Qualche consiglio sull’uso dei social

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Ogni tan­to qual­cu­no mi chie­de con­si­gli sui social, dun­que ecco­mi qui… nien­te di che, non tire­rò in bal­lo sta­ti­sti­che o altre noio­si­tà varie, solo qual­che con­si­glio deri­van­te dal buon sen­so, dal­l’os­ser­va­zio­ne e dal­l’e­spe­rien­za per­so­na­le. Quel­lo di cui par­le­rò si appli­ca pre­va­len­te­men­te a Face­book, Insta­gram, Wha­tsapp ma cre­do pos­sa esse­re facil­men­te adat­ta­to anche ad altri circuiti.

Pri­ma di tut­to: è tut­to gra­tis… com’è pos­si­bi­le? Sem­pli­ce: non lo è! Noi paghia­mo a caro prez­zo tut­to quel­lo che usia­mo, dal­lo spa­zio alle chia­ma­te, ai mes­sag­gi. Solo che inve­ce che paga­re in Euro, lo fac­cia­mo con le informazioni.

Par­tia­mo dai social, Face­book in pri­mis. FB con­ta più di due miliar­di di uten­ti atti­vi (nel 2017, fon­te Face­book, quin­di mol­to appros­si­ma­ti­vo come nume­ro), il che signi­fi­ca, anche solo imma­gi­nan­do un post al gior­no pub­bli­ca­to (non con­di­vi­so) a testa, una quan­ti­tà spro­po­si­ta­ta di spa­zio su disco. Poi c’è la ban­da: due miliar­di di per­so­ne che sca­ri­ca­no video, foto, testi… con­su­ma­no una quan­ti­tà di ban­da spa­ven­to­sa. Que­ste per FB sono due voci di costo ovvia­men­te tra le più impor­tan­ti. Poi c’è il resto.

La doman­da dovreb­be giun­ge­re spon­ta­nea: dove pren­de i sol­di? Se pen­sa­te che li rac­col­ga dal­le inser­zio­ni o dai con­te­nu­ti spon­so­riz­za­ti (che poi è lo stes­so), sie­te fuo­ri stra­da. Come dimo­stra­to ampia­men­te da diver­si “scan­da­li” recen­ti, la real­tà è un’al­tra, ovve­ro che FB non ven­de pub­bli­ci­tà ma baci­ni d’u­ten­za. E lo fa gra­zie al fat­to che rie­sce a costrui­re dei pro­fi­li estre­ma­men­te pre­ci­si dei pro­pri utenti.

E come crea que­sti pro­fi­li? Anco­ra più sem­pli­ce: moni­to­ran­do tut­to, ma pro­prio tut­to quel­lo che l’u­ten­te fa pri­ma, duran­te e dopo l’u­ti­liz­zo del­le sue pagi­ne. Vie­ne regi­stra­to il tem­po di per­ma­nen­za sul sito, la pro­ve­nien­za da qua­le altro sito, dove va l’u­ten­te, cosa clic­ca, cosa guar­da, per­si­no su qua­li con­te­nu­ti esi­ta quan­do scrol­la la pagi­na. Con qua­li per­so­ne con­di­vi­de i pro­pri con­te­nu­ti e di qua­li altri uten­ti con­di­vi­de i post. Dove met­te i “Like”, dove com­men­ta, cosa scri­ve e quan­to ci met­te. Quan­to guar­da di un video, even­tual­men­te su qua­li paro­le lo abban­do­na… cosa man­gia, beve e dove va in vacan­za, con chi e quando.

Que­sta è solo una par­te dei dati che ven­go­no rac­col­ti e solo dal­la appli­ca­zio­ne per com­pu­ter. Dal­la par­te del­l’app mobi­le si aggiun­go­no miglia­ia di infor­ma­zio­ni: posi­zio­ne, spo­sta­men­ti, in qua­li luo­ghi ci si fer­ma, dove si va a fare spe­se, con chi si par­la, quan­to e a che ora. Tra­mi­te Wha­tsapp (e chi cre­de dav­ve­ro che le infor­ma­zio­ni non ven­ga­no rac­col­te è un ingua­ri­bi­le inge­nuo, per esse­re gen­ti­li), con chi si chat­ta, quan­do e cosa si dice. Qua­li sono i con­tat­ti con cui si ha più a che vede­re, dove vivo­no e cosa fan­no, sia come lavo­ro che nel tem­po libe­ro. Con Insta­gram (che è sem­pre Face­book, esat­ta­men­te come Wha­tsapp), le imma­gi­ni, la for­ma fisi­ca, dove si va, con chi ci si tro­va, a che ora e per fare cosa.

