La differenza tra conoscere e sapere
Non è difficile, quantomeno da un punto di vista semantico: la conoscenza è realizzativa, il sapere esclusivamente mentale.
Per chiarire, basta un semplice esempio.
Vado a fare un viaggio. Incontro persone completamente diverse da me, mangio il loro cibo, vivo come loro. Quella che ottengo da questa esperienza è conoscenza.
Voglio andare a fare un viaggio. Studio tutto sul paese, sugli usi ed i costumi di quel popolo, sulla sua alimentazione. Quello che ottengo in questo modo è sapere.
Il sapere non è inutile ai fini della conoscenza ma fintanto che rimane tale non rappresenta nulla dal punto di vista realizzativo.
Tuttavia, senza il sapere, la conoscenza stessa diventa in qualche modo meno efficace di quello che dovrebbe. Il sapere mi permette infatti, una volta sperimentato un fatto, di metterlo in relazione con altri eventi e nozioni e aumentarne così la portata.
Molto spesso è proprio l’interazione tra il sapere e la conoscenza a generare quegli attimi di lucidità conosciuti come insight. Quando la realizzazione viene razionalizzata e messa in connessione con spazi di esperienza precedenti, genera a sua volta un fenomeno di integrazione che può portare all’improvvisa comprensione di qualcosa che non era incluso ne nell’esperienza originale ne, tantomeno, nel sapere annesso.
La somma dei due, in altre parole, ha dato luogo ad un’ulteriore realizzazione (e questa, ancora una volta è conoscenza). Tale realizzazione, a sua volta, può portare ad andare a cercare altre esperienze e così via.
Ecco quindi che il sapere non va disdegnato all’insegna della sola realizzazione, così come pensare di poter capire tutto senza sperimentare è la più grossa cazzata che si possa fare.
Il modello mentale creato dal sapere infatti, per quanto affine all’esperienza, non è mai l’esperienza stessa (la mappa non è mai il territorio), ma a furia di dai e dai uno può davvero pensare di aver compreso tutto.
E invece non hai capito un cazzo, come succede a molti.
Quando invece a mancare è proprio il sapere, e la conoscenza invece abbonda, succede il contrario. In realtà hai compreso parecchio ma poi, quando devi metterlo a disposizione di altri (compreso te stesso) e renderlo fruibile o efficace sul piano materiale ecco che ti mancano gli strumenti.
Hai la verità in tasca ma serve solo a te.
E’ quello che succede ad alcune persone che, ricche di contenuti, si autodefiniscono esperti di comunicazione ma poi, quando cercano di aiutare qualcuno, quello non capisce assolutamente un cazzo.
Comunicare è la classica azione per cui servono entrambi i fattori; la conoscenza perchè senza di quella non hai nulla da comunicare, il sapere perchè senza di esso non hai nessun modo per farlo.
E se c’è una cosa che ho compreso in venti anni di pratica è che, pur non essendo la conoscenza per tutti, quanto diventa incomunicabile non è più per nessuno.