Come risparmiare energia e iniziare a diventare consapevoli di sé
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Noi esseri umani abbiamo una quantità di energia limitata a disposizione. Un’energia che si rinnova naturalmente, ad esempio con un pasto, o con la compagnia di persone che amiamo, anche con il permanere nella natura, ma che, invariabilmente, si consuma nel momento in cui la utilizziamo per qualunque scopo: da quello fisico a quello emotivo, psicologico, psichico o mentale, la nostra energia cala in proporzione a quello che facciamo o non facciamo.
Certo, l’energia che abbiamo effettivamente a disposizione è molto superiore rispetto a quella che riteniamo di avere, ma questo è un altro paio di maniche e ne parleremo in un altro momento.
Quello di cui vogliamo parlare oggi è il fatto che l’energia, essendo limitata (a prescindere appunto dal limite oggettivo di essa), se usata per qualcosa non può essere usata per altro. Ecco quindi che, per fare un esempio, al termine di una giornata di lavoro fisico duro (per esempio al termine di un giorno dedicato a spaccare legna in un bosco o ad estrarre minerali in una miniera), non avremo la forza per fare altro, anche semplicemente portare la spesa a casa.
Ma la cosa non si limita al campo fisico. In campo emotivo, ad esempio, dopo una grossa sofferenza (ma anche dopo una grande gioia), la nostra capacità di reazione ad un evento emotivo successivo risulta molto ridotta. Una serie di emozioni negative in fila, magari gestite, sopportate o semplicemente subite, porta ad un’esplosione di rabbia o di sofferenza in corrispondenza dell’ultimo evento. Per fare un esempio, dopo una giornata passata in coda in autostrada, poi in ufficio a litigare con un capo che sembra non rendersi minimamente conto di quello che dice e poi ancora in coda per tornare a casa, arriviamo davanti al parcheggio e scopriamo che qualcuno ha preso il nostro posto indebitamente, ecco che esplode la lite più violenta di sempre, cosa che in condizioni normali non sarebbe magari mai accaduta.
Lo stesso vale per tutti gli altri campi attinenti l’umana composizione. E di questa legge ben sanno coloro che governano, i quali spesso e volentieri utilizzano quel principio secondo cui “quando hai fame, è difficile cercare Dio”. Un popolo affamato (non solo dal punto di vista fisico) avrà meno forza per ribellarsi, anche solo con mezzi legali.
Se siamo alla ricerca di una crescita, se siamo dei ricercatori, molto spesso la cosa che notiamo non appena iniziamo a muoverci in direzione del nostro ideale è che… ci manca l’energia per fare alcune cose che sappiamo bene essere essenziali ma che non riusciamo a mettere in campo per tutta una serie di motivi, uno dei quali, forse il più significativo è la mancanza di energia.
Gurdjieff (ma non solo lui), insegna che nella vita normale noi adottiamo tutta una serie di comportamenti che portanto inevitabilmente a bruciare molta più energia di quanto sarebbe sensato e, così facendo, ci troviamo senza forze quando dobbiamo intraprendere qualcosa di “interiore”.
All’inizio di qualunque cammino di crescita interiore o di ricerca spirituale, la prima cosa da imparare in assoluto è come evitare di sprecare energia. Noi esseri umani siamo arrivati ad un punto che perdiamo energia allo stesso modo di un secchio pieno di buchi: ora che siamo arrivati a casa dalla fonte, il secchio è praticamente vuoto e quella poca acqua che rimane basta a malapena per i bisogni basilari.
E’ qui che inizia ad avere un senso quella che viene chiamata “consapevolezza”. Innanzitutto consapevolezza del nostro corpo, dei nostri pensieri e delle nostre emozioni, allo stesso modo in cui guarderemmo un secchio bucato per trovare i buchi.
Dal punto di vista fisico, noi inneschiamo, proprio perchè sostanzialmente inconsapevoli del nostro corpo, tutta una serie di tensioni le quali, essendo tali, bruciano energia anche solo per rimanere attive. Ecco quindi che posture assurde, spalle sollevate, tensioni muscolari nella schiena, nel collo e un sacco di altre abitudini acquisite nel tempo in modo meccanico, già da sole sono sufficienti a bruciare una quantità rimarchevole di energia. Poco importa che sia energia fisica, muscolare: è comunque una parte dell’energia che abbiamo a disposizione e che non potremo usare per altro.
