Biennale di Venezia: superficialità totale anche nell’arte – By Ilia

Come si legge sul Corriere è al via la Biennale di Venezia, con l’esposizione delle opere d’arte di diversi artisti contemporanei, di cui si possono vedere alcune immagini all’interno del articolo.
Tra le più provocatorie si possono ammirare finti cadaveri avvolti in un telo (il tutto in marmo di Carrara), un corpo di gomma che come morto galleggia in una piscina, specchi infranti, ed altre cose alquanto innaturali e talvolta decisamente sgradevoli.
La superficialità dilagante di questa epoca, di cui ha più volte parlato Franz, non può non coinvolgere anche l’arte, allontanandola sempre di più da un’idea di armonia e dal tentativo dell’artista non solo di esprimere se stesso, ma anche di suscitare nello spettatore qualcosa che lo emozioni profondamente, in grado a volte anche di elevarlo.
Da ormai molto tempo l’arte ha perso contatto con la conoscenza vera, quella conoscenza di principi e di metodologie che permette a chiunque la possegga di produrre in maniera scientifica e riproducibile effetti sulla materia, sull’emotivo e sulla mente dello spettatore.
Pensiamo per esempio alle cattedrali gotiche, alla sensazione che sono in grado di provocare in chiunque vi entri all’interno e sia minimente in uno stato di ascolto rispetto all’ambiente, indipendentemente dal collegamento soggettivo di trovarsi in un luogo di culto.
Stiamo parlando di “Arte Oggettiva”, come la chiama Gurdjeff nel libro “Frammenti di un Insegnamento Sconosciuto”, dove in particolare si fa riferimento ad una musica che è in grado di produrre precisi effetti fisici, cioè di distruggere costruzioni o uccidere persone, ma anche in grado di edificare e curare.
Non può essere altrimenti, una conoscenza è tale se può essere usata sempre nelle due direzioni, una costruttiva e l’altra distruttiva.
A questo punto proviamo a chiederci: quale linguaggio sta dietro una conoscenza che si possa definire oggettiva? Secondo la mia esperienza di Ricercatore, sia in ambito scientifico che interiore, tale linguaggio non può che essere la Matematica. La matematica infatti è un linguaggio che ci permette di descrivere la realtà che ci circonda in base alle leggi che la governano, indipendentemente dalla soggettività emotiva di chi opera con tale linguaggio.
La matematica è universale, non cambia a seconda delle culture, non si modifica a secondo delle epoche storiche, fa parte del modo delle idee di cui parlava Platone, esiste già di per se, è la “Matrix” (cioè la matrice) che sta dietro alla nostra percezione soggettiva della realtà. Scopo del ricercatore è esplorarne le infinte stanze diventandone sempre più padrone, ed utilizzandone i risultati per interagire con la realtà, superando i limiti che prima di scoprirne le leggi erano invalicabili.
Nel 700’ Newton formulo matematicamente la descrizione della Forza di Gravità, che descrive il campo gravitazionale generato da un corpo dotato di una certa massa. Da questa semplice formula, che tutti abbiamo studiato a scuola, mettendola in relazione con i principi della dinamica descritti da equazioni matematiche, è possibile calcolare la velocità di fuga che bisogna imprimere ad un razzo per farlo uscire dal campo gravitazionale terrestre. E così l’uomo è andato sulla luna.
Il meccanismo quindi è chiaro, conoscere le leggi per superare il limite descritto dalle leggi stesse, e potersi emancipare. Questo vale sempre, nel mondo esteriore come in quello interiore.
Per muoversi in questo sentiero è necessaria però una certa sete di conoscenza, legata al quel senso di irrequietudine che induce a non accontentarsi delle risposte scontate, che spinge a farsi delle domande, sul come e sul perché delle cose. E facciamo attenzione all’ordine di queste due parole fondamentali, prima il “come” e poi il “perché”: solo quando si capisce come funziona qualcosa se ne può capire anche la motivazione che ne sta dietro, non viceversa.
Questo è l’errore tipico delle persone diffidenti, prima di comprendere il come vogliono sapere il perché, e così a volte, per paura di essere fregati come diceva Franz parlando delle sette, si perdono l’opportunità di scoprire qualcosa che potrebbe cambiare loro la vita.
