Tracce di Profumo: Ombra e Polvere. By Valeria

Quanto tempo calpestato, quanti passi mossi a caso nel mio passato…
Un nuovo anno è giunto, con tutto il suo carico di aspettative, con le sue zavorre e i buoni propositi.
Adesso, per un attimo, cala un silenzio particolare nel quale posso muovermi liberamente, posso raccogliere le idee e fare il punto dei miei luoghi comuni.
Un torrente ha la strada segnata, segue il percorso di minor resistenza.
Scenderà a valle secondo un tracciato che non ha scelto lui, che segue precise leggi, che sarà influenzato da gravità, attrito, ostacoli, permeabilità o meno del terreno, pendenza e da molti altri fattori.
Proseguirà la sua corsa nel medesimo letto per lungo tempo e, nel tempo, scaverà sempre più nel terreno scavando così senza sosta il solco del suo destino.
Forse soltanto un’onda di piena, una spaventosa, imprevedibile onda di piena gli consentirà di rompere qualche argine naturale e il torrente allora potrà scendere libero verso valle, dividersi in mille rivoli, riunirsi, riprendere compatto la sua corsa lungo nuovi sentieri, verso altri avvallamenti ed altre praterie.
Ma quanto dolore in quell’onda di piena che avrà fatto scempio dei luoghi in cui, tranquillo, il torrente è transitato per tanto tempo.
Metafora della vita? Forse si.
Per anni e anni incontriamo persone, luoghi, avvenimenti, ostacoli, novità interessanti o seducenti eppure tutto questo soltanto sporadicamente induce una mutazione interiore.
Le nostre “mappe interiori” rimangono sostanzialmente immutate, i nostri schemi mentali identici, ogni nuova esperienza la useremo sostanzialmente per convalidare la nostra visione soggettiva del mondo, le nostre convinzioni già radicate e le nostre paure.
Soltanto un solco in più. Un altro irrigidimento.
A volte un evento traumatico sconvolge la nostra esistenza e solamente allora emerge una nuova possibilità, l’occasione di capire qualcosa di nuovo.
Ma fino a quando la vita scorre tranquilla, raramente un incontro, un evento, un luogo possono aprire gli occhi; eppure queste occasioni sembrano porte che si aprono verso nuovi e più ampi orizzonti.
La difficoltà consiste nel vedere queste porte, nel localizzarle.
Non sono diverse in apparenza da qualsiasi “porta ordinaria” (esperienza di vita).
Non hanno nulla di speciale; sono incontri come qualunque incontro, eventi come tanti altri.
Non si riconoscono facilmente, non c’è un’indicazione, una coordinata, un’insegna luminosa.
E una volta varcata una di queste porte (probabilmente per caso) non gradiremo essere messi di fronte a qualcosa di nuovo, non accetteremo facilmente l’idea di turbare il nostro sonno tranquillo, di sovvertire quello che crediamo essere il nostro consolidato equilibrio.
Non ho buoni propositi per quest’anno, ho soltanto un desiderio: riconoscere questi passaggi e varcarli.
Il resto è solo ombra e polvere…
l’origine di un’ombra è una luce….
:prrr:
Si! Forse allora bisognarebbe risalire il fiume fino alla sorgente… :wow:
C’hai preso proprio in pieno: ma per andare controcorrente…verso la sorgente della vita stessa…è necessario un grado di attenzione piuttosto intenso e sicuramente continuo poiché non appena ci addormentiamo la corrente ci porta giù…
:warrior:
Forse la spinta ad andare “oltre”, che da qualche tempo non mi abbandona, può essere anche descritta come poter riconoscere le porte giuste quando si presentano..
E poi la forza, la disperazione, l’incoscenza o qualunque cosa sia che permetta si superare la paura per il nuovo, che è grande, che condiziona.
Che tutti coloro che cercano possano trovare… la possibilità di spazzare la polvere, di rischiarare l’ombra, di viaggiare oltre il conosciuto.
