Privacy: la nuova barzelletta nell’era della globalizzazione
La privacy non esiste, cerchiamo di ficcarcelo in testa. O meglio: esiste, ma solo per il comune cittadino.
“Beh, cosa c’è di male?” direte voi.
C’è di male che la frase va letta in questo senso:
“Chiunque è libero di farsi i cazzi nostri ma noi non siamo liberi di farci quelli degli altri”
Fateci caso: qualunque governo si riempie la bocca con parole indignate contro Google o altri sistemi come Facebook, Buzz, etc. etc. ma poi, quando si tratta di acquisire sistemi per farsi i cazzi del cittadino è in prima fila a reclamare la sua fetta di tecnologia.
E’ ridicolo, e sottolineo ridicolo, pensare che qualunque governo abbia a cuore la privacy del popolo, quando è ovvio che è il primo, diretto interessato a qualunque sistema per ficcare il naso nella vita privata di chiunque.
L’informazione è potere, signori miei. Se sai, puoi. Se non sai non puoi.
Chiara l’equazione?
Quindi se pensate che qualcuno sia veramente interessato a difendere la vostra privacy, vi invito a svegliarvi il prima possibile e a realizzare che quel qualcuno è unicamente interessato a difendere la propria esclusiva nel poter invadere la suddetta privacy.
Il 30% dei siti web utilizza Google Analytics, un sistema per la raccolta statistica dei dati di chi naviga. La Germania ha già dichiarato guerra a questo sistema di raccolta di informazioni che sfrutta il sito che lo ospita per raccogliere un’immensa mole di dati sul navigatore. Una mole di dati su cui non vi è nessun filtro, nessuna garanzia sulla destinazione dei dati stessi.
Nessuno sa veramente quali dati raccolga Google Analytics e a chi li invii. E qualcuno qui ancora crede alla privacy.
Bene, per tutti coloro che ancora credono in questa cosa, faccio notare che il termine “privato” viene usato indifferentemente per indicare qualcosa di personale o per indicare qualcuno a cui viene tolto qualcosa.
Tutto chiaro, cari i miei “privati” cittadini?
Be’, ma questo era ovvio.
Senza arrivare ad internet, pensa a come i politici cercano di pararsi il culo dall’essere intercettati quando parlano con la peggio feccia in nome della “privacy”, ma come poi sfruttano l’anti-privacy supremo, Facebook, oramai ad ogni campagna elettorale per bombardarci di annunci mirati.