Ora per concludere mi faccio una domanda: c’è qualcosa di tutto questo nelle opere esposte alla Biennale di Venezia? Non so voi, ma io non ne vedo neanche l’ombra.
Ciao Ilia…bello e coraggioso il tuo articolo….in effetti il concetto di bellezza ed armonia più classico si è perso sempre più in conformità alle epoche più o meno buie…
Ritengo personalmente che qualsiasi cosa possa diventare arte perchè dipende da come lo si fa e non da cosa si fa….
Avere trasceso in sè ed esprimerlo nella materia è cosa di pochi e sempre lo sarà…come anche la conoscenza da te citata…è un cibo per pochi…
Dietro la matematica vi sta una mente … ed una mente soggettiva non può spiegare l’oggettivo… come la mente non può curare se stessa etc… perchè si fonda sul principio della dualità…
Occorrono altri strumenti per sondare …è come essere davanti ad un oceano con una bottiglia in mano e voler riempire la bottiglia con tutto il liquido presente davanti ai nostri occhi….
Un saluto…
Wfal
Grazie tante del commento. Permettimi una precisazione. Certo occorrono strumenti oltre la mente duale per sondare veramente, qualcosa di più di una mente soggettiva. La conoscenza di un linguaggio oggettivo come la maematica però può aiutare alla comprensione se una persona è veramente alla ricerca, facendogli sfiorare a volte livelli di comprensione che il suo stato realizzatoio da solo non gli permetterebbe.
Un saluto…
Un linguaggio può essere oggettivo…?
o per sua stessa natura è per forza soggettivo…?
da dove scaturisce il linguaggio….?
quindi se parliamo di linguaggio parliamo di mente duale o no ?
Un conto è capire e qui entra in campo la sola mente…
un conto è la comprensione dove una giusta dose di ragione e sentimento entrano in gioco….
quindi con la sola mente è possibile comprendere o solo capire qualcosa ?
si può arrivare a sfiorare livelli in cui si è capito qualcosa in modo innimaginabile….
ma un altra cosa è la comprensione…
difficilmente si può comprendere qualcosa che già non si contiene ?
e se così fosse livelli di comprensione e stato realizzativo dovrebbero essere disgiunti…?
quindi ripetiamo la domanda, la conoscenza di un linguaggio come la matematica può aiutare alla comprensione o a capire ?
La mente…mente, e capire spesso preclude la strada della comprensione.
D’altronde invece dopo comprensione si apre la strada per capire.
E’ una questione di comunicazione tra strumenti diversi. La mente, assoggettata al cuore, è uno strumento formidabile per la comprensione.
Quando la mente dimentica il cuore, ed è progettata per farlo, allora la comprensione è impedita e l’esperire si trasforma in mero sapere. Impermanente ed inutile.
Diversa è forse la questione del linguaggio, il cui scopo dovrebbe essere quello di trasferire, di fornire un terreno comune tra due interlocutori. La matematica esula da questo concetto, quando prende in considerazione il tutto di un continuum.
Quando non pretende di ridurre a modello una realtà altrimenti estremamente complessa.
In fin dei conti finora, e per quanto mi è dato di capire dalle mie scarse conoscenze, la matematica è ancora mappa e, in quanto tale, non potrà mai essere il territorio, neppure per atto magico.
Ma la matematica di frontiera, quella che viene in questi tempi sviluppata, si avvicina molto ad una descrizione seria della realtà. Il problema è che mancano dei pezzi.
Faccio un esempio, tratto dall’analisi matematica. Quando nello studio della funzione si opera il cosiddetto “passaggio al limite”, in realtà si mette in campo un’operazione di “comprensione”, che permette di effettuare il salto dal monto quantico a quello continuo.
La matematica è partita dalla descrizione del continuo, per poi approdare all’infinitamente piccolo, con la meccanica quantistica, ed ora ha esulato da questo ambito ristretto, per opera di strumenti di calcolo sempre più raffinati.
La matematica dell’universo non può che essere oggettiva. Ciò che è soggettivo è in realtà il nostro utilizzo dello strumento matematico, ancora limitato.