“Forza, disperazione, incoscenza”… Sting, non avrei saputo trovare un mix di parole più adatto! Se posso aggiungere qualcosa, mi verrebbe in mente anche “un pizzico di inclinazione alla disobbedienza”… Imparare a deludere insomma, per parafrasare Qualcuno che mi sta molto a cuore… :bye:
Chissà, forse il “nuovo” lo dobbiamo trovare dentro di noi e poi fare come la Linea di Osvaldo Cavandoli: disegnare una bella porticina, creare con l’immaginazione quello che vorremmo trovarvi dietro e oltrepassarla…divenendo creatori del nostro destino. Il difficile sta nel sapere che cosa vogliamo e trovare il coraggio di realizzarlo nella vita.
Ciao Giuseppe, mi viene un dubbio: “Creare con l’immaginazione quello che vorremmo trovarvi” potrebbe significare cadere dentro l’ennesima identificazione della nostra mente… Mah! Tu che ne pensi?
Ciao Valeria, penso che in qualcosa dobbiamo pur vivere, altrimenti ci immergiamo nella pura Luce o nel Vuoto e non se ne parla più. Naturalmente il rischio di cadere nelle identificazioni è sempre presente (e a questo serve realizzare di essere pura coscienza che usa l’energia per creare forme armoniose in accordo con le Leggi Superiori). La stessa cosa credo che sia l’indossare delle “maschere” consapevolmente, giocandoci, stando attenti a non identificarsi troppo. Sbaglio?
Scusa, aggiungo una cosa. Credo che un minimo di identificazione serve per sopravvivere in questo o in qualsiasi altro mondo, l’importante è che sia una identificazione consapevole e che conserviamo la facoltà di uscirne fuori quando il “compito” è finito. Ho letto da qualche parte che perfino gli Angeli si identificano consapevolmente con le loro forme, altrimenti non potrebbero tenere in coesione i loro corpi di luce. Identificarsi è assumere una identità, tutto qui. Il vero problema delle identificazioni sorge solo quando le si subisce inconsapevolmente. Il nocciolo della questione, a questo punto, credo risieda proprio nell’inconsapevolezza (figlia dell’ignoranza). Ciao, e…mi piacerebbe sapere cosa ne pensi.
Caro Giuseppe, mi chiedi cosa ne penso, io ti rispondo volentieri ma mi riservo di poter cambiare idea nel tempo :)))
Prima di tutto io credo sia un po’ difficile essere identificati in qualcosa ed esserne al tempo stesso consapevoli, altrimenti non si tratterebbe più di una identificazione.
Banalizzando: una cosa è essere un attore che interpreta Napoleone e che al massimo potrebbe identificarsi nel suo stesso ruolo di attore, altra cosa è invece credersi Napoleone in persona.
Tuttavia penso anche che un processo di cambiamento comporti dei “passaggi”, ovvero delle trasformazioni da “qualcosa” in “qualcos’altro”; magari di più “evoluto”, di più “raffinato”, ma pur sempre non completamente evoluto (e quindi neppure completamente consapevole). Durante i vari “stadi” di questo processo, mentre noi ci trasformiamo, si trasformano anche i “ruoli nei quali nei quali ci identifichiamo”.
Potremmo fermarci lì, in effetti, e rimanere identificati a vita nell’ultimo personaggio “interpretato” convinti di essere quel personaggio. Oppure possiamo compiere un ulteriore sforzo di consapevolezza abbandonando di volta in volta l’ultimo abito indossato per indossarne uno nuovo e così via fino a formare un puzzle abbastanza ampio da riuscire a riconoscere il “denominatore comune” che è comparso durante tutte le varie interpretazioni identificate, cioè la vera natura dell’attore.
Ma qui chiedo aiuto: se c’è qualcuno che ha le idee più chiare delle mie mi piacerebbe aggiungesse un commento chiarificatore, gliene sarei estremamente grata.
Mi associo alla tua richiesta di un aiuto chiarificatore. Ciao Valeria. 😉