Competitivi o creativi? Questa è la fregatura! By Valeria

Sia­mo così tan­to abi­tua­ti a com­pe­te­re e para­go­nar­ci con gli altri che mol­to spes­so la pro­va che ci impo­nia­mo nel con­fron­to diven­ta più impor­tan­te del con­te­nu­to dell’azione.

E mi vie­ne il dub­bio che, fra le tan­te cau­se di mal fun­zio­na­men­to del­la strut­tu­ra socia­le, alme­no in par­te il moti­vo vada ricer­ca­to in que­sto atteg­gia­men­to men­ta­le così dif­fu­so.

Nel con­fron­to poi, trop­po spes­so ci sen­tia­mo per­den­ti e quin­di fru­stra­ti, infat­ti sem­bra pro­prio una rego­la che l’erba del vici­no abbia quel­la spe­cia­le tona­li­tà di ver­de che la nostra non pos­sie­de mai.

l'erba del vicino è sempre più verdeMa anche nel caso for­tu­na­to di riu­sci­re a gon­fia­re un pochi­no il nostro ego per il fat­to di rite­ner­ci più impor­tan­ti o più arri­va­ti o più visi­bi­li, più poten­ti, più ric­chi o più bel­li, è dav­ve­ro così impor­tan­te ave­re rag­giun­to que­ste vet­te se non sia­mo riu­sci­ti a intra­pren­de­re qual­co­sa che vibri sul­la nostra corda?

E se così è, non sor­ge pri­ma o poi il dub­bio di ave­re per­so tem­po ed ener­gie per somi­glia­re a qual­cu­no che non sia­mo noi, per rag­giun­ge­re uno sta­tus che non ci riguar­da, per sod­di­sfa­re le aspet­ta­ti­ve del­le per­so­ne che dico­no di amarci?

Agia­mo sull’onda imi­ta­ti­va dell’originale. E mol­to spes­so quell’originale è solo un model­lo impo­sto che è già di secon­da, ter­za o quin­ta mano (ad esse­re ottimisti!).

Ma se anche fos­si­mo sta­ti tan­to for­tu­na­ti da incon­tra­re l’originalità duran­te il nostro cam­mi­no su que­sto pia­ne­ta così poco crea­ti­vo, c’è da doman­dar­si se l’abbiamo rico­no­sciu­ta, se ne abbia­mo col­to il pro­fu­mo; se abbia­mo col­to quel­la par­ti­co­la­re fra­gran­za carat­te­ri­sti­ca di chi è genui­no, di chi lo è veramente.

Sia­mo così poco incli­ni alla genui­ni­tà, che una per­so­na di que­sta natu­ra (e spes­so­re) potrem­mo non notar­la nem­me­no, oppu­re la sua pre­sen­za potreb­be pro­dur­re in noi più dif­fi­den­za che curio­si­tà e desi­de­rio di approfondimento.

E del resto, non pro­via­mo for­se dif­fi­den­za addi­rit­tu­ra nei con­fron­ti del­la par­te più auten­ti­ca di noi stes­si? Sap­pia­mo favo­ri­re la nostra ori­gi­na­li­tà? O la inqui­nia­mo di medio­cri­tà per­ché uni­for­man­do­ci ai model­li impo­sti (o auto impo­sti) ci sen­tia­mo al sicu­ro da cri­ti­che e attac­chi per­so­na­li?

Sareb­be a dire che piut­to­sto che impa­ra­re a col­ti­va­re ciò che di più auten­ti­co pos­se­dia­mo, pre­fe­ria­mo riem­pir­ci di rab­bia e fru­stra­zio­ni! Così, tan­to per non rischiare…

Eppu­re potreb­be esse­re mol­to impor­tan­te impa­ra­re a svi­lup­pa­re il nostro poten­zia­le crea­ti­vo, per­ché solo così potre­mo immer­ger­ci nell’azione con quell’intensità e con quell’intimo, spe­cia­le appa­ga­men­to pro­dot­ti dal pia­ce­re in se di com­pier­la, indi­pen­den­te­men­te da costi e bene­fi­ci indi­vi­dua­li.

L’espressione di que­sto nuo­vo spa­zio con­qui­sta­to, potreb­be costi­tui­re il dono più gran­de che potrem­mo fare a noi stes­si e all’umanità.

Vor­rei con­clu­de­re con un’immagine che pen­so val­ga più di mol­te paro­le: parec­chi anni fa, dopo un fati­co­so tra­git­to in sali­ta, sta­vo per rag­giun­ge­re la cima di una montagna.

Ero stan­ca e affa­ti­ca­ta e diver­se altre per­so­ne attor­no a me si affan­na­va­no per arri­va­re alla meta ambi­ta.

Poche deci­ne di metri sot­to la cima c’era un vec­chio sedu­to nel pun­to più pano­ra­mi­co dell’intero per­cor­so. Lui, con la sua pipa in boc­ca, lo sguar­do assor­to, osser­va­va la val­la­ta sot­to­stan­te che si apri­va ai suoi occhi, riem­pien­do­si di quel­la visio­ne.

Non si cura­va di noi e cre­do che qua­si nes­su­no lo notò. Ma per me egli costi­tuì un gran­de inse­gna­men­to: com­pre­si che lui ave­va rag­giun­to la vet­ta e che io, inve­ce, ave­vo anco­ra mol­ta stra­da da fare.

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