Ad esem­pio: un solo video di 15 secon­di su Insta­gram in cui bal­la­te, dice di voi, ovvia­men­te a livel­lo probabilistico:

  • Teno­re socia­le (vostro o del­le per­so­ne che frequentate)
  • Età
  • Gusti musi­ca­li (la musi­ca su cui ballate)
  • Abi­tu­di­ni di moda (quel­lo che indossate),
  • Capa­ci­tà fisi­ca (se bal­la­te bene oppu­re no) e quin­di la vostra for­ma fisi­ca al di là del­l’a­spet­to, com­pre­se even­tua­li pato­lo­gie musco­lo­sche­le­tri­che a secon­da di come vi muovete
  • Gusti in fat­to di arre­da­men­to (i mobi­li sul­lo sfondo)
  • Amo­re per la puli­zia (dal­lo sta­to del pavimento)
  • Note carat­te­ria­li (dal­le espres­sio­ni del viso e dal lin­guag­gio del cor­po in movimento)
  • Teno­re economico
  • Capa­ci­tà contributiva
  • Even­tua­li pre­sti­ti (se ave­te un tele­vi­so­re da 6.000 euro e il resto dei mobi­li ha 20 anni è pro­ba­bi­le che lo abbia­te pre­so con un finanziamento).

La lista sareb­be anco­ra lun­ga, ma mi pare suf­fi­cien­te per capi­re che i dati rac­col­ti sono ben di più di quel­lo che si cre­de e l’u­so che ne può esse­re fat­to va ben oltre la sem­pli­ce “influen­za com­mer­cia­le”, come dimo­stra il recen­te scan­da­lo “Data­ga­te” che sta rischian­do di tra­vol­ge­re FB.

Que­sti sono dati incre­di­bil­men­te pre­zio­si, mol­to di più di quel­lo che le per­so­ne non capi­sco­no, per­chè ovvia­men­te ven­go­no uti­liz­za­ti per com­pren­de­re non solo i gusti di una per­so­na ma le sue ten­den­ze poli­ti­che, socia­li, filo­so­fi­che, le sue abi­tu­di­ni ali­men­ta­ri, salu­ti­sti­che, spor­ti­ve, di let­tu­ra, di film e di vita in gene­re. Da “com­pren­de­re” a “ven­de­re” il pas­so è pres­so­ché ine­si­sten­te. E il clien­te può esse­re chiun­que, dal­la con­ces­sio­na­ria d’au­to alla finan­zia­ria che deve deci­de­re se con­ce­de­re o meno un pre­sti­to, dal­la ban­ca al dato­re di lavo­ro, per non par­la­re di orga­ni gover­na­ti­vi spes­so non solo del pae­se a cui si appar­tie­ne o in cui si vive.

Quan­do di fron­te a que­sto, le per­so­ne rispon­do­no “ma io non ho nul­la da nascon­de­re”, mi vie­ne da rispondere:

“No, idio­ta! Non hai nul­la che tu POSSA nascon­de­re o sem­pli­ce­men­te tene­re per te stes­so. E’ la tua liber­tà che stai ven­den­do in cam­bio del­la gra­ti­fi­ca­zio­ne di vede­re 100 per­so­ne a cui pia­ce il tuo gat­to! Alme­no fat­ti paga­re, o som­mo imbecille!”

Det­to que­sto, vedia­mo come FB gesti­sce e diri­ge l’ag­gre­ga­zio­ne del­le per­so­ne attor­no ai con­te­nu­ti, ovve­ro come crea micro­grup­pi e pic­co­li eco­si­ste­mi infor­ma­ti­vi (il per­chè, dato quan­to det­to pri­ma, mi pare ovvio: diven­ta più faci­le rac­co­glie­re dati anco­ra più pre­ci­si sul­le persone).

L’al­go­rit­mo secon­do cui ci ven­go­no mostra­ti con­te­nu­ti sul­la “home” innan­zi­tut­to è com­ple­ta­men­te dif­fe­ren­te che si usi il cel­lu­la­re o il com­pu­ter. Poi, FB fa in modo di mostra­re i nostri con­te­nu­ti sem­pre alle stes­se per­so­ne o qua­si, scel­te tra colo­ro con cui inte­ra­gia­mo di più tra­mi­te i “Like”, le “Rea­zio­ni”, i “Com­men­ti” e le “Con­di­vi­sio­ni”, in ordi­ne inver­so di importanza.

