Essere pieni di sé. Non è cosi male, ma dipende da quale “sé”

La questione del Sé crea sempre un grandissimo macello: prima di tutto dal punto di vista semantico, dato che su dieci persone che nominano questa parola ci sono almeno 20 significati attribuiti ed altre decine attribuibili.

In effetti ci sono un sacco di strutture dell’essere umano a cui si fa riferimento con questo termine. Qualcuno lo intende come “quello di cui si è coscienti”, altri come “l’io che pensa”, altri ancora come “quello che prova emozioni”, oppure l’inconscio, qualcun altro l’anima e qualcuno ancora (pochi oppure tutti, dipende da che parte si guarda la cosa) come “la nostra parte reale”.

Sul termine in questione in effetti vige una incredibile confusione, generata negli anni in parte dalle varie teorie, religioni, filosofie… dall’altra, ed è qui che la faccenda diventa importante, dal fatto che pochi… pochissimi hanno davvero visto un Sé.

L’essere umano è una struttura estremamente complessa, in cui gli strati di verità diventano sempre più reali man mano che la realizzazione procede in direzione di quel Sé fantomatico di cui un sacco di gente parla.

Ma chiariamo una cosa: il vero Sé è qualcosa che va realizzato e che, una volta tale, produce una tale trasformazione interiore che per lo stesso interessato, in primis, ma anche per chi lo incontra, non ci possono essere dubbi. Almeno in questo caso quindi è valido il vecchio detto “Un dubbio… nessun dubbio”. Se hai anche solo un dubbio sul fatto di esserti autorealizzato oppure no.. beh, ecco che hai ragione: non lo sei!

Ma anche non avere dubbi, non sempre è una garanzia. Puoi avere realizzato qualcosa che è semplicemente un po’ più oggettivo della condizione precedente e scambiarlo per la realizzazione completa. Può succedere, anzi… succede spesso, perchè a metterci lo zampino è un’altra struttura che produce molta confusione anch’essa: l’ego.

Questo simpatico nanetto che si aggira nel nostro giardino è un fedele alleato di quella mente che, come dice la mia amica Anna… mente costantemente. La nostra mente ha pian piano preso sempre più potere, grazie a svariati meccanismi di cui solo alcuni possono essere gestiti e oggi si è sostituita a noi, a quel Sé di cui sopra, facendoci credere… di essere lui.

Quindi, come tutte le persone (la nostra mente ed il nostro ego sono, a tutti gli effetti, delle persone: siamo noi, fino a che non ci realizziamo) non ne vogliono sapere di morire o farsi da parte. Quindi faranno di tutto per sopravvivere, ovvero per continuare ad essere “noi”.

Ma ego e mente non sono strutture oggettive. Sono costrutti di origine psico-bio-chimica, pezzi della macchina per così dire, che non hanno alcuna permanenza ne alcuna pregnanza reali. E infatti è grazie a loro che oggi ci amiamo e domani ci chiuderemmo in un sacchetto di schiaffi. Sono loro a dondolare da una parte e dall’altra, facendoci tuttavia vivere l’illusione, grazie alla memoria, di essere noi stessi.

Mediamente, diciamo, nulla di tutto quello cui ci riferiamo con il termine “Sé” è davvero il nostro “Sè”.

Ecco quindi che arriviamo al titolo del post.

In realtà è sbagliato considerarsi delle merde, tanto quanto degli/delle strafighi/e, tanto quanto ostentare umiltà od orgoglio… sono tutte stronzate fino a che… non si sa davvero ciò che si è. Ed è ovvio a quel punto che non c’è nulla da ostentare quanto da essere.

Nel frattempo però essere pieni di sé porta immancabilmente ad una condizione di mancata capienza per quanto attiene il vero sé. E questo è un bellissimo trucco della nostra mente che così non fa altro che tenerci lontani da dove davvero dovremmo andare.

Se passi il tempo a pensare a te stesso/a come a ciò che non sei affatto, tutto passerà per quel filtro. Qualunque esperienza sarà filtrata dall’ego e rivoltata in favore della situazione presente. Il classico caso di quando si impara qualcosa che poi si usa nel modo sbagliato. Nella fattispecie… ogni esperienza andrà semplicemente ad ingrassare il nostro ego, anche quando saremo pronti a spergiurare che non è così.

Dice… ma quand’è che non è così? Beh, in realtà è abbastanza semplice…

Quando cominci ad avere in mente le altre persone più che te stessa/o.

Quando cominci a pensare a te stesso/a in termini di “forse non sono quella/o strafiga/o che pensavo”

Quando cominci ad avere un moto di disgusto tutte le volte che qualcuno ti spiega una cosa e tu rispondi “credo di aver capito” senza nemmeno averci pensato un istante.

Quando cominci a renderti conto che il mondo è  molto più complesso di quanto potrai mai realizzare e, per questo, cominci ad essere meravigliato di fronte ad ogni cosa che vedi

Quando reagisci ad un complimento come ad una cosa inaspettata e non come qualcosa di ovvio o, peggio, di dovuto.

Quando ti chiedi in continuazione che effetto avranno sugli altri le tue parole e i tuoi atti, e ti preoccuperai del male che potresti fargli

Quando trovi la verità nelle parole degli “altri” e non solo nelle tue

Quando l’amore o l’affetto di un’altra persona risvegliano un sentimento di gratitudine o di amore o di amicizia in risposta e non uno di compiacimento.

Quando tu per primo/a offri calore, amore e quanto possiedi, prima ancora di ricevere.

Quando sei in grado di ricevere tanto quanto di dare

Quando le persone vicine sono sempre nel tuo cuore e nei tuoi pensieri, e non svaniscono nel limbo nell’istante in cui non le vedi.

Quando la prima cosa che ti viene in mente di fronte ad un dono è la gratitudine e la comprensione del valore che rappresenta per chi te lo sta dando e subito dopo ti chiedi come potrai ricambiare tutto questo, trovando difficilmente una risposta.

Quando ti accorgi che tutto quello che di sbagliato vedi negli altri… è sbagliato dentro di te.

Potrei continuare, credo.. ma credo anche di essere stato abbastanza chiaro, no?

Non è una cosa facile e nemmeno immediata. Ma se non cominciamo… mai più finiremo.

Condividi

Comments are closed.