Lo stesso vale per le emozioni. In quante emozioni inutili, meccaniche e dannose permaniamo nell’arco di una giornata? Un’incazzatura con il capo ufficio, con il collega, o con l’idiota che ci taglia la strada, per fare esempi comuni, sono l’equivalente delle spalle contratte o degli addominali contratti quando non ce n’è bisogno: energia buttata via.
E i pensieri? Eh beh… quelli sono il massimo: pensieri inutili, fissi, immaginazioni di cose che non solo non sono avvenute ma che nemmeno sappiamo se potranno mai avere la possibilità di accadere.
In buona sostanza, tra corpo, pensieri ed emozioni, più del 90% della nostra energia se ne va gettata al vento di cose inutili.
Come si fa per evitare tutto questo?
Le tecniche ci sono e sono alla base di qualunque percorso di crescita interiore. Qui di seguito ne vediamo quattro, dette “le quattro osservazioni”. Ce ne sono alcune altre ma già queste, se messe in pratica costantemente e per il tempo sufficiente, producono modifiche stupefacenti al nostro stato di presenza ed alla quantità di energia di cui siamo in possesso.
La prima tecnica: durante la giornata, ogni volta che ce ne ricordiamo, percorriamo il nostro corpo alla ricerca di contrazioni inutili. Bisognerebbe fare una specie di “TAC mentale” rapidissima, ascoltando il corpo in un istante e, trovate le contrazioni inutili, scioglierle immediatamente. Tipicamente le spalle tese, la schiena curva in modo innaturale, le gambe tenute in posizioni assurde, l’addome contratto, i tratti del viso imposti in espressioni del tutto inutili.
La seconda tecnica: durante tutta la giornata, ogni volte che ce ne ricordiamo, verbalizziamo mentalmente (non a voce alta se no ci chiamano il 118), quello che stiamo facendo nell’istante in cui lo stiamo facendo, parlando di noi stessi in prima persona. Ad esempio, mentre scrivo queste righe verbalizzo mentalmente “Sto scrivendo al computer”, “Sto guardando lo schermo”, “Mi sto grattando un orecchio” e così via.
La terza tecnica: identica alla precedente ma, anziché in prima persona, verbalizzeremo in terza persona: “Franz sta scrivendo”, “Franz sta guardando fuori dalla finestra”, “Franz si gratta un orecchio”.
La quarta tecnica: ogni volta che ce ne ricordiamo, “fotografiamo” noi stessi mentalmente. Ci facciamo un selfie mentale, insomma, come se vedessimo il nostro corpo da fuori, da tutti i lati. Quello che dobbiamo vedere è la nostra posizione, la nostra espressione e, con il procedere della tecnica, il nostro linguaggio del corpo, quello che enunciamo all’esterno.
Non pensiamo di poter applicare queste tecniche tutte insieme dall’inizio; a meno che non siamo particolarmente dotati infatti, metterle insieme è troppo all’inizio.
Il suggerimento di applicazione è il seguente (ma può essere ovviamente adattato a seconda delle possibilità di ognuno).
Giorni 1–3: 1° tecnica
Giorni 4–7: 1° tecnica + 2°
Giorni 8–10: 1° tecnica + 3°
Giorni 11–14: 4° tecnica
Giorni 15 in poi: 3° tecnica + 4°
Se portate costantemente avanti, queste tecniche produrranno nel tempo diversi effetti: primo fra tutti quello di dimenticarsele! Questo va bene, anzi è proprio il nucleo della faccenda. L’importante è sforzarsi di ricordarsene il più spesso possibile, senza giudicarci quando ci accorgiamo di esserci completamente dimenticati di tutto magari anche per giorni interi. Non importa: si ricomincia senza darsi degli idioti.
Quando si raggiungerà un certo punto, le tecniche si trasformeranno in atti quasi involontari. E, nel tempo, in uno stato di coscienza di sé che, di fatto, è la base di partenza per un viaggio così meraviglioso che è impossibile da descrivere.
Proviamo! E se ci sono problemi… sapete dove trovarmi.
Ci si vede in giro!