Quin­di un con­te­nu­to ver­rà mostra­to a più per­so­ne in pro­por­zio­ne a quan­te vol­te vie­ne, nel­l’or­di­ne: con­di­vi­so, com­men­ta­to, etc. etc. Ma le per­so­ne sono sem­pre di più quel­le a diret­to con­tat­to con l’u­ten­te che ha ori­gi­na­to il con­te­nu­to. Ecco che quin­di la dif­fu­sio­ne “vira­le” diven­ta sem­pre più dif­fi­ci­le ma, soprat­tut­to, controllata.

Il modo di con­trol­la­re la dif­fu­sio­ne di un con­te­nu­to, di fat­to è mol­to sem­pli­ce: si fa leva sul­la pigri­zia e sul­la disat­ten­zio­ne. Se ci fac­cia­mo caso, le impo­sta­zio­ni di “pri­va­cy” di default, quin­di quel­le che, a meno di un inter­ven­to del­l’u­ten­te, ven­go­no appli­ca­te, sono quel­le per cui il con­te­nu­to è visi­bi­le solo agli “ami­ci” di chi lo pub­bli­ca. Ovvio quin­di che, se qual­cu­no lo con­di­vi­de, sarà comun­que sem­pre visi­bi­le solo a quei con­tat­ti che il secon­do ha in comu­ne con il primo.

Ed ora pas­sia­mo dal­le spie­ga­zio­ni ai consigli:

Pri­mo: non rega­lia­mo la nostra vita.

Cer­chia­mo di pub­bli­ca­re il meno pos­si­bi­le con­te­nu­ti (di qua­lun­que tipo) che pos­sa­no par­la­re di noi, al di là del­le infor­ma­zio­ni più gene­ri­che. Pub­bli­ca­re foto dei figli, ad esem­pio, è una caz­za­ta imma­ne: per­chè stia­mo dif­fon­den­do non solo infor­ma­zio­ni su qual­cu­no che non si può oppor­re ma per­chè ne stia­mo mostran­do non solo lo sta­to ma l’e­vo­lu­zio­ne nel tem­po, il che ren­de quel­la per­so­na (il figlio) sog­get­to ad una pro­fi­la­zio­ne anco­ra più spie­ta­ta di quel­la che riguar­da un adul­to, per­chè per­met­te di pre­ve­de­re qua­li saran­no i suoi gusti una vol­ta dive­nu­to tale. E, tra­mi­te il reag­grup­pa­men­to in micro­grup­pi, estre­ma­men­te pilo­ta­bi­le sul­le scel­te com­mer­cia­li ma anche socia­li, poli­ti­che e di pen­sie­ro. Insom­ma: fare vede­re a tut­ti quan­to è bel­lo il nostro par­go­lo che, ad esem­pio, impa­ra ad anda­re a caval­lo, lo ren­de un futu­ro schia­vo più che se lo aves­si­mo ven­du­to, in cam­bio solo del­la dub­bia sod­di­sfa­zio­ne del­l’ap­pro­va­zio­ne dei nostri contatti.

Allo stes­so modo, qua­lun­que con­te­nu­to pub­bli­ca­to ripe­tu­ta­men­te, ci iden­ti­fi­ca in una cor­ren­te di pen­sie­ro, in uno sche­ma. Quin­di ogni vol­ta che pub­bli­chia­mo qual­co­sa dob­bia­mo chie­der­ci: cosa sto rive­lan­do al mon­do di me? Il pro­ble­ma è che non solo è dif­fi­ci­le da capi­re ma anche più com­ples­so in quan­to i nostri pro­fi­li ven­go­no ela­bo­ra­ti sul­la scor­ta di un fit­to con­trol­lo incro­cia­to di infor­ma­zio­ni, pro­ve­nien­te non solo da FB ma, per fare solo l’e­sem­pio di casa Zuc­ker­berg da Wha­tsapp, Insta­gram e Messenger.

