Su violenza e dittatura

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Ci un un tempo in cui l’Impero Romano, sedutosi sui propri allori e sulla propria convinzione di superiore civiltà, decise che l’uso della forza doveva essere messo al bando in quanto segno inequivocabile di inciviltà.

Ora, a prescindere dal fatto che i Romani fino a dieci minuti prima avevano usato proprio quella stessa violenza per sottomettere tutti i popoli oggetto della loro espansione, quello che accadde, come diretto frutto dell’ipocrisia per cui la violenza dovrebbe essere da aborrire in una popolazione civile, fu che la pax romana  andò direttamente a cozzare contro la mancanza di consapevolezza di tale fattore da parte di quelle popolazioni barbare che, infatti, fecero semplicemente a pezzi lo stato romano.

Pensare che la violenza sia qualcosa da cui una popolazione civile debba prescindere ha sicuramente senso, ma solo ad alti livelli di civiltà e da parte di popoli e governanti sostanzialmente illuminati perchè, in quell’ambito, la violenza non è necessaria. Non stiamo quindi di certo parlando delle trogloditiche condizioni della cosiddetta “civiltà” occidentale che di civile non ha proprio nulla se non il vizio di bollare la violenza altrui come inaccettabile ma di consentire la propria come necessaria, santa e benedetta.

Perchè alla fine, questo è quello che viene continuamente fatto da tanti governi: varare leggi, decreti e provvedimenti sempre più violenti nel limitare la libertà, nell’alimentare pregiudizi e separazione e nell’attaccare i diritti individuali, senza minimamente ascoltare quello che dice il popolo. Ma questa non viene dipinta come violenza, ovviamente, anzi: questo è il diritto (presunto) di chi governa.

Al contrario, chi protesta, manifestando il proprio pensiero in modi che, fatti salvi i soliti ridotti numeri di cialtroni guerrafondai, sono spesso e volentieri del tutto pacifici, viene bollato come “violento” perchè, ad esempio con un corteo, “limita” la libertà di movimento dei “prodi” cittadini modello.

In una democrazia vera, la manifestazione di dissenso viene ascoltata dal governo, in quanto questo è consapevole di non essere il capo assoluto, ma il delegato del popolo a decidere per il bene di tutti. Se un governo non ascolta le manifestazioni pacifiche perchè tanto non gliene frega nulla e nega il diritto di manifestare con varie scuse, a casa mia questa non si chiama più democrazia.

E’ inutile che si continui a promulgare il concetto della “violenza come ultimo rifugio degli incapaci”, cercando di fare sentire appunto incapaci le persone, perchè sarà pure l’ultimo rifugio ma quando costringi un popolo in quella direzione, poi rischi di non riuscire più a fermare le dirette conseguenze dei tuoi atti e la responsabilità oggettiva (che di solito viene ricordata ai diretti interessati sotto forma di Karma) di quello che accade, nel bene e nel male, è tua che ti piaccia o no, legale o no che sia. Non è difficile capire che in un contesto infiammato perché la libertà viene limitata sempre di più da un governo che sempre meno dimostra di sapere quale sia il suo dovere, la figura del dittatore trova fertile terreno.

L’ho detto decine di volte ma ritengo che sia qualcosa che vada sempre ricordato e sottolineato: Platone docet. Dalla democrazia la demagogia, quindi la dittatura ed infine la tirannide.

Ed a tutti coloro che si sentono molto intelligenti nel ricordare che “…quella della Corea del Nord, quella si che è una dittatura “(per fare un esempio ma qualunque altra va bene), suggerisco di fare un po’ di pulizia nella propria straordinaria ignoranza. Magari così potranno rendersi conto che ben poche dittature sono iniziate con un colpo di stato o altro atto chiaramente identificabile. Se andate a vedere in quali condizioni si sono instaurate invece, scoprirete che hanno avuto inizio con una progressiva limitazione della libertà nel nome della sicurezza comune e della stabilità politica, il cosiddetto “totalitarismo”; nella maggior parte dei casi con l’appoggio della maggioranza della popolazione che credeva di essere la parte protetta senza rendersi conto che l’unica parte ad essere tale era una ben ristretta cerchia all’interno della direzione governativa.

Per fare un esempio, quella citata sopra e che oggi, a tutti gli effetti, è teatro di una delle più incredibili e coercitive negazioni dei diritti umani ad opera di pochi colpevoli, è iniziata esattamente così: con poche libertà negate, progressivamente, sempre nel nome della libertà della maggioranza, della sicurezza della popolazione e della stabilità del paese; la dittatura in Corea del Nord (che nonostante tutto continua a farsi chiamare “Repubblica” ma che di tale non ha ovviamente più nulla), è nata dalle ceneri di una dominazione: quella del Giappone, (altro paese culturalmente incline alla dittatura ed al regime totalitario). Lì sono passati… dalla brace alla padella, per parafrasare un vecchio detto. La dinastia Kim inizia con il fondare un partito all’apparenza democratico a cui tutti inneggiano come liberatore dal giogo straniero ma che, subito dopo, inizia a scalare in senso inverso la libertà e la democrazia per assicurare sempre più il proprio potere. Dopo 80 anni circa, il risultato è quello che vediamo.

Se non foste imbevuti di ignorante inconsapevolezza e di qualunquista moralismo senza fondamento, potreste rendervi conto di quanto la stessa identica cosa (seppure con presupposti e percorsi diversi) sia già accaduta in Italia con il Fascismo, in Germania con il nazismo, in Argentina con il governo dei generali, in Spagna con il franchismo, in Vietnam con Ho Chi Min, in Russia con Stalin e in Cina con la banda dei quattro, oggi sostituita da quella del singolo.

Certo che una dittatura ancora non è evidente ne tale (e per lo stesso motivo neppure ancora scontata, seppure probabile oltre che possibile): come sempre ogni fenomeno manifesto prende, prima, causa nelle tenebre dell’immanifesto.

Petronio, nel suo Satyricon, parlando dei sogni diceva : Quidquid luce fuit, tenebris agit, “Tutto ciò che fu nella luce, agisce nelle tenebre” (detto poi preso da Nietzsche per dire altro). Si tratta, se vogliamo, di un aforisma palindromo; potremmo benissimo dire infatti: Quidquid tenebris fuit, lucis agit: “tutto ciò che fu nelle tenebre, agisce nella luce”.

E’ incredibile come la maggior parte delle persone non riesca mai ad imparare nulla dalle, pur frequenti, ripetizioni della Storia.

Ci si vede in giro!

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2 Commenti
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Silvia

Mala tempora currunt…

Franz
Reply to  Silvia

…et praeter pessima parantur!