­ren­te­men­te sepa­ra­to da quel­lo men­ta­le, a sua vol­ta sepa­ra­to da quel­lo cau­sa­le e così via.

La dif­fe­ren­za tra que­sti pia­ni sta tut­ta nel­la vibra­zio­ne del­la “mate­ria” che li costi­tui­sce. Più si “sale” di pia­no, più l’e­ner­gia (è più esat­to che non “mate­ria”) vibra a fre­quen­ze ele­va­te. E pro­prio come acca­de per le tem­pe­ra­tu­re nel­l’ac­qua, esi­sto­no del­le “iso­ter­me ener­ge­ti­che” che in qual­che modo sepa­ra­no i vari pia­ni uno dal­l’al­tro. Allo stes­so modo del mare, è tut­ta acqua, ma sepa­ra­ta in zone diver­se. Nel mare la tem­pe­ra­tu­ra crea la sepa­ra­zio­ne, nel­l’u­ni­ver­so a far­lo è la vibrazione.

Ora che più o meno abbia­mo capi­to di cosa par­lia­mo quan­do usia­mo il ter­mi­ne “vibra­zio­ne”, ritor­nia­mo alla nostra per­ce­zio­ne del tem­po e alle sue varia­zio­ni a secon­da del­le emo­zio­ni che viviamo.

Il tem­po, come abbia­mo visto nei due video pre­ce­den­ti, ha una natu­ra mol­to sfug­gen­te, soprat­tut­to per­chè, di fat­to, non ha una sua sostan­za intrin­se­ca ma dipen­de dal­la per­ce­zio­ne che si ha di esso. Ora, quan­do vivia­mo del­le emo­zio­ni pia­ce­vo­li, in real­tà stia­mo spe­ri­men­tan­do una for­ma di ener­gia emo­ti­va che vibra a fre­quen­za sem­pre più alta, man mano che il pia­ce­re aumen­ta, sia in ter­mi­ni di inten­si­tà che, soprat­tut­to, di raffinatezza.

In gene­ra­le pos­sia­mo dire che le emo­zio­ni “posi­ti­ve” vibra­no a fre­quen­za più alta rispet­to a quel­le “nega­ti­ve”.

La nostra per­ce­zio­ne però è con­di­zio­na­ta dal­la nostra vita, dal modo in cui ci han­no edu­ca­ti… una miria­de di aspet­ti che sostan­zial­men­te pos­sia­mo rias­su­me­re con il ter­mi­ne “con­di­zio­na­men­to”, tan­to caro a diver­sa quan­to impo­nen­te let­te­ra­tu­ra eso­te­ri­ca. Ora uno dei nostri con­di­zio­na­men­ti è quel­lo di misu­ra­re la nostra vita in base agli even­ti che vi suc­ce­do­no. In modo par­ti­co­la­re in base alle impres­sio­ni che rice­via­mo dal mon­do ester­no (dove per “mon­do ester­no” si inten­de tut­to ciò che, pur illu­so­ria­men­te, non è il nostro essere).

Ma con l’au­men­ta­re del­la fre­quen­za vibra­to­ria, ecco che quan­do spe­ri­men­tia­mo un even­to posi­ti­vo, che quin­di vibra più velo­ce­men­te rispet­to ad un ipo­te­ti­co sta­to di “quie­te emo­ti­va”, esso ha uno “spa­zio-tem­po” appa­ren­te­men­te più ridot­to, a cau­sa del­la fre­quen­za vibra­to­ria che lo con­trad­di­stin­gue. In gene­ra­le pos­sia­mo dire che, a pari­tà di espe­rien­za ogget­ti­va (che quin­di non ha una dura­ta), l’e­ven­to posi­ti­vo dura media­men­te un ter­zo rispet­to all’e­ven­to negativo.

Que­sto acca­de per­chè l’e­spe­rien­za del “pia­ce­re” avvie­ne ad un livel­lo più sot­ti­le (ovve­ro vibra­to­ria­men­te più velo­ce) rispet­to a quel­la del “dispia­ce­re”. Di con­se­guen­za la nostra per­ce­zio­ne del tem­po si alte­ra ed ecco che tre ore pas­sa­te in com­pa­gnia di una bel­la per­so­na sem­bra­no vola­re men­tre le stes­se tre ore pas­sa­te in com­pa­gnia di uno scoc­cia­to­re o comun­que di qual­cu­no che non ci pia­ce, sem­bra­no non fini­re mai.

Oppu­re per­chè ai ragaz­zi un pome­rig­gio pas­sa­to a gio­ca­re sem­bra infi­ni­ta­men­te più bre­ve di un pome­rig­gio pas­sa­to a fare i compiti.

Gli esem­pi pos­so­no esse­re miglia­ia ma cre­do pro­prio che non ce ne sia bisogno.

Inci­den­tal­men­te que­sto dovreb­be ren­de­re chia­ro per qua­le moti­vo, quan­do si pra­ti­ca medi­ta­zio­ne, il tem­po cam­bia com­ple­ta­men­te asset­to, arri­van­do a per­de­re com­ple­ta­men­te la sua nor­ma­le con­no­ta­zio­ne. O anche per qua­le moti­vo il ricor­do di un’e­spe­rien­za raf­fi­na­ta mol­to spes­so, quan­do rie­vo­ca­to, assu­me una qua­li­tà “oni­ri­ca” e vie­ne quin­di per­ce­pi­to come “qua­si sogna­to”: il moti­vo è che nel momen­to in cui rie­vo­chia­mo il ricor­do, stia­mo vibran­do su un pia­no la cui fre­quen­za è diver­sa rispet­to a quel­lo su cui vibra­va­mo nel momen­to in cui sta­va­mo real­men­te viven­do quell’esperienza.

Oh… io ci ho provato!

Ci si vede in giro!

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