Secon­do: non usia­mo app esterne

In modo par­ti­co­la­re evi­tia­mo i test psi­co­lo­gi­ci, i gio­chi­ni in cui qual­cu­no si pro­po­ne di indo­vi­na­re la nostra età, che aspet­to avre­mo da vec­chi etc. etc. Sono appa­ren­te­men­te gra­tui­ti ma nel­l’i­stan­te in cui li usia­mo la nostra iden­ti­tà vie­ne col­le­ga­ta non solo al risul­ta­to (il più del­le vol­te del tut­to casua­le) ma soprat­tut­to alle rispo­ste che abbia­mo dato alle varie doman­de. E come ha dimo­stra­to lo scan­da­lo del­la rac­col­ta dati ope­ra­ta da Cam­brid­ge Ana­ly­ti­ca tra­mi­te cui sono sta­te in par­te pilo­ta­te le scel­te poli­ti­che di milio­ni di per­so­ne, que­sti sono dati che val­go­no più oro di quan­to pesi il nostro PC!

Ter­zo: uscia­mo dal microgruppo

Quan­do pub­bli­chia­mo un con­te­nu­to (ma il discor­so vale anche per le con­di­vi­sio­ni di con­te­nu­ti altrui), fac­cia­mo atten­zio­ne alle impo­sta­zio­ni di “Pri­va­cy”. Se voglia­mo che un con­te­nu­to ven­ga visto dal mag­gior nume­ro pos­si­bi­le di per­so­ne, ricor­dia­mo­ci di ren­der­lo visi­bi­le a “Tut­ti” e non solo ai nostri ami­ci. Se inve­ce voglia­mo che resti pri­va­to… non pub­bli­chia­mo­lo! Usia­mo altri modi: tele­fo­no, Tele­gram, Signal…

Quar­to: sce­glia­mo il momen­to giusto.

Le per­so­ne acce­do­no a FB e social vari in momen­ti spe­ci­fi­ci del­la gior­na­ta: pri­ma di anda­re a lavo­ra­re, duran­te la pau­sa caf­fè, duran­te il pran­zo, men­tre tor­na­no a casa, dopo cena. Quin­di, se voglia­mo che un con­te­nu­to sia visi­bi­le al mag­gior nume­ro di per­so­ne, pub­bli­chia­mo­lo in uno di que­sti momen­ti. Con­di­vi­de­re un post inte­res­san­te a mez­za­not­te lo ren­de­rà pres­so­ché invisibile.

Quin­to: pren­dia­mo il con­trol­lo di quel­lo che vedia­mo e che pubblichiamo

UNO
Face­book vuo­le deci­de­re cosa far­ci vede­re per cui, in assen­za di una nostra azio­ne, deci­de­rà cosa, come, quan­do e quan­to mostrar­ci. Per evi­ta­re (pazial­men­te) que­sto abu­so, occor­re anda­re sul pro­fi­lo del­le per­so­ne che ci inte­res­sa­no, pas­sa­re il mou­se sul tasto “AMICI” e poi flag­ga­re la voce “Rice­vi le notifiche”.

Per le pagi­ne, quan­do met­tia­mo un like, andia­mo poi sul­la pagi­na, clic­chia­mo sul­la voce “PAGINA SEGUITA” e poi sul­l’i­co­na a for­ma di mati­ta a fian­co alla voce “NOTIFICHE” e, nel riqua­dro che si apre, met­tia­mo il segno di spun­ta accan­to alla voce “STANDARD”. Altri­men­ti sarà Face­book a deci­de­re cosa mostrar­ci e, per giun­ta, solo di quei con­te­nu­ti che l’am­mi­ni­stra­to­re del­la pagi­na ha mes­so in evi­den­za (vale a dire pagato).

DUE
cer­chia­mo di ucci­de­re la pigri­zia. Se le per­so­ne che seguia­mo han­no un sito o un blog, andia­mo su quel sito e iscri­via­mo­ci alle loro new­slet­ter. Altri­men­ti lascia­mo anco­ra una vol­ta ai Social il com­pi­to di dir­ci quel­lo che voglia­mo leggere.

TRE
apri­re un pic­co­lo sito o un pic­co­lo blog è faci­lis­si­mo. Non fac­cia­mo la caz­za­ta di pub­bli­ca­re i nostri con­te­nu­ti solo su Face­book, per­chè il gior­no in cui deci­do­no di chiu­der­ci il pro­fi­lo, tut­to quel­lo che abbia­mo costrui­to, maga­ri negli anni, spa­ri­sce per resta­re solo in mano a Face­book e noi non abbia­mo più un posto da cui far sen­ti­re la nostra voce.
Usia­mo i social per dif­fon­de­re i nostri con­te­nu­ti ma fac­cia­mo in modo che riman­ga­no nostri e visi­bi­li nono­stan­te le scel­le­ra­te poli­ti­che cen­so­rie del­l’i­ni­quo staff di Facebook.

Sesto: non fac­cia­mo­ci tracciare

Cer­chia­mo di usa­re il cel­lu­la­re per quel­lo che è: uno stru­men­to di comu­ni­ca­zio­ne. Non tenia­mo (e non usia­mo) per quan­to pos­si­bi­le le ver­sio­ni mobi­le del­le varie app. Pro­va­te a disin­stal­la­re FB e Mes­sen­ger dal cel­lu­la­re e vedre­te quan­to ne sie­te diven­ta­ti dipen­den­ti nel tem­po (par­lo per espe­rien­za). Non solo: vedre­te che la bat­te­ria del cel­lu­la­re dura un bel 20–30% in più, e che il vostro col­lo farà meno male per­chè pas­se­re­te meno tem­po con la testa chi­na sul­lo schermo.
But­ta­te nel ces­so Insta­gram che altro non è se non la fie­ra del­la vani­tà tra­mi­te cui i siste­mi di rico­no­sci­men­to fac­cia­le fan­no la festa e le agen­zie pub­bli­ci­ta­rie mira­no le offer­te com­mer­cia­li sul­la nostra for­ma fisi­ca o sul grup­po di per­so­ne con cui ci tro­via­mo più spesso.
But­ta­te pari­men­ti nel­lo sca­ri­co anche Wha­tsapp. Se dove­te comu­ni­ca­re con le per­so­ne piut­to­sto usa­te Tele­gram o Signal. E se i vostri con­tat­ti si lamen­ta­no per­chè non ave­te wha­tsapp, dite­gli di chia­mar­vi, oppu­re di man­dar­vi un SMS oppu­re di usci­re dal­l’a­bi­tu­di­ne e dal­la pigri­zia e instal­la­re una del­le appli­ca­zio­ni alter­na­ti­ve di cui sopra. Non sono di cer­to gesti­te da grup­pi di san­ti, ma alme­no sia­mo cer­ti che non con­di­vi­do­no le loro infor­ma­zio­ni con il grup­po di Zuckerberg.

Set­ti­mo: con­fon­dia­mo le nostre tracce

Spa­ria­mo “Like” ad min­chiam (atten­ti però ai con­te­nu­ti, che se met­te­te un “like” su un post il cui con­te­nu­to è pas­si­bi­le di denun­cia diven­ta­te auto­ma­ti­ca­men­te per­se­gui­bi­li pure voi), com­men­tia­mo una cosa e poi l’e­sat­to con­tra­rio etc. etc. E se un gior­no postia­mo un arti­co­lo in cui dicia­mo che “la trip­pa con i fagio­li ci fa schi­fo”, il gior­no dopo postia­mo una foto di un bel piat­to di trippa!

Otta­vo: ricor­dia­mo­ci che la rete non dimentica

Ogni vol­ta che pub­bli­chia­mo qual­co­sa, anche se la can­cel­lia­mo, resta sui ser­ver! Non è vero che FB can­cel­la le nostre infor­ma­zio­ni se can­cel­lia­mo l’ac­count. Anche dopo il perio­do di sicu­rez­za (cre­do 15 gior­ni), tut­to quel­lo che abbia­mo scrit­to, pub­bli­ca­to, com­men­ta­to e foto­gra­fa­to, insie­me a tut­ti i dati di pro­fi­la­zio­ne, resta sui ser­ver a dispo­si­zio­ne di chi acqui­sta i vari dati.

Nel dub­bio, sem­pli­ce­men­te non pub­bli­chia­mo la foto, il testo; tenia­mo­ci il com­men­to per noi e pure il “Like” che da solo è l’ar­te­fi­ce del 90% del­le profilazioni.

Last but not lea­st: col­le­ghia­mo il cer­vel­lo e il buon senso

Sono due stru­men­ti fan­ta­sti­ci, gra­tui­ti e in dota­zio­ne (fat­te sal­ve le dovu­te ecce­zio­ni) fin dal­la nasci­ta. Usiamoli!

Ci si vede in giro!

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